Teologia / Calendario e speranza. Ogni giorno apre per noi una nuova possibilità: per vivere, credere, imparare, amare


Fonte: famigliacristiana.it
Lessi tantissimo tempo fa – non mi ricordo dove – un bel testo “sapienziale” sul calendario e sul tempo che passa. Mi sono rimaste nell’anima poche immagini di questo testo, tra cui la seguente: il calendario è uno specchio della tua vita, tu ne strappi una pagina e lui prende un giorno della tua vita…

Ero giovanissimo, un ragazzino, quando lessi queste righe, ma ricordo che quella presa di coscienza del tempo che passa mi scosse profondamente. Vivendo ormai da più di due decenni lontano dalla mia famiglia di origine e vedendo mediamente i parenti una volta l’anno (e anche meno), ho iniziato a vedere a ogni visita – e sempre più – il passaggio del tempo sulla pelle, negli occhi, nelle “cose”. Ok… vi starete chiedendo: «Sto leggendo il primo numero dell’anno, mi vuoi deprimere?». Tranquillo, sto solo creando l’atmosfera! Vorrei condividere un pensiero personale (e positivo, spero) sul tempo, quel tempo che passa inesorabilmente sia che siamo presenti o assenti. La buona notizia è che il tempo che passa non è una fatalità.

E, per rendere l’idea, vorrei condividere con voi tre prospettive degne di noi cristiani, a inizio anno. La prima prospettiva: la cosa di cui vale la pena prendere coscienza non è la fatalità del tempo che passa, ma la possibilità che abbiamo in ogni nuovo istante di essere dono, di essere presenti agli altri e a Dio. La seconda cosa, più importante della prima: pensavo come la sapienza della Chiesa ha calcato l’anno liturgico sul ciclo di un anno per ricordarci che questo tempo presente è «eternità velata» (per citare lo scrittore inglese C.S. Lewis) o, ancor più, è “l’Eterno rivelato”, è Dio che ci fa compagnia, che cammina con noi nel nostro quotidiano. La terza prospettiva tira le somme delle altre due: dato che il tempo è ancora presente e disponibile, dato che il Signore è presente in questo tempo, c’è ancora e sempre un barlume di speranza.

A volte è difficile vederla. A volte è addirittura difficile sopportarla o annunciarla. Ma ogni giorno del nostro calendario “strappa” per noi una nuova possibilità: per vivere, per credere, per imparare, per amare, per permettere all’Amato di sanarci e di santificarci. Buon anno nuovo!

Giovani, fede, multimedia

Giovani, fede, multimedia – Facoltà Teologica del Triveneto

Realtà giovanile, linguaggi multimediali, comunicazione della fede: si costruisce sull’intreccio di queste tre dimensioni il libro Giovani, fede, multimedia. Evangelizzazione e nuovi linguaggi, a cura di Assunta Steccanella e Lorenzo Voltolin, con prefazione del sociologo Fausto Colombo, Università Cattolica del Sacro Cuore, nuova uscita nella collana Sophia della Facoltà teologica del Triveneto in coedizione con Edizioni Messaggero Padova.

La riflessione nasce all’interno di un laboratorio teologico-pastorale condotto nella stessa Facoltà per indagare una variabile determinante introdotta dalla pandemia di Covid nel panorama della comunicazione: lo spazio digitale come dimensione ormai imprescindibile.

Di qui la ricerca, sviluppata da una decina di autori, ha approfondito alcuni aspetti dei linguaggi multimediali, avvicinati nelle loro peculiarità e coordinate fondamentali, per trovare un orientamento sui modi adeguati di incarnare la missione nello spazio digitale. «Pensare e sperimentare forme nuove di partecipazione, nuovi codici e nuovi modi di comunicare la fede: si tratta di una grande sfida con risvolti potenzialmente fecondi in un tempo complesso come l’attuale» si legge nell’introduzione firmata da Assunta Steccanella. «Porsi alla scuola dei percorsi comunicativi dei giovani offre alla pastorale non solo la possibilità di entrare in relazione con loro ma anche di imparare nuove vie per il cammino dell’evangelizzazione tout court».

Il procedere della ricerca si muove fra tre poli: l’ascolto, il discernimento, le pratiche, secondo lo schema proprio della teologia pratica che mette in circolo prassi e teoria in un rimando continuo che ha come sfondo la centralità dell’agire umano nel processo conoscitivo.

La prima parte del libro – In ascolto del mondo giovanile – si sofferma su alcune prassi di comunicazione attraverso i new media, sul ruolo delle emozioni e sulla portata comunicativa dell’agire concreto (contributi di Carlo Meneghetti, Domenico Cravero e di alcuni componenti della fraternità del Sermig).

Il secondo passaggio – Coordinate per il discernimento sul mondo giovanile – considera i criteri che valgono per tutta l’azione evangelizzatrice della Chiesa mettendo a tema quelle coordinate che sembrano particolarmente preziose quando ci si voglia rivolgere ai giovani e abitare lo spazio digitale (Roberto Tommasi, Sergio Gaburro, Dario Vivian, Assunta Steccanella, Leonardo Paris, Giorgio Bonaccorso, Lorenzo Voltolin).

La terza e ultima parte si concentra sulle Nuove pratiche per il mondo giovanile, presentando alcune concrete esperienze di comunicazione della fede in ambiente digitale, che possono aprire l’orizzonte di ricerca e progettazione di prassi a-venire che assumano un linguaggio capace di comunicare il vangelo: un piccolo tentativo di inculturazione della fede verso il mondo giovanile in ambiente digitale.

«Il confronto con la comunicazione digitale che viene introdotto nel testo sollecita e accompagna il lettore verso la conoscenza di una realtà che abbraccia diverse dimensioni, personali e sociali. In e per mezzo di essa il soggetto è coinvolto: nelle sue emozioni, con la sua immaginazione, attraverso il linguaggio visivo e sonoro – subìto e agìto – egli elabora il proprio universo interpretativo della realtà» spiega Steccanella.

«Scopo del cammino svolto è stato quello di individuare e offrire alcune coordinate orientative per il lavoro di comprensione e di apprendimento di un tale modo – multimediale – di comunicare, prezioso anche per la comunicazione della fede, in particolare verso i giovani. Non si tratta di una missione impossibile: una sollecitazione emergente, infatti, è a riscoprire il patrimonio di linguaggi performativi propri della tradizione cristiana, così contemporanei nella loro struttura. La sfida è quella di ri-mediarli adeguatamente nell’ambiente digitale, uno spazio di evangelizzazione non più nuovo, molto frequentato ma non sempre valorizzato».

  • STECCANELLA A. – VOLTOLIN L. (a cura), collana Sophìa Praxis, Ed. Messaggero, Padova 2022, pp. 296, € 23,00, EAN 9788825054606.
  • fonte: settimananews.it

La testimonianza di fede della giornalista Rai Marina Nalesso

La giornalista Marina Nalesso

Famiglia Cristiana

«Gesù mi ha presa per i capelli. Ero così disperata che avevo persino cominciato a frequentare incontri di buddisti nel tentativo di cercare lì la pace». È la testimonianza di fede della giornalista Rai Marina Nalesso, conduttrice di Tg1 e Tg e dallo scorso 18 novembre portavoce del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che ne ha parlato in un’ampia intervista al settimanale Maria con te, in edicola da giovedì 8 dicembre, nella quale ha anche raccontato il motivo per cui non rinuncia, anche quando va in video, alla corona del rosario indossata con orgoglio e convinzione, anche quando era stata travolta dalle polemiche. Era il 2016, conduceva il suo primo telegiornale Rai. Il rosario delle polemiche è tornato, per la verità, alla ribalta nel 2019 e, più di recente, a fine ottobre di quest’anno. Stessa storia. Marina Nalesso si presenta al Tg2 con il suo rosario. E riparte la giostra degli attacchi, dei commenti più e meno politicizzati, ognuno dice la sua. Dall’altra parte c’è lei. Che non arretra di un millimetro e spiega a Maria con te: «Non lo tolgo mai, proprio mai e non ho intenzione di farlo in futuro. Non mi è mai passato per la testa, neppure per un secondo, di toglierlo o nasconderlo prima di andare in onda. Perché mai dovrei farlo. Racconta del mio amore per Maria e Gesù. Ogni tanto scoprono che porto il rosario al collo e riesplode il delirio, ma io sono assolutamente serena. La Madonna è arrivata nella mia vita di pari passo con il mio risveglio interiore. La prego spesso perché mi dia la forza di non agire d’impulso, di non replicare alle azioni degli altri, specie in circostanze di aggressività o prevaricazione».

Maria con te la giornalista racconta il suo travagliato percorso di conversione: «Dopo l’incontro con don Antonio, cappellano della Rai, arriva un altro incontro a cambiarmi, questa volta definitivamente, la vita», ha detto, «un’amica m’invita alla sua cena di compleanno e qui conosco un altro sacerdote, giovane e schietto, con cui mi metto a parlare per ore. Un dialogo illuminante, folgorante oserei dire. Che mi ha spalancato le porte della fede e dell’amore per Cristo. È come se, di punto in bianco, mi si fosse aperto il cuore, il cervello e, allo stesso modo, ho cominciato a sentire il bisogno di andare in chiesa, di pregare, di andare a messa tutti i giorni. Se non lo faccio, ora, sto male: devo andare a messa, a costo di farlo la mattina presto prima di andare al lavoro. Se non incontrassi Gesù tutti i giorni, non riuscirei più a vivere».

Dopo questo percorso, è sbocciata anche la devozione mariana: «Maria è arrivata di pari passo con il desiderio crescente di condividere, di pregare insieme a qualcuno. E il vuoto si è riempito, ancora una volta, grazie all’incontro con un consacrato: un frate francescano, padre Cristoforo Amanzi, fondatore di una comunità, la Fraternità francescana intitolata a Maria Madre della Riconciliazione e della Pace, di cui ho abbracciato in pieno la spiritualità. È grazie a loro, ai frati e alle suore che ne fanno parte, che dopo Gesù ho scoperto Maria…».

Rivela, infine, che il suo “luogo del cuore” è Medjugorje: «È la mia seconda casa. Ci sono andata la prima volta nel 2007 con don Antonio, il cappellano della Rai, e ci torno ogni volta che posso anche perché la mia Fraternità, a cui appartengo da laica, ha una casa di spiritualità proprio lì».

Le domande che nutrono la fede: «La Chiesa a volte le teme ma sono un esercizio spirituale, soprattutto quando non conosci la risposta»

Le domande… le domande… sono loro il cruccio di padre Maurizio. Nella Chiesa è raro avere la possibilità di porre domande. Ecco perché da giovane prete, quando nel 2008 arrivò a Roma, ebbe l’intuizione dei “Cinque passi”. Un percorso di formazione che da quattordici anni richiama più di 500 giovani a incontro, oltre alle migliaia collegate in streaming da tutta Italia. Ogni anno si tengono cinque serate, ciascuna su un singolo tema, senza un filo conduttore unico. La prima mezz’ora è una catechesi. Dopo, chiunque e in qualsiasi momento, può porre domande in maniera anonima, scrivendole su un foglietto.

Quel cretino di un cristiano. Cinque passi al mistero

«Gli argomenti dei cinque incontri li scegliamo all’inizio dell’anno insieme alle persone che frequentano l’Oratorio di San Filippo Neri», spiega padre Maurizio. «Ognuno è libero di proporre, se ne parla e poi se serve si vota. Talvolta i temi che presento vengono bocciati, vedremo quest’anno… ora stiamo scegliendo i prossimi», commenta sorridendo. Tra gli argomenti possibili si spazia dal tema del corpo ai novissimi (cioè le “cose ultime” che stanno al termine della vita: la morte, il giudizio, l’aldilà), dalla gratitudine alla vecchiaia.

Incontro padre Maurizio Botta, 47 anni, piemontese di Biella, nella comunità dell’Oratorio di San Filippo Neri a Santa Maria in Vallicella – Chiesa Nuova, in pieno centro a Roma. Mi accoglie nella sua stanza, stracolma di libri. «Questo per me è fondamentale: lo studio, l’approfondimento. Una volta i preti erano uomini di cultura, oggi questo aspetto mi sembra si stia perdendo. Ma come fai a dialogare con la gente se non sei una persona ricca di interessi, di passioni?».

MISSIONARIO DEL DIALOGO

Proprio grazie alla preparazione e alla riflessione che precede ogni incontro padre Maurizio prova a confrontarsi con ogni tipo di domanda. «All’inizio mi preoccupava il fatto di espormi ai quesiti senza conoscerli prima. Poi, ho deciso di fidarmi di quello che Gesù dice nel Vangelo: lo Spirito Santo vi suggerirà cosa dire.

Il vero problema della Chiesa mi sembra che continui a essere la mancanza di fede. Io non ho paura delle domande, non perché sappia tutte le risposte, ma perché mi fido e cerco il confronto con dolcezza. Una domanda è sempre buona, mentre secondo me nella Chiesa abbiamo un problema con le domande, non c’è uno spazio in cui porle. Sono temute, eluse, fanno paura».

Riprende: «Per me è un esercizio spirituale, sono consapevole che espormi a una domanda può voler dire anche entrare in contatto con le ferite delle persone, con chi è arrabbiato con Dio o con la Chiesa. Molte volte, soprattutto all’inizio, mi sono sentito in difficoltà, mi tremava la voce, ma ora non temo di dire che su quell’argomento non ho una risposta, che ci devo riflettere: ecco perché sono tranquillo. In pratica in questo modo ti abitui a non vincere nella risposta. Io non voglio vincere, voglio confrontarmi».

Il dialogo aperto e disarmato è anche quello che cerca costantemente con i ragazzi e le ragazze delle scuole medie e superiori in cui insegna e con cui cerca di relazionarsi con un approccio «missionario esplorativo», spiega, «facendomi accompagnare alla scoperta del loro mondo, e un atteggiamento né giovanilistico, né giudicante, ma capace di mettersi sullo stesso piano, alla pari, con sincero interesse».

Come quando, ricorda, chiese a una ragazza del liceo di chi fosse il volto ritratto sulla maglietta che indossava; da quella domanda – questa volta posta da padre Maurizio – nacque un dialogo profondo su una canzone della cantautrice Billie Eilish.

La scuola è «una palestra, un’esperienza che ti stana» perché spesso c’è distanza tra la fede e i giovani «che però hanno una visione della religione meno ideologica rispetto al passato, a volte sono indifferenti, ma anche l’opposizione è superficiale, non è radicata ideologicamente come nel passato, c’è un terreno potenzialmente fertile, disponibilità».

Anche tra i banchi padre Maurizio si confronta ogni giorno con tematiche e domande di ogni tipo, che affronta nonostante si tenga lontano da mondi in cui i giovani sono immersi, come quello della tv e dei social media. «In questo sono molto pasoliniano. Pier Paolo Pasolini disse cose profetiche contro la tv: vent’anni di regime fascista non hanno cambiato il popolo come pochi anni di tv».

CERCASI ADULTI APPASSIONATI
Non si considera un sacerdote anti-tecnologico, ma solo contrario alla superficialità e alla dispersività di alcuni mezzi. «Non so se vale per tutti, ma a me aiuta stare lontano dai social», confida padre Botta. «Quando dico che non ho lo smartphone la gente mi guarda come se fossi il ragazzo di campagna o con la tenerezza con cui guardi un gattino – racconta prendendosi in giro – ma io ho fatto esperienza di dialoghi bellissimi a scuola, pur avendo 30 anni più dei miei studenti ed essendo un disadattato tecnologico. Vedo che si crea vera condivisione, vero interesse reciproco, in un dialogo alla pari. Invece sui social noto morbosità, assenza di realismo. Poi, il fatto che siano strutturati per creare dipendenza mi impedisce di fidarmi del mezzo in sé».

Riprende: «Il fatto di non averli mi aiuta a vivere il silenzio, da cui nasce la vera comunicazione, mi apre, non mi chiude. La capacità di comunicare non risiede negli strumenti. I giovani desiderano solo adulti appassionati, che sappiano indicarti una meta. Come quando guardi l’Everest. Io cerco di far vedere che è bello, che deve essere stupendo andarci. Ma poi provarci è un’avventura, un percorso. Il mio compito come prete non è abbassare l’Everest ma indicare la sua bellezza e risvegliare la voglia di raggiungerlo».

CHI È PADRE MAURIZIO BOTTA – L’IDENTIKIT
Età: 47 anni

Vocazione: Sacerdotale

Congregazione: Oratorio di San Filippo Neri

Fede: Alimentata dal dubbio

IL CAMMINO DEI CINQUE PASSI

L’esperienza dei Cinque Passi al Mistero si svolge ogni anno nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma (Chiesa Nuova). Da quattordici anni richiama più di 500 giovani a incontro. Ogni anno si tengono cinque serate, ciascuna su un singolo tema, senza un filo conduttore unico. È possibile seguire gli incontri in streaming sul canale YouTube Oratorium.

>> L’ULTIMO LIBRO SULLE DOMANDE DELLA FEDE


Padre Maurizio Botta è un autore prolifico: ha scritto diversi libri fra cui – da ultimo – Quel cretino di un cristiano. Cinque Passi al Mistero, pubblicato da San Paolo lo scorso gennaio. Il testo, con la prefazione di Costanza Miriano, raccoglie le domande e le risposte degli incontri dell’edizione 2019-2020 del percorso dei Cinque passi. Fra i temi affrontati: il legame tra scienza e fede, la libertà e i suoi confini.

(Foto in testata: Stefano Dal Pozzolo/Contrasto)

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