L’Europa sta invecchiando e l’assistenza oggi sembra un miraggio

Famiglia Cristiana

«L’invecchiamento della popolazione è la tendenza globale che definisce il nostro tempo e la domanda di assistenza a lungo termine (LTC) è in forte aumento, ma la pubblica spesa non tiene il passo con la domanda. L’età media della popolazione dell’UE dovrebbe aumentare da poco meno di 43,7 anni nel 2019 a 48,2 anni nel 2050». Si apre così il nuovo report della Caritas Growing old with dignity. The challenges of long-term care in Europe”, ovvero “Diventare anziani con dignità. Le sfide dell’assistenza a lungo termine in Europa”.

I dati raccolti dal network cattolico, presente in 46 Paesi membri, fungono da specchio per una situazione altamente disfunzionale che corre verso la deriva. In primis, il dato allarmante che riguarda l’invecchiamento generale della popolazione europea: se da un lato, come nel testo già citato, l’aumento dell’età media è segno di un’aspettativa di vita elevata, dall’altro è indice di un fenomeno con il quale i Paesi europei faticano a stare al passo. Infatti, l’incremento della popolazione anziana va di pari passo con un aumento della richiesta di assistenza e di supporto, in particolare da parte delle persone over 65. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla disparità di accesso, dai costi elevati e dalle crescenti liste di attesa per ricevere servizi di cura professionali.

Altro dato di fondamentale importanza è l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero la quota della popolazione di età pari o superiore a 65 anni rispetto alla popolazione che va dai 14 ai 64 anni. Nel nostro Paese, ad esempio, c’è un forte scarto fra la popolazione anziana e la popolazione giovane, il che implica non solo una grave difficoltà nel reperimento di personale nell’assistenza a lungo termine, ma anche un minor numero di persone in età lavorativa che possa contribuire ai fondi statali per il finanziamento delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e di tutto ciò che concerne la cura della terza età.

La situazione grava su tutti coloro che si occupano di questo settore e porta l’attenzione su un altro fenomeno: la condizione dei lavoratori dell’assistenza a lungo termine. Oltre all’evidente difficoltà nella ricerca e nella ritenzione del personale, è anche molto complicato poter ricostruire la condizione in cui questi ultimi vertono perché, nella maggior parte dei casi, lavorano in contesti irregolari e in condizioni precarie.

Nel 2020, circa 6.3 milioni di persone lavoravano nel settore dell’assistenza a lungo termine, costituendo circa il 3,2% della forza lavoro europea. La predominanza è femminile (circa l’81%) e, spesso, anche di età avanzata (oltre il 38% sono donne over 50). La tendenza è anche quella di fornire questo tipo di servizio in maniera informale, spesso da un membro della famiglia o della comunità di appartenenza, il che mette a rischio le condizioni di lavoro di queste operatrici, con stipendi bassi e anche soggette a possibili abusi, senza considerare il fatto che si viene a sottolineare ancora una volta la disparità di genere nel settore della cura e aggrava il cosiddetto fenomeno della “femminilizzazione della povertà” in Europa.

Molto spesso, le donne che lavorano in questo settore sono migranti provenienti dall’Europa Orientale che lasciano famiglie, spesso numerose, e la loro stessa comunità. Nella maggior parte dei casi vengono stipulati accordi e contratti non dichiarati con le famiglie di accoglienza, il che rende difficile fornire aiuto e supporto a queste donne e soprattutto garantire loro diritti e condizioni di lavoro eque.

La Caritas europea propone quindi di mettere a disposizione i propri mezzi per garantire un trattamento corretto sia nei confronti degli anziani che degli assistenti a lungo termine, con la collaborazione di istituzioni e organi di stato che possano fornire gli opportuni aiuti economici atti a finanziare strutture adeguate per gli uni e per gli altri, garantendo così un servizio di accompagnamento rispettoso e dignitoso e, dall’altro, dei potenziali percorsi professionali appaganti e ben remunerati.

Tangentopoli europea Qatargate, mazzette e ammissioni

L’Europarlamento destituisce Eva Kaili (che si dichiara innocente), poi discute in un’aula semivuota. I soldi ritrovati superano il milione e mezzo di euro. E Giorgi parla per ore con gli inquirenti. Si autosospende l’intero “gruppo di amicizia” con Doha

Nella foto grande, le mazzette di banconote di vario taglio sequestrate nell’abitazione di Eva Kaili, ormai ex vicepresidente del Parlamento Europeo

Bruxelles

Un milione e mezzo di euro in mucchi di banconote in tagli piccoli, 50, 20, 10, addirittura cinque euro (pochi i tagli da 100 e 200 euro). La foto campeggiava ieri sulla prima pagina del quotidiano Le Soir, si parla dei soldi rinvenuti a casa dei due principali indiziati dello scandalo che sta sconvolgendo le istituzioni europee, messe a dura prova: l’ex eurodeputato del Pd, poi passato ad Articolo 1, Antonio Panzeri (si parla di 600mila euro) e l’ormai ex vicepresidente del Parlamento Europeo, la greca Eva Kaili (oltre a circa 100mila euro sempre in contanti trovati in una valigia del padre della donna, brevemente arrestato e poi rilasciato), che convive con il compagno, anche lui in stato di fermo, Francesco Giorgi, ex assistente parlamentare di Panzeri e attualmente dell’eurodeputato del Pd Andrea Cozzolino (non indagato). E nella casa di Giorgi ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, sono stati sequestrati altri 20mila euro in contanti.

Kaili, intanto, respinge le accuse. La donna, ha detto il suo avvocato Michalis Dimitrakopoulos sul canale Tv greco Open TV, «si dichiara innocente ed estranea alle tangenti dal Qatar». Contro la greca ieri è arrivato come previsto il voto quasi unanime del Parlamento Europeo per la rimozione dall’incarico da vicepresidente. Un voto che ha visto solo un no, del croato Mislav Kolakusic, tra i non iscritti, e due astenuti (un olandese e un tedesco).

La cifra dei contanti trovati, in costante crescita, dà la misura dello scandalo, che sembra allargarsi di ora in ora. Secondo i media belgi, nei primi interrogatori effettuati dall’Ufficio centrale per la repressione della corruzione, almeno uno dei quattro arrestati ha cominciato a parlare con gli inquirenti. Si tratterebbe di Giorgi, che avrebbe parlato a lungo con gli investigatori. E, secondo il quotidiano belga L’Echo, le deposizioni dell’indagato stanno aggravando la posizione di Marc Tarabella, l’eurodeputato socialista belga di origini italiane, finora non in stato di fermo e di cui era stata già perquisita l’abitazione. «Non ho assolutamente niente da nascondere», ha dichiarato lo stesso Tarabella al giornale. L’eurodeputato, comunque, è stato ieri sospeso sia dal gruppo all’Europarlamento cui appartiene, i Socialisti & Democratici (che intanto si è costituito come parte lesa nella vicenda), sia dal partito socialista belga di cui è esponente. Non basta. Gli inquirenti belgi hanno sigillato altri dieci uffici parlamentari, a quanto si apprende appartenenti a membri della commissione Libertà civili, quella che aveva approvato il testo che in sostanza approvava la proposta della Commissione Europea di concedere all’Emirato la liberalizzazione dei visti.

I colpi di scena, del resto, si susseguono: ieri il presidente del gruppo parlamentare di amicizia Ue-Qatar, l’eurodeputato spagnolo José Ramon Bauza, del partito Ciudadanos (membro dei liberali di Renew), ha annunciato la sospensione dell’intero gruppo, di cui fanno parte tredici eurodeputati delle varie formazioni politiche, «alla luce dei gravissimi avvenimenti degli ultimi giorni, e in attesa che si vada a fondo della questione». «Ho difeso al Parlamento Europeo i progressi del Qatar che sono una buona notizia per il Medio Oriente. Ci ho creduto e ci credo», ha affermato Bauza su Twitter. « Non ho mai ricevuto, e tantomeno offerto – ha aggiunto – un solo euro per difendere alcunché».

Anche la Commissione Europea è sotto pressione, mentre l’Eurocamera si è ritrovata ieri a discutere in un’aula semivuota. Iin particolare il vicepresidente Margaritis Schinas, responsabile della proposta di liberalizzazione dei visti, con un elogio dell’Emirato e un viaggio in Qatar per l’inaugurazione dei mondiali. «C’ero – ha dichiarato – come rappresentante della Commissione», del resto come regalo ha ricevuto «giusto un pallone, dei cioccolatini e qualche gadget ». Quanto alle dichiarazioni sull’Emirato, «sono al 100% in linea con le politiche della Commissione». Schinas ha comunque ribadito che la Commissione istituirà un «corpo etico indipendente » per vigilare sull’integrità delle istituzioni Ue.

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Lo scandalo delle euromazzette

Ma quali Stati Uniti d’Europa. Quale solidarietà, sussidiarietà, economia sociale di mercato.

Quale affermazione dei diritti umani, quale tutela dello stato di diritto. Eccoci di nuovo qui a dubitare, noi europeisti convinti che ci sentiamo cittadini in Italia come a Parigi o a Berlino, a Madrid come ad Amsterdam.

Eccoci di fronte alla terribile tentazione di dare degli utopisti a Spinelli, a Rossi, a Colorni. Di pensare che in fondo De Gasperi, Schuman e Adenauer fossero poco più che dei visionari. E però – ce lo ripetiamo per non cedere allo sconforto – quell’utopia, quella visione, hanno dato all’Europa unita una stabilità che non aveva mai conosciuto e, con essa, un lungo periodo di pace, ora minacciata proprio ai confini dell’odierna Unione dalla sciagurata guerra d’Ucraina scatenata in quest’ultima e tragica fase dall’autocrate Putin. Altri autocrati, ad altre latitudini, avrebbero invece dato origine a suon di quattrini alla valanga che rischia di travolgere nella vergogna tutto ciò che in oltre 70 anni di cammino l’Europa unita ha costruito nella vita di intere generazioni, inclusa la più giovane. Europei di nascita, sono ragazze e ragazzi che non hanno mai conosciuto monete diverse dall’euro e sono abituati a circolare da un Paese all’altro senza restrizioni. Tutti, loro e chi prima di loro ha creduto nella patria comune europea, messi a dura prova dalle notizie che giungono da Bruxelles e che, purtroppo, investono in buona parte degli italiani.

Il principio di non colpevolezza è sacro, sancito dalla stessa Ue e recepito dagli ordinamenti degli Stati membri. Ma certo da questa vicenda, seppure protetta dal riserbo degli inquirenti belgi, sono già emerse evidenze che non possono essere ignorate, a cominciare dai sacchi gonfi di contanti, dai soldi sequestrati nelle abitazioni private, dalle prese di distanza di chi parla apertamente di «uno schifo».

Impossibile non farsi prendere almeno un po’ dallo sconforto, soprattutto a causa della spiacevole ma persistente sensazione che sia solo l’inizio di qualcosa di gigantesco e di molto maleodorante. A noi, in effetti, le cronache degli ultimi giorni potrebbero facilmente riportare alla mente quelle dei primi anni Novanta: l’esplosione di Mani Pulite, la fine di un’epoca. Per il momento l’Eurotangentopoli ha coinvolto pesantemente il gruppo dei Socialisti e Democratici, ma fanno bene tutti gli altri (euroscettici compresi) a non attaccare, proprio perché il peggio potrebbe ancora arrivare. Speriamo di no, speriamo si tratti al massimo di pochi, isolati e deprecabili episodi. Anche perché, per riprendere il parallelo con la storia nazionale, Tangentopoli rase al suolo le “case”, i partiti, di quasi tutte le principali culture politiche e sono trent’anni che il sistema politico italiano non trova pace e, di fatto, non riesce a rimettere insieme i frantumi di quella deflagrazione.

È per questo che non bisogna ripetere, ora, l’errore che si fece allora: la pulizia deve essere fatta prima di tutto dall’interno, dalle istituzioni europee, senza timidezze, con rapidità e inflessibilità. Neanche per un momento si può dare spazio all’idea che i Palazzi di Bruxelles e di Strasburgo si siano trasformati in sedi di consorterie dalle porte girevoli, dove chi esce al termine del proprio mandato vi rientra da faccendiere al soldo di interessi non sempre trasparenti. Altrimenti, il contraccolpo potrebbe risultare devastante, roba da far impallidire la crisi del debito sovrano del 2010-2011, in termini di credibilità e di autorevolezza. Crisi sventata dall’allora presidente della Bce Mario Draghi e poi sbiadita, nell’immaginario collettivo, nel buio pesto della pandemia da Covid, quando con il Recovery Plan l’Ue ha saputo ritrovare le ragioni di solidarietà che le hanno dato origine. Ora serve un altro scatto di reni, perché il pericolo è di natura diversa ma altrettanto grande. Non si deve rischiare che l’Europa unita, capace di reagire agli attentati terroristici dei nemici della democrazia e della libertà, di sopravvivere alle speculazioni degli squali della finanza, cada vittima del più moderno dei cavalli di Troia: il vil denaro.

Danilo Paolini

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Qatargate, il Parlamento europeo vota decadenza di Eva Kaili

La plenaria si esprimerà a mezzogiorno. Per l’autorizzazione servono i due terzi dei membri. L’europarlamentare greca arrestata per corruzione respinge le accuse: “mai accettato mazzette dal Qatar”

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AGI – Tiene ancora banco in Europa la vicenda ribattezzata “Qatargate“, legata a un presunto giro di mazzette dal Qatar.  “La conferenza dei presidenti ha deciso all’unanimità di dare il via alla procedura dell’articolo 21 per la decadenza della vice presidenza di Eva Kaili. E la plenaria la voterà a mezzogiorno. Per l’autorizzazione servono i due terzi dei membri del Parlamento”. Lo ha annunciato in aula la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

Eva Kaili, dal canto suo, ha respinto ogni addebito dichiarandosi estranea alle accuse contestate.

Il legale della vice-presidente greca del Parlamento europeo arrestata con l’accusa di corruzione, ha assicurato che la sua assistita non ha mai accettato mazzette dal Qatar. “Si dichiara innocente ed estranea alle tangenti dal Qatar”, ha dichiarato l’avvocato Michalis Dimitrakopoulos, sul canale Tv greco Open TV. Rispondendo a una domanda sul denaro trovato a casa della donna a Bruxelles, il legale non ha confermato né smentito: “non ho idea se e quanto denaro sia stato trovato”, ha detto.

Eva Kaili, socialista, 44 anni, una dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo, era stata arrestata venerdì scorso nella capitale belga. E’ accusata di aver ricevuto denaro dal Qatar per difendere gli interessi del Paese che ospita in questi giorni la Coppa del mondo di calcio.

Notevoli somme in contanti sono state sequestrate dalla magistratura belga in una 20ina di perquisizioni, di cui 600mila euro solo a casa di uno degli accusati, secondo la procura federale.  Oltre a Kaili, tre altre persone sono state arrestate, fra le quali il suo compagno italiano, mentre il padre, fermato venerdì, è stato poi liberato e “può tornare in Grecia”, ha detto l’avvocato.

Ieri è stata una delle giornate più lunghe e più buie per l’Unione europea. Che si è chiusa con un’onta per l’unica istituzione direttamente eletta dai cittadini: poco prima delle 20 nell’atrio del terzo piano della sede del Parlamento europeo, dove si trova il bar solitamente affollato di deputati, funzionari e assistenti, un gruppo di agenti della polizia giudiziaria belga si confrontava su quali uffici perquisire nell’ambito dell’inchiesta per la presunta corruzione dal Qatar.

Avevano già posto i sigilli in alcuni locali nel settore G, Palazzo Spinelli, al quindicesimo piano dove si trovano gli uffici – tra gli altri – degli eurodeputati Marc Tarabella, Alessandra Moretti e Maria Arena. Al decimo piano sono stati sigillati almeno altri tre uffici, tra cui quello della vice presidente Eva Kaili (S&d). Gli agenti, in borghese con la fascia della polizia al braccio, si sono spostati verso il settore Q, dove si sono trattenuti per un’altra mezz’ora almeno. Prima di andarsene hanno scattato una foto al presepe, allestito vicino all’albero di Natale, sempre al terzo piano. Gli schermi trasmettavano la plenaria, che nel frattempo si teneva nell’altra sede del Parlamento, a Strasburgo, a 440 chilometri di distanza. E per la prima volta faceva i conti con sè stessa.

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L’ufficio di Eva Kaili sigillato dalla polizia

“Devo scegliere con cura le mie parole per non compromettere le indagini in corso o minare in qualche modo la presunzione di innocenza. Quindi se la mia collera, la mia rabbia, il mio dolore non dovessero trasparire, vi assicuro che sono ben presenti”. è stata la premessa della presidente del Parlamento, Roberta Metsola. E la rabbia, il dolore, la delusione, trasparivano. Sul volto e nelle sue parole. Lei che sabato è stata ‘costrettà a rientrare a casa da Malta per assistere alla perquisizione di un eurodeputato belga, come prevede la Costituzione del Paese. Quel deputato, ha rivelato la stampa, era Tarabella

Rivolgendosi ad un’Aula scioccata e infuriata, Metsola ha rappresentato le dimensioni dello scandalo: “Il Parlamento europeo, cari colleghi, è sotto attacco; la democrazia europea è sotto attacco; e il nostro modo di essere società aperte, libere e democratiche è sotto attacco”. “I nemici della democrazia, per i quali l’esistenza stessa di questo Parlamento è una minaccia, non si fermeranno davanti a nulla. Questi attori maligni, legati a Paesi terzi autocratici, hanno presumibilmente armato Ong, sindacati, individui, assistenti e deputati del Parlamento europeo nel tentativo di soffocare i nostri processi”, ha aggiunto.

Ma, ha rivendicato la leader maltese, “i tentativi sono falliti”. “I nostri servizi, di cui sono incredibilmente fiera, collaborano da tempo con le autorità competenti nazionali, giudiziarie e di polizia, per smantellare questa presunta rete criminale”, ha aggiunto lasciando intendere che il Parlamento ha avuto ruolo nelle indagini anche prima dell’operazione di venerdi’.

Metsola ha chiesto però un colpo di reni dell’Assemblea per uscire più forti dallo scandalo: la vice presidente Eva Kaili è stata sospesa, probabilmente già domani sarà rimossa dalla vice presidenza; i negoziati per la liberalizzazione dei visti (con Qatar e Kuwait) che dovevano partire dopo il via libera che sarebbe arrivato da questa plenaria, tornano in commissione. E ancora: “Non ci sarà impunità, nessuna”.

“Non nasconderemo la polvere sotto il tappeto. Avvieremo un’indagine interna per esaminare tutti i fatti relativi al Parlamento e per valutare come i nostri sistemi possano diventare ancora più impermeabili. Non continueremo come se fosse ‘business as usual’. Avvieremo un processo di riforma per verificare chi ha accesso ai nostri locali, come vengono finanziate queste organizzazioni, le Ong e le persone, quali legami hanno con i Paesi terzi, chiederemo maggiore trasparenza sugli incontri con gli attori stranieri e con chi è legato a loro. Daremo una scossa a questo Parlamento e a questa citta’ e per farlo ho bisogno del vostro aiuto”, ha annunciato Metsola.

Intanto il Gruppo S&d, il piu’ colpito dalla indagine, si è mosso per conto proprio: ha espulso Kaili e ha chiesto la sospensione di Tarabella. Gli altri eurodeputati coinvolti (tramite i loro assistenti) hanno dovuto lasciare gli incarichi: Pietro Bartolo non sara’ piu’ relatore ombra; Arena ha rinunciato alla presidenza della sottocommissione Diritti umani e Andrea Cozzolini non è piu’ responsabile S&d per le urgenze.

Le notizie che continuano ad arrivare dal Palazzo di Giustizia però fanno pensare che non sia finita. La polizia ha sequestrato i pc di dieci assistenti parlamentari. Alla Kaili sono stati sequestrati 750 mila euro in contanti, 600 mila nella valigia del padre e 150 mila nelle borse di lusso che aveva in casa. Così come sono stati congelati tutti i suoi beni in Grecia.

E la pressione dello scandalo comincia a sfiorare anche la Commissione europea, dove in particolare il vice presidente, Margaritis Schinas (anche lui greco), viene accusato di aver avuto rapporti troppo buoni con il Qatar. La presidente von der Leyen, in conferenza stampa con il direttore generale dell’Agenzia per l’energia, Fatih Birol, ha dovuto placare le polemiche dei giornalisti che l’accusavano di evitare le domande scomode. Due in particolare: le autorità belghe hanno contattato la Commissione? La Commissione sta indagando? Alla prima ha risposto dicendo che avrebbe dovuto chiedere al suo staff; alla seconda che sono in corso di revisione i registri di trasparenza dei commissari. Insomma qualcuno si sta attivando.

Da parte sua, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha assicurato che l’inchiesta non danneggerà l’Italia perché “se ci sono dei parlamentari o degli assistenti che hanno commesso dei reati, è una questione che riguarda le singole persone e non il sistema Italia”. E non riguarda nemmeno il sistema Europa: “Le responsabilità penali sono individuali, non delle istituzioni”.

Benedetto da Norcia. La formula per l’Europa: preghiera e lavoro

La formula per l'Europa: preghiera e lavoro

Vogliamo ancora costruire un mondo più “civile”, dove nessuno è lasciato indietro e assieme si fatica per dare corso a un futuro di speranza? Maestro su questa via è stato e continua a essere con la sua eredità san Benedetto da Norcia, patrono e testimone per l’Europa. Il padre del monachesimo occidentale, infatti, tra le altre cose esortava i suoi contemporanei perché nessuno «cerchi il proprio utile, ma piuttosto quello degli altri». Parola affidate alla Regola elaborata per i suoi monaci, il cui faro era la nota esortazione dell’«ora et labora», prega e lavora. Queste indicazioni sono alla base non solo del modo di vivere la fede ma anche della cultura occidentale. Saper conciliare contemplazione, cioè lasciarsi avvolgere dall’amore di Dio, e azione, cioè fare di tutto per rendere il mondo migliore e accogliente, è la cifra del nostro più autentico stile di vita. Benedetto era nato a Norcia nel 480, visse un tempo di solitudine al sacro Speco di Subiaco, scegliendo poi la forma cenobitica prima a Subiaco, poi a Montecassino. Fondò numerosi monasteri e morì probabilmente nel 547 a Montecassino.

Altri santi. San Pio I, papa e martire (155); sant’Olga di Kiev, granduchessa (X sec.).

Letture. Romano. Pr 2,1-9; Sal 33; Mt 19,27-29.

Ambrosiano. Pr 2,1-9; Sal 33 (34); 2Tm 2,1-7.11-13; Gv 15,1-8.

Bizantino. 2Cor 6,16-7,1; Lc 7,35-50.

Avvenire