Salute. Dall’Usutu al West Nile, l’estate dei «nuovi» virus. Ma devono preoccuparci?

La comparsa anche in Italia di questi sgraditi ospiti è accompagnata da grandi allarmi mediatici che però non sempre corrispondono alla loro reale pericolosità
Una zanzara portarice del virus West Nilus

Una zanzara portarice del virus West Nilus – Ansa

da Avvenire

I primi due casi di Usutu, entrambi asintomatici, sono stati identificati in Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un virus che prende il nome dal fiume africano nei pressi del quale fu isolato il primo positivo nel 1981. Viene trasmesso all’uomo dagli animali, anche se di rado, e solitamente ha una buona prognosi. Probabilmente ne sentiremo parlare. Come sta avvenendo per un parente prossimo dell’Usutu, il West Nile virus che provoca la febbre del Nilo, che è stato isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda e che ieri ha fatto una vittima nel Bresciano.

Nulla di nuovo sotto il sole asfissiante di questa estate. O meglio, di nuovo ci sono gli allarmi. Perché fino al 2019, prima cioè dell’avvento dell’ultimo nato in casa coronavirus, il Sars-CoV-2, le malattie infettive erano confinate nell’anonimato. Persino per l’industria farmaceutica – tranne rare eccezioni – virus e batteri, per anni, sono stati un capitolo di serie B. Esclusi dalla dignità mediatica riservata agli avanzamenti della ricerca. E men che meno dal calderone dell’informazione quotidiana. La stessa che oggi si allarma per due casi asintomatici di Usutu, oppure per i 35 casi accertati in 4 anni – nessuno letale – di Langya, che appartiene alla famiglia degli Henipavirus, di cui fanno parte altri pericolosi patogeni come Hendra e Nipah, di solito presenti nei pipistrelli e capaci di infettare anche l’uomo, con tassi di mortalità importanti. Le 35 infezioni sono state registrate in Cina. Nessuno dei positivi ha avuto conseguenze gravi ma questo può voler dire poco.

Ogni nuovo parassita diventa un motivo di paure e angosce, ora che i media hanno scoperto la rete di sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. Eppure con i virus conviviamo da millenni. E tanti di loro sono noti da decenni. È così per il vaiolo delle scimmie, un’infezione zoonotica (trasmessa dagli animali) che ha questo nome perché fu identificata nelle scimmie nel 1958, mentre il primo caso nell’uomo risale al 1970. È endemico nelle regioni della foresta pluviale tropicale dell’Africa centrale e occidentale. Anche in questo caso i sintomi tendono a risolversi in 2-4 settimane, senza bisogno di trattamenti. Ma in alcuni casi l’infezione può portare a complicazioni importanti. Contro questa patologia risulta comunque efficace il vaccino contro il vaiolo. Sono meno di 1.000 i casi in Italia, l’età media dei contagiati è 37 anni, quasi mai donne, la malattia interessa soprattutto persone gay, trasgender, e coloro che hanno una vita sessuale promiscua.

E molto timore, con proiezioni affrettatamente catastrofiste, ha provocato, il 5 aprile scorso, l’informativa del Regno Unito all’Oms che riferiva un incremento di casi di epatite acuta grave a eziologia sconosciuta in bambini di età inferiore ai 16 anni. L’epatite determinò il ricovero di alcuni bambini, in qualche caso è stato necessario un trapianto di fegato.

Pure in questa occasione i social provarono a battere i media tradizionali nell’“accuratezza” delle informazioni e, di colpo, il collegamento tra queste manifestazioni cliniche e il vaccino anti-Covid accese le “intelligenze” dei tuttologi da tastiera, dei complottisti, dei No-vax in vena di incontestabili lezioni, come sempre privi di fonti degne di tal nome, accomunati dal rifiuto della scienza, le cui previsioni erano drammatiche per numero di casi e gravità. La notizia perse di importanza quando il sistema di sorveglianza europea segnalò che, al 30 giugno, i casi erano 473, di cui uno mortale.

Ciò che dovrebbe farci davvero paura – e gli esperti continuano a ripeterlo – è che stiamo antropizzando il pianeta in pochi decenni, devastando, deforestando, distruggendo faune selvatiche e nicchie ecologiche di batteri, funghi, animali, vegetali sconosciuti, ed entrando in contatto con virus che potrebbero avere 4 milioni di anni e che non avremmo mai dovuto incontrare.

“Ormai siamo abituati a guardare i bombardamenti, è una cosa assurda. Una cosa volgarissima. La cosa incredibile è che lo stiamo accettando tutti”

Biagio Antonacci e la guerra

“Dopo il covid mi sarei aspettato delle danze ai confini, non la guerra. L’uomo non aveva ancora capito che il covid aveva già segnato dei confini. Ormai siamo abituati a guardare i bombardamenti, è una cosa assurda. Una cosa volgarissima. La cosa incredibile è che lo stiamo accettando tutti”, ha detto Antonacci. “Ogni cosa che succede adesso per me è quasi normale, questa è la cosa grave. La guerra è il desiderio dell’egoismo, della testa, del potere. Purtroppo l’uomo ha dentro questa cattiveria di indole: noi cerchiamo di nasconderci ma questa è la verità. L’uomo non si accontenta, costruisce ricchezze e cose che non userà mai, ma lo fa solo per far vedere che queste cose le ha fatte”.

Dalla scuola al campo estivo. Il progetto che crea una naturale continuità didattica è quello che vuol bene alla Madre Terra e anche ai contadini, un lavoro oramai “in via d’estinzione”

Famiglia Cristiana

Dalla scuola al campo estivo. Il progetto che crea una naturale continuità didattica è quello che vuol bene alla Madre Terra e anche ai contadini, un lavoro oramai “in via d’estinzione”. Si chiama Horticultura ed è promosso da Terra Felix e Legambiente Geofilos che insieme ad altri partner hanno accolto un’opportunità offerta dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Gli orti sono stati realizzati all’interno di aree occupate da beni culturali: la Reggia di Caserta, il Parco archeologico di Pompei, il Museo archeologico dell’agro-atellano, il Museo dell’Antica Capua e l’Anfiteatro Campano. Ogni orto didattico museale è curato da una classe di una scuola elementare della città in cui ricade il museo (IC Calcara di Marcianise, IC Mazzocchi di Capua Vetere, la Direzione didattica di Orta di Atella e il Circolo didattico di Pompei) che fa gruppo con bambini segnalati dai servizi sociali.

«I Green Village di Horticultura partono subito dopo la chiusura delle scuole. È il nostro modo di stare vicino ai genitori in modo concreto ed immediato senza costringerli, come avviene ogni anno a valutare ed organizzare un alternativa alla scuola prima che arrivino le ferie dal lavoro», spiega Paola Pascale, responsabile del progetto, «i bambini potranno continuare a frequentare gli orti didattici museali che hanno curato durante l’anno scolastico e aiutati dal bel tempo questi luoghi si potranno vivere nella loro completezza scoprendone nuovi angoli grazie alle attività istruttive che non sono soltanto la cura della terra ma tutto ciò che è collaterale, infatti se il terreno deve riposare si effettuano laboratori di scienze per spiegare ai bambini per esempio la fotosintesi clorofilliana o il compostaggio».

Dalla semina al raccolto tutti i bambini si sono sporcati le mani con la terra diventando consapevoli di essere responsabili della natura che li circonda e di ciò che i genitori mettono in tavola. Tutto parte dal lavoro dei contadini di un casale nell’hinterland casertano da cui i responsabili del progetto hanno tratto ispirazione. «Quelle che erano uscite didattiche in fattorie sono diventate una materia da studiare a scuola», spiega Ivan Esposito, «vedevamo i contadini zappare la terra, persone anziane che custodivano i segreti per permettere al cibo che i bambini magari vedono direttamente nei supermercati o nei negozi di crescere spontaneamente dalla terra e così abbiamo pensato di attingere direttamente da loro».

I bambini sono diventati piccoli imprenditori agricoli: non solo la semina ed il raccolto finale ma manutenzione, pulizia e controllo delle piantine che seguono le stagioni. Ma Horticultura non è soltanto un progetto che fa bene all’ambiente e all’educazione alimentare dei bambini, è un progetto che dà il buon esempio e si porta avanti con le direttive nel campo dell’automotive: i bambini, infatti, per poter interagire tra loro si spostano da un sito all’altro a bordo di un pulmino elettrico. Un piccolo “ortobus” che rispetta i prodotti che i piccoli hanno coltivato con pazienza e sacrificio.

Estate in classe, ecco come è partita

Dopo tanti mesi di didattica a distanza e limitazioni agli spostamenti, si svolgono soprattutto all’aperto le attività della “Scuola in estate”, progetto fortemente voluto dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi e al via in questi giorni in tutta Italia. Oltre alle scuole, sono coinvolte le parrocchie, le associazioni, il volontariato. «Sarà un ponte verso il nuovo anno scolastico per il recupero della socialità», ha sottolineato il ministro lanciando l’iniziativa. Che può contare su un cospicuo pacchetto di finanziamenti, pari a 520 milioni di euro recuperati nel decreto Sostegni, nei fondi europei Pon e tra i vari fondi per il contrasto alle povertà. A questi si aggiungono i 132 milioni assegnati ai Comuni dal Dipartimento per le politiche della famiglia per finanziare i centri estivi. Complessivamente, gli enti beneficiari sono 7.143, pari al 94,97% dei Comuni italiani e i progetti raggiungeranno più di 9 milioni di under 18.

Dai significativi risvolti sociali, l’attività proposta fino a fine agosto dall’Istituto comprensivo “Amerigo Vespucci” di Vi-

bo Valentia. Oltre a percorsi di archeologia, attività sportive, visite a musei, pomeriggi al cinema e concerti di musica jazz, la scuola propone attività in mare utilizzando la barca a vela di 15 metri sequestrata agli scafisti che lucrano sulla disperazione dei migranti e messa a disposizione dell’istituto.

Laboratori a carattere ambientale, in ambito sportivo, artistico-espressivo e pratico-manuale, sono i progetti scelti dall’Istituto comprensivo 12 di Bologna che, fino al 16 luglio, propone attività di «educazione all’aperto» sia per i bambini della scuola primaria che per i ragazzi e giovani della secondaria. Particolare il progetto dell’Istituto “Pellegrino Artusi” di Forlimpopoli, in provincia di Forlì-Cesena, che, con gli allievi dell’alberghiero, ha aperto un “punto ristoro” per le commissioni impegnate nell’Esame di Maturità. Che così hanno avuto modo di “testare” sul campo le competenze degli allievi che dovevano esaminare.

A Sabaudia, in provincia di Latina, a fianco degli studenti del Liceo “Pitagora” sono scesi in campo anche i Carabinieri. I ragazzi che partecipano ai percorsi estivi hanno così la possibilità di visitare il centro sportivo dell’Arma per attività di canottaggio e andranno a Roma a conoscere la banda dei Carabinieri e a visitare il centro raggruppamento biodiversità.

Circa seicento studenti degli Istituti superiori “Giulio Natta” e “Pietro Paleocapa” di Bergamo, una delle città più colpite dalla pandemia, stanno prendendo parte agli oltre 40 laboratori scientifici, alcuni dei quali si svolgono all’aperto, che culmineranno in una “Caccia al tesoro matematica”, tanto per non perdere dimestichezza con formule e numeri.

Sempre in Lombardia, a Codogno, in provincia di Lodi, un altro tra i maggiori focolai italiani, gli allievi dell’Istituto “Tosi” si cimenteranno con la produzione del formaggio, oltre che in attività di educazione ambientale nel giardino della scuola e parteciperanno a lezioni di sicurezza con la Protezione civile.

Un musical sul “bullismo a scuola” sarà il prodotto finale del progetto estivo del Liceo “Marconi” di Pesaro, che, fino all’inizio del nuovo anno scolastico, vedrà il coinvolgimento di 400 studenti, mentre cineforum, oltre ad uscite sul territorio, sono proposti dall’Istituto “Volterra” di Ancona.

Con l’attiva collaborazione del Comune, il Liceo “Vallone” di Galatina, in provincia di Lecce, sta promuovendo due moduli di Astronomia che si svolgono nelle ore serali e notturne. Per favore la migliore osservazione del cielo di notte, la scuola ha chiesto all’amministrazione comunale lo spegnimento dell’illuminazione urbana, tra le principali fonti di inquinamento luminoso.

A Taranto, infine, l’Istituto comprensivo “Pirandello” ha sottoscritto un patto educativo con la parrocchia per l’utilizzo delle strutture oratoriane, mentre a

Pompei, in provincia di Napoli, il liceo “Ernesto Pascal” promuove un progetto di “cittadinanza attiva” in collaborazione con la Croce Rossa, la Caritas e la Pastorale giovanile diocesana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nell’orto, in barca, al caseificio e osservando le stelle: gli istituti si sono reinventati

L’orto didattico: uno dei tanti progetti attivati per la “Scuola in estate”

Un eclissi di sole saluta l’inizio dell’estate 2020

ECLISSI DI SOLE SALUTA IL SOLSTIZIO D’ESTATE

BEN VISIBILE IN ASIA, IN ITALIA SOLO DAL CENTRO-SUD Alle 23,44 di ieri gli astronomi hanno collocato il solstizio d’estate 2020, che coinciderà con una eclissi anulare di Sole, la prima dell’anno. Lo spettacolo sarà visibile soprattutto in Asia, mentre in Italia si potrà ammirare soltanto dalle Regioni del Centro-Sud, a partire dalle 6,56 italiana. La fascia di osservabilità è una sottile linea che comprende India e Pakistan fino al Corno d’Africa. L’Italia viene appena sfiorata. A Roma sarà visibile, con le opportune protezioni, tra le 7.18 e le 7,55.

ansa

Coronavirus. Oratori, un’estate da inventare. Diocesi impegnate con le Regioni su linee operative perché le parrocchie possano occuparsi dei più giovani

da Avvenire

L’oratorio 2020 “aperto per ferie”, come s’intitola il progetto proposto della Pastorale giovanile nazionale, sta prendendo forma nelle realtà diocesane. Ancora non ci sono le condizioni per una riapertura, ma la Cei ha chiesto alle comunità di non lasciare a loro stessi bambini, ragazzi e giovani durante l’estate. Così la formazione online degli animatori in molte diocesi è già una realtà, mentre sono allo studio idee e progetti virtuali e reali, compresa la proposta di Anspi di dotare i bambini di «braccialetti per garantire il distanziamento fisico», prodotti in migliaia di pezzi, che emettono un suono o una vibrazione quando un’altra persona non mantiene la distanza di sicurezza. Numerosi i tavoli di lavoro nati tra diocesi e regioni per riuscire a garantire, attraverso protocolli comuni, una presenza educativa che non lasci solo nessuno e che tenga conto della sicurezza.

Piemonte, cantiere al «Top»

La questione in Piemonte non è oratorio aperto o chiuso, ma il prendersi cura delle nuove generazioni. Ne è convinto don Luca Ramello, responsabile regionale della pastorale giovanile di Piemonte e Valle d’Aosta. Sarà lui martedì mattina a presiedere l’avvio del tavolo di lavoro online per elaborare proposte, osservazioni, suggerimenti al “Top”, il “Tavolo oratori piemontese”, il progetto comune sottoscritto la scorsa settimana dalla Chiesa piemontese con la Regione Piemonte. Tra i temi: praticabilità, norme di sicurezza, nuove figure educative, risorse economiche. «Tre i nodi da sciogliere – spiega Ramello –: la titolarità tra diocesi e istituzioni, la necessità di coordinare le varie commissioni e i tavoli di lavoro, una comunicazione efficace».

La Lombardia parte su Zoom

Anche la Lombardia con il coordinamento degli oratori delle diocesi lombarde (Odielle) sta lavorando con le istituzioni per definire che fare. Per gli animatori “Stai in zona” è il percorso milanese, online sulla piattaforma Zoom, che partirà domani. «Gli oratori della Lombardia – spiega don Stefano Guidi, coordinatore di Odielle – confermano la loro disponibilità perché famiglie e ragazzi non si trovino a vivere situazioni di vuoto educativo».

Emilia Romagna, avanti piano

Obbedienza, prudenza e creatività. Sono le tre parole chiave con cui si sta muovendo la pastorale giovanile della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna. «Obbedienza alla legge, prudenza per valutare se una parrocchia ha i requisiti, e creatività – spiega don Marcello Palazzi, delegato regionale –. Stiamo facendo un grosso lavoro di elaborazione, in aggiunta alla scelta abbastanza inedita di interagire con le istituzioni». In Regione si è infatti costituito un tavolo tecnico, promosso dal cardinale Matteo Zuppi e dal presidente Stefano Bonaccini. Obiettivo: definire un protocollo «dai campi scuola virtuali – dice Palazzi –, fino alla ripresa del catechismo a settembre».

Il Triveneto parla con la società

Ci piacerebbe che potesse emergere una Chiesa nuova capace di creare alleanze al suo interno, ma anche con la società civile». È questo lo spirito con cui i delegati degli Uffici di pastorale giovanile delle 15 diocesi del Triveneto (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) stanno dialogando. «Ci muoviamo in attesa dei protocolli delle tre Regioni – spiega don Davide Brusadin, neo incaricato regionale per la Pastorale giovanile –. Un lavoro per capire, in dialogo con le istituzioni, la possibilità effettiva di utilizzo dei nostri spazi».

In Liguria l’interesse dei Comuni

La Conferenza episcopale ligure ha avviato un dialogo con la Regione per poter concordare una linea d’azione comune. «Abbiamo meno oratori che nel resto del Nord – commenta monsignor Nicolò Anselmi, vescovo ausiliare di Genova, delegato per la pastorale giovanile –, ma numerosi progetti educativi che si organizzano tra giugno e settembre. Non rinunceremo ad accompagnare i ragazzi, per questo portiamo avanti la formazione degli educatori, e a breve potremo organizzarci sulla base delle indicazioni operative che definiremo insieme alle istituzioni». Diversi Comuni hanno mostrato interesse per una collaborazione con le parrocchie per l’organizzazione dei centri estivi.

Toscana, la Chiesa offre competenze

“Per ora stiamo lavorando su ipotesi… intanto però teniamo il motore acceso”, assicura l’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti, delegato della Conferenza episcopale toscana per la pastorale giovanile, che sta dialogando con le realtà del mondo cattolico e con la Regione. «Esiste un’emergenza educativa e per gestirla servirà una collaborazione tra pubblico e privato. Le istituzioni locali potrebbero mettere a disposizione le scuole o alcune aree verdi per le parrocchie che non hanno spazi idonei. La Chiesa mette a disposizione le proprie competenze».

In Umbria una rete allargata

“Porte aperte, noi ci siamo anche nella Fase 2”, assicura don Riccardo Pascolini, segretario nazionale del Forum degli oratori italiani (Foi), responsabile del Centro di orientamento pastorale (Cop) e incaricato per la pastorale giovanile dell’Umbria, commentando il rinnovo del protocollo d’intesa tra il Comune di Perugia e l’arcidiocesi per la realizzazione di progetti e azioni condivise in ambito formativo, educativo e ricreativo. Un progetto avviato nel 2014 con cui il Comune ha riconosciuto l’importanza socioeducativa dei 30 oratori attivi. «Dall’emergenza è nata una rete che tiene insieme scuole pubbliche, paritarie, cooperative, volontariato per inventare insieme soluzioni e arrivare alle varie fasce di età. Anche qui c’è un tavolo con la presidente della Regione per valutare il da farsi».

La Puglia pensa a tre fasi

Don Davide Abbascià, incaricato regionale di pastorale giovanile, insieme con oratori, associazioni e famiglie religiose sta studiando una proposta operativa da presentare alla Regione. «Il nostro progetto si chiama “Apriamo per ferie” e ha individuato tre fasi: la formazione online degli animatori (”Stai a casa”), la ripresa dei contatti (”Da casa”) e le riaperture che guardano anche il catechismo di settembre (”Fai casa”)».

(Hanno collaborato: Riccardo Bigi, Matteo Billi, Alberto Gastaldi, Chiara Genisio, Enrico Turcato)