La liturgia dei funerali, Benedetto e i suoi ricordi

I preparativi del funerale di Benedetto XVI © ANSA

Nell’addio alla vita terrena Benedetto XVI porterà con sé i ‘ricordi’ del suo Pontificato, dalle monete coniate durante i suoi otto anni al soglio di Pietro ai pallii, i paramenti liturgici che hanno accompagnato la sua carriera ecclesiale.

All’interno del feretro sarà posto un cilindro metallico contenente il ‘rogito’, un testo che ripercorre le tappe principali del suo Pontificato, segnato dalle storiche dimissioni a sorpresa del 2013.
Prima della sepoltura, però, gli sarà reso l’ultimo omaggio durante i funerali che si svolgeranno in piazza San Pietro, al termine dei tre giorni di camera ardente all’interno della Basilica. Un rito che sarà presieduto da papa Francesco e che, con ogni probabilità, sarà celebrato dal decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re.
L’inedita cerimonia, la prima organizzata per un papa Emerito, seguirà una liturgia particolare, sulla quale per giorni ha lavorato il cerimoniale vaticano. L’obiettivo è stato quello di garantire tutti gli onori che si devono ad un ex Pontefice, ma con qualche accorgimento per limare i passaggi dedicati al papa regnante, come avviene tradizionalmente. E così il rito, per esempio, sarà orfano delle suppliche finali, della supplica della diocesi di Roma e delle Chiese orientali che – come ha spiegato il direttore della sala stampa della Santa Sede – “sono molto specifiche del papa ‘attivo'”.
Il feretro con la salma di Benedetto XVI lascerà la Basilica giovedì mattina alle 8.50 per raggiungere il sagrato e consentire ai fedeli di recitare il Rosario. Alle 9.30 prevista la messa, presieduta da Bergoglio che successivamente dedicherà al papa Emerito la sua omelia. Infine, al termine del rito della ‘Ultima Commendatio et Valedictio’, il feretro sarà trasportato nelle grotte vaticane. Lì sarà tumulato, durante una cerimonia privata, all’interno della nicchia che prima era appartenuta a san Giovanni XXIII e Giovanni II, le cui spoglie sono state traslate all’interno della Basilica di San Pietro in seguito alle rispettive canonizzazioni.
All’interno della bara, che sarà in cipresso, zinco e rovere, saranno deposte le monete e le medaglie coniate durante il suo Pontificato e i pallii vestiti durante la carriera ecclesiale.
All’esterno saranno infine apposti i sigilli della prefettura della Casa pontificia, quello dell’ufficio celebrazioni liturgiche e del capitolo vaticano di San Pietro. Attese in piazza San Pietro decine di migliaia di fedeli, oltre a delegazioni e rappresentanti dei governi e delle confessioni religiose di tutto il mondo.
A seguire l’evento ci saranno, infine, oltre 600 giornalisti accreditati per quella che sarà, senza dubbio, una cerimonia del tutto inedita.

Guerra in Ucraina. A Kiev cresce l’allarme. A Mosca i funerali di Darija Dugina

Zelensky incassa la solidarietà dei leader mondiali sulla restituzione della Penisola di Crimea. Paura di raid sui civili per l’Indipendenza. Gli Usa ai propri cittadini: lasciate il Paese

Alexandr Dugin ha partecipato ai funerali della figlia Darya, uccisa in un attentato a Mosca

Alexandr Dugin ha partecipato ai funerali della figlia Darya, uccisa in un attentato a Mosca – Reuters

da Avvenire

«Faremo di tutto per liberare la Crimea». Alla vigilia del giorno dell’Indipendenza dalla Russia – che ricorre oggi e coincide con i sei mesi dall’inizio dell’invasione –, il presidente Volodymyr Zelensky è apparso irremovibile. La restituzione della Penisola, occupata nel 2014, come quella di Dontesk e Lugantsk, resta la base per qualunque negoziato con Mosca. Non si tratta solo dell’Ucraina, «vogliamo ristabilire l’ordine e il diritto», ha aggiunto il leader nel corso di Crimea Platform, evento di solidarietà a cui hanno partecipato oltre 40 capi di Stato e di governo e i vertici Ue.

Tutti si sono schierati al fianco di Zelensky, seppure Emmanuel Macron e Olaf Scholz con toni più sfumati. Più nette le parole di Mario Draghi, Andrei Duda e di Antony Blinken, pronunciate proprio mentre Washington starebbe per varare un nuovo pacchetto di aiuti da tre miliardi di dollari. A sorprendere è stata soprattutto la posizione forte di Recep Tayyip Erdogan. «La restituzione della Crimea all’Ucraina, di cui è parte inseparabile, è essenzialmente un requisito del diritto internazionale», ha detto il presidente turco.

In questi giorni la tensione sul terreno è altissima. E l’allerta, dopo mesi, tocca Kiev, tornata nel mirino. Si prevede un’escalation di attacchi russi per l’Indipendenza, fatto che – ha precisato Zelensky – causerebbe «una risposta forte». Nel timore di raid sulle infrastrutture civili, molti cittadini stanno lasciando la capitale e il dipartimento di Stato Usa ha chiesto ai propri cittadini di partire dall’Ucraina. Kiev, da parte sua, ha per la prima volta colpito l’edificio dell’amministrazione filo-russa di Donetsk, causando – secondo fonti secessioniste, tre morti. Il capo, Denis Pushlin, e il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin sarebbero scampati per un soffio al lancio di missili.

La Russia dice addio a Darija Dugina ed entra nel settimo mese di guerra. Ma emergono nuovi particolari sull’attentato costato la vita alla figlia del filosofo ultra-conservatore, e soprattutto in molti si chiedono quali potranno essere le conseguenze dell’attacco, nella versione di Mosca portato avanti da una militante nel battaglione di Azov scappata in Estonia. Ricostruzione che Kiev ha bollato come «fantasiosa propaganda».

Ieri a Mosca in centinaia hanno voluto tributare l’ultimo omaggio alla giovane donna, morta ad appena 30 anni nella notte di sabato. Per tutta la mattinata la sala in cui è stata ospitata la salma ha ricevuto l’omaggio di russi colpiti dalla tragica sorte di Darija, che hanno voluto lasciare un omaggio floreale davanti al ritratto in bianco e nero della vittima e alla bara che, come vuole la tradizione ortodossa, resta aperta per tutta la funzione funebre. Ad accoglierli, il padre, Aleksandr Dugin e la moglie, entrambi vestiti di nero e con il volto devastato dal dolore.

Alla funzione funebre, che si è tenuta nel centro televisivo Ostankino, uno dei luoghi più celebri della Russia sovietica, il padre ha ricordato la figlia come una donna che «non aveva paura della verità». Secondo la testimonianza del filosofo, proprio la sera della sua morte, Darija avrebbe detto al genitore di sentirsi «una vera guerriera». «Mia figlia è morta per il popolo – ha detto Dugin durante l’orazione –, è morta per la Russia, al fronte. Il fronte è qui». Ieri aveva dichiarato che la giovane donna era una vittima del «regime nazista ucraino» e che bisognava andare avanti per la vittoria in Ucraina.

Fra le altre persone che hanno ricordato Darija con un discorso, c’erano il deputato Leonid Slutsky, noto per la sua approvazione dell’operazione militare speciale in Ucraina, il vice-presidente della Duma, Sergey Neverov, e il magnate russo Konstantin Malofeev, di orientamento ultra-conservatore, nonché fondatore e proprietario della tv russa Tsargrad. Quest’ultimo, in particolare, è un oligarca vicino a Putin. Il presidente russo ieri ha firmato l’assegnazione postuma dell’Ordine del Coraggio, una delle maggiori onorificenze russe, alla giovane vittima dell’attentato.

Intanto, emergono nuovi dettagli che gettano altre ombre sulla reale capacità di controllo del territorio da parte delle forze russe, oltre a suggerire che l’attentato avrebbe potuto essere evitato. Stando alle indagini, è ormai certo che il vero obiettivo fosse Aleksandr Dugin e non la figlia, che non avrebbe dovuto proprio essere coinvolta. La carica esplosiva, che si è rivelata fatale per Darija e che è stata montata sulla sua Toyota, è stata azionata da un comando, posto su una macchina che stava seguendo il ritorno della vettura con a bordo la giovane donna verso Mosca.

Natalya Vkov, che, secondo la versione russa, fa parte del battaglione d’Azov ed era in Russia dal 23 luglio, non solo ha vissuto indisturbata nello stesso palazzo della vittima per quasi un mese ed è riuscita a passare il confine fra Russia ed Estonia dopo aver cambiato targa alla sua automobile. Si trovava nei paraggi anche la sera dell’attentato. Il tutto senza che l’Fsb, erede del Kgb, si sia accorto di nulla.

Diocesi in lutto: morto a 90 anni don Giulio Rossi

Diocesi in lutto: morto a 90 anni don Giulio Rossi

Lutto per il clero reggiano. E’ morto a 90 anni di età don Giulio Rossi, parroco emerito di Roteglia, già presidente dell’Istituto Artigianelli. Si è spento ieri nella casa del clero di Montecchio, dove viveva da alcuni mesi. La salma sarà trasferita domani mattina nella chiesa parrocchiale di Roteglia, dove alle 21 sarà recitato il Rosario di suffragio. Nella stessa chiesa il vescovo Massimo Camisasca presiederà la Messa esequiale – alla quale saranno ammesse solo le presenze certificate in base alle vigenti disposizioni anti-Covid – venerdì 14 agosto alle 16. Don Giulio sarà sepolto nel cimitero di Roteglia.

Nato a Leguigno il 16 marzo 1930, aveva raggiunto quest’anno il 65° anniversario di consacrazione presbiterale, ricevuta il 19 giugno 1955. Dopo l’ordinazione, il primo incarico pastorale fu quello di vicario cooperatore a San Polo d’Enza (1955-1957), mentre negli anni dal 1957 al 1966 don Rossi fu dapprima vicedirettore e in seguito presidente del Pio Istituto Artigianelli con sede nella parrocchia di Santa Teresa a Reggio Emilia.
Don Giulio fu anche assistente ecclesiastico dell’Unione sportiva “La Torre” (dal 1960 al 1964) e del collegio “Dante Alighieri” (1966-1967) e per lunghi anni, dal 1958 al 1993, insegnante di Religione cattolica nelle scuole pubbliche.
Ma il periodo più significativo del suo fecondo ministero sacerdotale è legato alla parrocchia di San Donnino Martire in Roteglia, ove don Rossi è stato parroco dal 1967 al 2010, continuando poi a collaborare attivamente all’interno dell’unità pastorale “Madonna di Campiano” (comprendente anche le comunità cristiane di Castellarano, Tressano, San Valentino e Montebabbio) e facendosi apprezzare per il suo rigore educativo e per la perseveranza nella carità. Don Giulio si è sempre distinto, fin da giovane, per l’intraprendenza con cui affrontava le situazioni più difficili di alcune opere diocesane, come ad esempio gli Artigianelli, dove ha portato, con la nuova sede, a quell’innovazione pedagogico-educativa di cui l’Istituto gode ancora oggi. In questi contesti sapeva coniugare egregiamente, con sensibilità di sacerdote, le soluzioni economiche con le finalità pastorali. E, in particolare, sapeva dare a parrocchiani e amici quella fiducia che finiva per coinvolgerli nella realizzazione e nella gestione di queste stesse opere.

Reggio Online

E’ morto don Giulio Rossi (junior). Liturgia di commiato venerdì pomeriggio alle ore 15,30 a Viano

Nato a Regnano nel 1933, ordinato sacerdote nel 1959, ha prestato servizio pastorale come parroco solo nella piccola comunità di Miscoso per tre anni. Pur dotato di acuta intelligenza e di capacità di dialogo, le sue non buone condizioni di salute gli facevano sentire il peso e l’inadeguatezza di incarichi pastorali stabili, preferendo il ruolo di aiuto e di collaborazione.

L’ambito più ampio e più intenso del suo servizio sacerdotale è stato invece la scuola come docente di religione per 23 anni (1970-1993).

Zelante e premuroso nei vari compiti pastorali svolti, rievocava con soddisfazione le varie vicende vissute e le persone incontrate nelle numerose località, con le quali ha condiviso un cammino di umanità e di fede.

A Viano la sua famiglia ha vissuto con Don Giulio le sue scelte di fede e di ministero. Particolarmente premurosa è stata l’assistenza della sua famiglia negli ultimi anni della malattia.

Martedì scorso ha accolto con gioia straordinaria la visita del Vescovo Massimo all’Hospice, al quale ha chiesto i sacramenti per il suo viaggio verso il Cielo.

 diocesi.re.it