Le “5 Vie” Ecco le idee e i progetti per la Chiesa che verrà

Si sono chiusi oggi i lavori del 5° Convegno ecclesiale nazionale. Il primo appuntamento della mattinata è stata la condivisione delle sintesi e delle proposte elaborate nei gruppi di lavoro. Duecento gruppi e altrettanti facilitatori; 20 moderatori, quattro per ciascuna delle cinque tematiche approfondite e stamattina finalmente i 5 interventi conclusivi, che riporteranno in assemblea plenaria quanto è stato condiviso tra mercoledì e giovedì in oltre sette ore di confronto. Unanime il giudizio di chi ha coordinato il lavoro nei gruppi: alla trasversalità della loro composizione (in quasi ogni gruppo c’era un vescovo, sacerdoti e laici, religiose e religiosi, giovani e meno giovani) è corrisposta una partecipazione estremamente intensa e propositiva. Ecco una breve sintesi dei gruppo con il testo integrale.

1. USCIRE: Don Duilio Albarello, Docente di teologia fondamentale (Facoltà Teologica Italia Settentrionale) TESTO INTEGRALE
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Per il Convegno di Firenze, uscire fa rima con ascoltare e confrontarsi, con testimoniare e sperimentare. Tutto il contrario, insomma, di una Chiesa da salotto. Ed ecco, dunque, la proposta-provocazione del gruppo dei giovani: “Occorre fare un falò dei nostri divani. Raccapricciarci della cristallizzazione delle nostre abitudini, darci quella sveglia che ci ricorda che siamo popolo in cammino e non in ricreazione, e che la strada è ancora lunga”. Sono alcune delle suggestioni della prima via, così come emergono dalla sintesi dei lavori di gruppo, letta in aula da don Duilio Albarello. Il sacerdote è partito dal “sogno” di Papa Francesco “per gli uomini e le donne che testimoniano Cristo oggi in Italia”: “Voi uscite per strada e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso”. Di qui la triplice indicazione dei gruppi che hanno riflettuto sull'”uscire”: sinodalità, audacia della testimonianza, coraggio di sperimentare. E tra le idee emerse dai tavoli c’è anche l’indicazione formulata dai giovani, che propongono ad ogni comunità cristiana di “costituire un piccolo drappello di esploratori del territorio” che “si impegnino ad incontrare le persone, soprattutto nelle periferie esistenziali dove l’uomo è marginalizzato”. (M.Mu.)

2. ANNUNCIARE: Flavia Marcacci, Docente di storia del pensiero scientifico (Pontificia Università Lateranense) TESTO INTEGRALE
Accompagnare gli evangelizzatori sempre più in profondità nel Vangelo per far ripartire l’annuncio dentro e fuori la Chiesa. È questa in estrema sintesi la richiesta concorde emersa dai 40 tavoli che al quinto Convegno ecclesiale nazionale di Firenze si sono dedicati alla via dell’. La sintesi è stata presentata all’assemblea dei delegati da Flavia Marcacci. Alla stesura della relazione ha partecipato anche il direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, monsignor Paolo Sartor. Tra le richieste e le proposte emerse in molti tavoli di questa via vi è anche quella di una revisione sia dei percorsi pastorali di accompagnamento delle persone che dell’intero sistema educativo e formativo degli “evangelizzatori” come i sacerdoti e i catechisti. E l’obiettivo è quello di coinvolgere sempre più l’intera comunità come soggetto attivo dell’annuncio. (Matteo Liut)

3. ABITARE: Adriano Fabris, Ordinario di filosofia morale (Università di Pisa) TESTO INTEGRALE
Si abitano relazioni prima che luoghi. Con uno stile che passa per cinque verbi: ascoltare, lasciare spazio, accogliere, accompagnare e fare alleanza. Diverse le proposte concrete avanzate, a nome dei delegati, da Adriano Fabris, ordinario di Filosofia morale a Pisa. La prima, fondamentale, è quella di immaginare “sempre di più luoghi in cui, in un’epoca di grandi solitudini e fragilità, vi sia la possibilità di parlare e di essere ascoltati davvero”. Emerge inoltre la necessità di abitare, innanzitutto, la famiglia. E le relazioni intergenerazionali. Un giovane, cita Fabris, ha detto letteralmente: “Noi figli abbiamo bisogno di far pace con un mondo adulto che non vuole lasciarci le chiavi, che ci nega la fiducia e allo stesso tempo non esita a scandalizzarci ogni giorno”. Interessante anche l’idea di una “pastorale dei condomini” Forte l’attenzione all’impegno politico e all’esigenza di non delegare e “accompagnare i decisori, non lasciarli mai soli”. Un richiamo finale dei delegati è alla “trasparenza nei comportamenti, e questo chiede anche un uso dei beni e di ciò che la Chiesa amministra”. (M.I)

4. EDUCARE: Suor Pina Del Core, Preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium TESTO INTEGRALE
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“Come Chiesa italiana non siamo all’anno zero, perché c’è in atto nel nostro Paese un’esperienza viva, testimoniata da innumerevoli tentativi creativi e in alcuni casi sorprendenti negli esiti”. Lo ha detto suor Pina Del Core, preside della Pontificia Facoltà di scienze dell’educazione Auxilium, sintetizzando la via dell’“educare”. Si deve puntare alla testimonianza, promuovendo e rafforzando “le varie forme di alleanza educativa e di implementare nuove sinergie tra i diversi soggetti che interagiscono nell’educazione”. Di qui la necessità di “fare rete”, accompagnando innanzitutto le famiglie e prestando una nuova attenzione alla scuola e all’università, oltre che agli ambienti digitali. Riguardo alle famiglie in difficoltà, la proposta è “costituire équipe per affiancare le famiglie nelle situazioni educative difficili e implementare proposte di volontariato in favore delle famiglie con anziani e disabili”. (Agenzia Sir)

5. TRASFIGURARE: Goffredo Boselli, Liturgista, monaco di Bose
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Bellezza e sobrietà, insieme. Sono i due perni attorno a cui dovrà ruotare «un profondo rinnovamento» della liturgia. Goffredo Boselli, monaco di Bose e liturgista, sintetizza e traccia le prospettive della quinta via, “trasfigurare”, il verbo forse meno immediato dei cinque che hanno guidato i lavori di Firenze e che potrebbe essere definiti così: «Trasfigurare è sguardo che cerca l’uomo, specialmente i poveri», e ancora «far emergere la bellezza che c’è, e il Signore non si stanca di suscitare nella concretezza dei giorni, delle persone che incontriamo e delle situazioni che viviamo». (U.Fo.)

avvenire

Gente, cambiamento, inquietudine le tre parole del Papa a Firenze

Con il suo bel 30% di post, il discorso di Papa Francesco al Convegno della Chiesa italiana in corso a Firenze è stato, naturalmente, l’argomento preferito in questi giorni dai webmaster dell’informazione ecclesiale. Come promesso, eccomi dunque a raccontare le cose che, a leggere i loro titoli (ne ho scorsi una cinquantina), li hanno impressionati di più.
I numeri dicono che sono tre, e che si sono spartite equamente l’attenzione, fermo restando che un testo così ricco di spunti (da don Camillo modello di un «umanesimo cristiano popolare», alla «medaglia spezzata» grazie alla quale riconoscere i poveri, al riferimento liturgico al sangue che il Signore ha versato «per tutti») è stato ripreso con pari ricchezza, cosicché le tre correnti principali hanno accanto una decina di vivaci rivoli.
Una corrente è quella della vicinanza alla «gente» (lo dice otto volte), in particolare la più povera (di poveri e povertà parla con altrettanta frequenza) e di conseguenza della libertà dalle tentazioni della ricchezza e del potere. Un’altra corrente è quella che, con varie espressioni, ha puntato sull’idea del «cambiamento», del «nuovo» che il Papa ha proposto alla Chiesa italiana: espressioni che, alla lettera, ricorrono nel discorso una decina di volte, conferendogli evidentemente un certo sapore.
La terza corrente ha ripreso l’idea di «inquietudine»: concetto, questo, molto originale, rispetto agli altri due; nel discorso torna 4 volte, e in effetti costituisce la premessa del cambiamento: se non si è inquieti non ci si dispone in nessun modo a cambiare. La Rete ecclesiale, che è un luogo già di suo piuttosto inquieto, lo ha ben colto, tant’è che, oltre che nei titoli (alla pari dei giornali, come raccontava ieri qui il mio dirimpettaio Gennari), l’espressione «Chiesa inquieta» è quasi onnipresente nei testi. Anche se nessuno, mi dicono i robot, ha ricordato che il Papa chiedeva di «santamente inquietarci» anche nella Evangelii Gaudium: proprio il documento che ha raccomandato di approfondire.