MERCOLEDÌ 14 SETTEMBRE 2022 Messa del Giorno ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

Colore Liturgico Rosso
Antifona
Non ci sia per noi altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.
Egli è nostra salvezza, vita e risurrezione;
per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (Cf. Gal 6,14)

Si dice il Gloria.

Colletta
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del tuo Figlio unigenito,
concedi a noi, che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero,
di ottenere in cielo i frutti della sua redenzione.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Prima Lettura
Chiunque sarà stato morso e guarderà il serpente, resterà in vita.
Dal libro dei Numeri
Nm 21,4b-9

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì.
Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.
Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Parola di Dio.

Oppure:

Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fil 2,6-11

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 77 (78)
R. Non dimenticate le opere del Signore!
Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. R.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. R.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. R.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore. R.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo.

Alleluia.

Vangelo
Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Parola del Signore.

Sulle offerte
Ci purifichi da tutti i nostri peccati, o Signore,
questo sacrificio che, offerto sull’altare della croce,
espiò il peccato del mondo.
Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione
«Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me», dice il Signore. (Gv 12,32)

Dopo la comunione
Signore Gesù Cristo, che ci hai nutriti al tuo santo convito,
guida alla gloria della risurrezione
coloro che hai redento con il legno della vivificante croce.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Riflessioni nel giorno dell’esaltazione della Croce SU QUEL LEGNO L’UMANITÀ DI DIO (E CI PARLI LA GIUSTIZIA MITE)

Le coincidenze fanno pensare: la sentenza della Corte di Cassazione sul Crocifisso e il fatto che la comunità credente sia chiamata in questi giorni a celebrare l’Esaltazione della Croce. Nulla accade per caso. Allorché viene emanata una sentenza da parte di un tribunale (a maggior ragione da parte della Corte di Cassazione, peraltro a sezioni unite), sorge spontanea la domanda: chi ha vinto e chi ha perso fra i soggetti del contenzioso?

Da un lato sembra che non si possa usare la struttura di questa logica binaria (si/no, bianco/nero, vero/falso) di fronte a una questione così complessa come quella dell’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche (e direi in genere nei luoghi pubblici istituzionali), di cui nella sentenza 24414/21 della Corte Suprema, pubblicata il 9 settembre scorso. Dall’altro tale pronunciamento, soprattutto se si leggono attentamente le motivazioni, non si può semplicemente liquidare come irenico e cerchiobottista. Ciò che risulta agli occhi di chi scrive è che a prevalere in questa occasione sia il dialogo e la tolleranza, mentre soccombe il fondamentalismo sia laicista sia pseudo-religioso. E ciò proprio a ridosso del ricordo di quanto accaduto venti anni or sono e della partecipazione sofferta a quanto sta accadendo oggi in Afghanistan. Né può sfuggire la valenza teologica e culturale della questione e della stessa sentenza. In primo luogo, mi preme sottolineare e marcare la profonda differenza che intercorre fra laicismo e laicità e fra quanti intendono espellere semplicemente ogni simbolo religioso dai luoghi pubblici e quanti intendono imporre esclusivamente l’universo simbolico della propria appartenenza religiosa in ambito pubblico. La sentenza è particolarmente illuminante a questo proposito, rimandando, direi con orgoglio, al senso della ‘laicità italiana’ e alle sue peculiarità: «La laicità italiana non è ‘neutralizzante’: non nega la peculiarità e le identità di ogni credo e non persegue un obiettivo di tendenziale e progressiva irrilevanza del sentire religioso, destinato a rimanere nell’intimità della coscienza dell’individuo» (Sentenza, 13.1). La Croce, poiché interpella tutti (anche i non credenti) rivela la sporgenza pubblica dell’evento cristico. In secondo luogo, come non si esclude l’esposizione del Crocifisso, la cui decisione è demandata alle singole comunità scolastiche, così si può prevedere la compresenza di altri simboli religiosi. Come viene riconosciuto che il simbolo del cristianesimo esprime anche le radici culturali della nostra civiltà, esso può ben convivere con i simboli di altre religioni, in una prospettiva di sano pluralismo, di accoglienza e di inclusione (cfr. Sentenza, 13.3). Tale posizione può essere letta alla luce di quanto enunciato da papa Francesco in un famoso discorso alla Curia romana (21 dicembre 2019): «Non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata».

Come nella società sono chiamate a convivere civilmente appartenenze etniche, culturali e religiose diverse, così nella scuola, che è specchio ed espressione della stessa società, non essendo, l’istituzione educativa, chiamata a estraniare i giovani dal loro contesto. Qualcuno potrebbe pensare che siamo in un regime di relativismo, mentre si tratta di pura e semplice, nonché realistica relatività, quale quella che un credente certo non relativista come Blaise Pascal esprimeva a proposito del pane eucaristico, che si confonde col pane comune, pur contenendo il corpo e il sangue del Signore Gesù. Il fatto che non si escluda la presenza di elementi simbolici nello spazio pubblico è indice della consapevolezza secondo cui l’uomo è di per sé un ‘animale simbolico’ e la religiosità appartiene a tale universo ‘forestale simbolico’ come direbbe Charles Baudelaire. Del resto, pensando alla possibile compresenza di simboli appartenenti a diverse radici credenti, si pensi all’albero della vita della cattedrale di Otranto, dove i rimandi sono ovviamente molteplici: dall’Albero della Vita posto nell’Eden, a quello rappresentato nella Cabala, come anche all’’Albero dell’estremo confine’, Sidrat al-Muntaha o del settimo cielo, secondo la tradizione islamica. Nelle motivazioni, la sentenza non manca di esporsi a proposito del simbolo stesso della Croce, allorché innanzitutto ne evidenzia il carattere propriamente e immediatamente ‘religioso’ ed è così che viene normalmente percepito, poiché rappresenta «per il credente il messaggio del mistero della resurrezione e della redenzione dell’uomo» ( Sentenza, 11,8). In quanto tale viene altresì riconosciuta la valenza culturale di tale simbologia, che «descrive anche uno dei tratti del patrimonio culturale italiano e rappresenta una storia e una tradizione di popolo. L’Italia ha infatti profonde radici cristiane, intrecciate con quelle umanistiche. Lo testimoniano – è stato affermato autorevolmente – «le sue città, i suoi borghi antichi, le sue cattedrali, la sua arte» ( ib.). Ma ancor più in profondità viene rilevato il richiamo ai valori umani, come la dignità, la pace, la fratellanza, l’amore verso il prossimo e la solidarietà, «condivisibili, per il loro carattere universale, anche da chi non è credente» ( ib.).

A prescindere dalla valenza eminentemente giuridica della sentenza, non possiamo non cogliere questa occasione, offerta anche alla teologia, per pensare il senso della croce. Del resto da sempre la vicenda di Gesù di Nazareth interpella non solo i suoi discepoli, ma anche i non credenti e i diversamente credenti, per la sua profonda umanità, che è, come direbbe Karl Barth, l’«umanità di Dio». Mi piace pensare che di fronte a questa umanità sofferente e crocifissa non possano esserci né vincitori, né vinti e che questa sentenza, da più parti interpretata come espressione di una ‘giustizia mite’, costituisca un punto di non ritorno.

Teologo, Pontificia Università Lateranense

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Il Santo del Giorno: Esaltazione Santa Croce «O Croce gloriosa!»

La prima festa in esaltazione della Croce sarebbe stata celebrata nel 335, il giorno dopo la dedicazione della Basilica della Risurrezione eretta da sant’Elena sul sepolcro di Cristo. In seguito essa passò a commemorare il recupero della stessa Croce, avvenuto nel 628, quando l’imperatore Eraclio riuscì a strapparla ai persiani che l’avevano trafugata come bottino di guerra. La festa del “ritrovamento” sarebbe tuttavia una ricorrenza un po’ triste (giacché poi la Croce è andata nuovamente perduta), ma il suo scopo è quello di trasmettere un insegnamento teologico. Tutto è legato proprio al termine “esaltazione” che ha una stretta origine evangelica, che risale a Gesù stesso. Nel Vangelo di Giovanni, infatti, Gesù, parla della propria morte in Croce, come di un “innalzamento” (in greco «hypsòsis», da cui esaltazione). Un innalzamento “necessario”: «Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,13-17). Un innalzamento salvifico: «Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il grande insegnamento di Gesù è legato proprio al legame tra i due significati del termine: quello fisico e quello spirituale. C’era dapprima l’innalzamento fisico: la croce veniva distesa per terra, in modo da potervi inchiodate o legare il condannato. Poi la sua base era fatta scivolare in una buca, mentre le braccia della croce venivano “alzate” tramite corde, fino a che la Croce potesse conficcarsi profondamente nel terreno e restare eretta. Agli occhi della fede però (e agli occhi di Gesù stesso) ciò che accadeva era un “innalzamento”, una “esaltazione”: l’esaltazione dell’Amore Crocifisso, messo al centro del mondo intero. Ed è da duemila anni che la Croce resta innalzata-esaltata, davanti agli occhi commossi della nostra fede.
Altri Santi: san Materno di Colonia (IV sec.); sant’Alberto, patriarca di Gerusalemme (XII sec.).
Letture: «Dio lo esaltò» (Nm 21,4b-9; oppure Fil 2,6-11); «Non dimenticate le opere del Signore» (Sal 77); «Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,13-17).
Ambrosiano: Numeri 21,4b-9; Salmo 77; Filippesi 2,6-11; Giovanni 3,13-17.