FESTA DELL’8 MARZO «Se non ora quando» La mimosa rifiorisce
La fiammata della grande rivoluzione culturale in rosa, alla quale in tanti hanno guardato con speranza e simpatia, non si è intiepidita. E infatti i 180 comitati, nel frattempo nati sui territori, continuano a lavorare «per rafforzare e far crescere la consapevolezza sul ruolo delle donne nella società – assicura Donatina Persichetti, tra le promotrici del movimento – per colmare nel locale il gap culturale». E, guardando sui siti regionali del movimento, non si può darle torto. Le iniziative sulla violenza domestica, sulla salute al femminile, sulla maternità negata sono state una costante in questi ultimi ventiquattro mesi. In vista delle elezioni politiche, poi, hanno dettato la loro agenda e sottoscritto a Roma un manifesto con undici richieste ai candidati: lavoro, parità, welfare, diritti. «Abbiamo scandagliato i programmi di partito – continua – e spinto perché ci fossero più donne nelle liste elettorali. Il risultato si è visto».
E la poca visibilità? Problema di costi – ammettono – ma anche di opportunità. Scendere in piazza in campagna elettorale, sarebbe stato politicizzare il movimento, che invece vuole restare trasversale. L’orizzonte europeo è il fine ultimo, anche se «la trasversalità è complessa», dice Silvia Costa (Pd), nel comitato centrale. Pare sia in atto una riflessione interna, per evitare di perdere pezzi, tra chi «vorrebbe fare una scelta di campo e chi, come me – aggiunge l’eurodeputato – crede sia più forte un movimento che responsabilizzi tutte le forze politiche sulle tematiche femminili».
La voglia di cambiamento c’è ed è forte. Dopo una prima fase «di presa di coscienza collettiva», ciascuno ora sta lavorando nei propri campi di competenza, dal sociale allo spettacolo, per portare avanti la cultura del rispetto e della differenziazione dei ruoli all’insegna della reciprocità. Mai come in questo momento la violenza sulle donne in tutti i campi fa notizia. «Stiamo distruggendo una cultura, quella femminile» è il pensiero di suor Eugenia Bonetti, tra le prime sostenitrici di “Se non ora quando”. La questione di fondo è che si deve lavorare insieme, anche con gli uomini, «per affermare la specificità e i principi delle donne, un ruolo che non possiamo delegare a nessuno. Il rischio è sempre lo stesso: perdere una generazione».
Alessia Guerrieri – avvenire.it