Istat, gran ripresa turismo ’22 ma non a livelli pre-Covid

 © ANSA

– I primi nove mesi del 2022 segnano un forte recupero per il settore turistico, ma le presenze dei clienti negli esercizi ricettivi sono ancora circa 39 milioni in meno rispetto al 2019 (-10,3%).

Lo rileva l’Istat.

Il bilancio da gennaio a settembre si chiude con circa 174 milioni di presenze di clienti italiani e 164 milioni di stranieri: un sostanziale riequilibrio delle due componenti della domanda ma con un calo rispettivamente del 6,7% e del 13,8% rispetto al 2019. Sono circa 196 milioni le presenze turistiche nel trimestre estivo, il 4,7% in meno rispetto alla cifra record pre-pandemia di circa 205 milioni raggiunta nel 2019.
Dalle rilevazioni dell’istituto di statistica emerge anche che le presenze negli esercizi extra-alberghieri sono tornate ai livelli pre-pandemici (136 milioni nei primi 9 mesi del 2022 contro i 139 milioni dello stesso periodo del 2019) mentre negli esercizi alberghieri mancano ancora circa 35 milioni di presenze.
Si fanno inoltre vacanze più brevi: la ripresa degli spostamenti turistici nei primi nove mesi del 2022 è stata trainata dalle vacanze brevi, con soggiorni da una a tre notti, che registrano un incremento del 46,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
C’è poi anche il vulnus occupazione ancora sotto i livelli pre-Covid: nel primo semestre 2022, nell’industria turistica allargata mancano all’appello ancora 88 mila occupati (-4,4%) rispetto al 2019 quando il settore ne contava quasi 2 milioni (circa il 7% dell’occupazione dei Servizi). (ANSA).

Borsa, Hong Kong apre a +2,93% con norme anti-Covid in Cina

 © ANSA
(ANSA) – PECHINO, 05 DIC – La Borsa di Hong Kong balza in avvio di seduta sulle attese di un allentamento ulteriore da parte della Cina della ‘tolleranza zero’ delle norme draconiane di contenimento del Covid: l’indice Hang Seng segna in avvio un rialzo del 2,93%, a 19.221,68 punti.

L’indice Composite di Shanghai sale dello 0,82% a 3.181,92 punti, mentre quello di Shenzhen segna un progresso dello 0,59% a quota 2.056,68.

Censis: ecco l’Italia di oggi, malinconica e con la paura della guerra

rapporto censis italiani guerra inflazione bollette

AGI – Un’Italia malinconica, agitata dalla paura della guerra e dall’inflazione, che costringe a erodere i risparmi e pagare le bollette in ritardo. Questo il ritratto che emerge dal cinquantaseiesimo rapporto Censis sulla situazione sociale di un Paese che, si legge nel testo, “vive in uno stato di latenza”.

“Il nostro Paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo individuale, ma non matura”, sottolinea l’istituto, osservando che “l’Italia non cresce abbastanza o non cresce affatto” e “la macchina amministrativa pubblica è andata fuori giri e così non sarà in grado di trainare la ripresa”.

Un italiano su quattro a rischio povertà o esclusione

Nel 2021 gli individui soggetti al rischio di povertà o di esclusione sociale sono pari al 25,4% della popolazione, ovvero oltre uno su quattro. Gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono per il 41,2% residenti nel Mezzogiorno (a fronte del 21% nel Centro, del 17,1% nel Nord-Ovest e del 14,2% nel Nord-Est), per il 33,9% sono appartenenti a famiglie in cui il reddito principale è quello pensionistico (a fronte del 18,4% e del 22,4% appartenenti a famiglie con reddito principale da lavoro dipendente o da lavoro autonomo) e per il 64,3% sono membri di famiglie che percepiscono ‘altri redditi’, dei quali 56,6% si qualifica anche come individuo a bassa intensità lavorativa.

Infine viene nuovamente superata la soglia del 40% nel caso di individui appartenenti a famiglie dove almeno un componente non è italiano (42,2%) o dove vivono tre o più minori (41,6%).

Nel 2021 le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta sono più di 1,9 milioni, il 7,5% del totale: un milione in più rispetto al 2019.

L’inflazione aumenta le disuguaglianze

Gli italiani temono la corsa dell’inflazione: oltre il 64% sta già mettendo mano ai risparmi per far fronte all’impatto dei rincari dei prezzi.

La quasi totalità degli italiani, il 92,7%, è convinta che l’accelerata dell’inflazione durerà a lungo e che bisogna pensare subito a come difendersi. Il 76,4% pensa che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% teme che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi) e ben il 64,4% sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, ricorda il Censis, è aumentato nel primo semestre del 2022 del 6,7% rispetto al primo semestre del 2021. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. Ma l’inflazione non solo colpisce i redditi fissi o comunque tendenzialmente stabili nel medio periodo, aumenta anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie più agiate l’aumento è del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno.

Questo divario discende dalla diversa dinamica dei prezzi dei beni (alimentari e per la casa su tutti) che pesano in particolare sul carrello della spesa delle famiglie meno abbienti. Nell’ultimo periodo, tra il 2012 e il 2021, l’andamento dei prezzi riflette le conseguenze di una fase tendenzialmente deflattiva per l’Italia (in media 0,7% annuo), caratterizzata soprattutto da una moderazione salariale che ha di fatto rimosso qualsiasi rischio di innesco della spirale prezzi-salari. Ma, secondo il Censis, gli attuali livelli di inflazione – con punte di rialzo dei prezzi dei beni alimentari intorno all’11%, senza contare gli incrementi del 50% dei beni energetici – potrebbero incidere profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie.

Lo spettro della crisi energetica

La crisi energetica è la principale fonte di preoccupazione per le famiglie italiane, emerge ancora dal rapporto: per il 33,4%, e la percentuale arriva al 43% tra le famiglie in una bassa condizione socio-economica, le più colpite dall’aumento dei costi incomprimibili.

Il 6,5% delle famiglie italiane era in ritardo con il pagamento delle bollette (dato in linea con la media europea) nel 2021. Ancora più numerosi sono coloro che affermano di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione: l’8,1% delle famiglie, un dato superiore di 1,2 punti percentuali al dato europeo.

Il timore di una guerra mondiale

Il 61,1% degli italiani teme che possa scoppiare un conflitto mondiale e il 57,7% che l’Italia possa entrare in guerra, si legge nel rapporto, secondo il quale il 66,5% degli italiani, 10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid, si sente insicuro.

I principali rischi globali percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45,0% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l’instabilità dei mercati internazionali, dalla scarsità delle materie prime al boom dei prezzi dell’energia, per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici, come temperature torride e precipitazioni intense, per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala.

“Finita l’era delle sicurezze, prevale il nichilismo”

“La malinconia definisce il carattere degli italiani, il nichilismo. E’ la fine dell’era dell’abbondanza e delle sicurezze”, ha detto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, nel corso della presentazione del rapporto. Una malinconia, ha spiegato, che “corrisponde alla coscienza della fine del dominio dell’Io sugli eventi del mondo, l’Io che è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando è costretto a relazionarsi con il mondo”. Situazione che deriva da questi ultimi 3 anni “straordinari” che hanno visto eventi eccezionali che vanno dalla pandemia alla siccità fino al caro bollette e alla guerra, “i grandi eventi della storia che si è rimessa in moto e con cui dobbiamo relazionarci”.

“Se quella del 2020 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi – ha concluso – oggi invece si paga un prezzo dell’irruzione della storia nelle nostre piccole storie e quei meccanismi proiettivi hanno perso presa sulla società e forza di orientamento nei comportamenti collettivi”.

Parrocchia e sinodo: l’ora della trasparenza economica

Il cantiere dell’ospitalità e della casa, nel cammino sinodale, chiede corresponsabilità e scelte economiche: è il tempo propizio per rendere pubblici i bilanci delle parrocchie

Mentre entra nel vivo l’anno pastorale e, con questo, i ‘cantieri sinodali’ e le riflessioni nate dalla fase diocesana del Sinodo, diviene urgente iniziare a fare piccoli passi concreti nelle comunità cristiane, prendendo sul serio le parole dei documenti che sono stati consegnati come guida per l’itinerario futuro. Uno, in particolare, potrebbe essere realizzato con facilità e in concomitanza con la chiusura dell’anno solare, ovvero fare uno sforzo di trasparenza economica e rendere pubblici i bilanci di ogni singola parrocchia.

In un tempo di fatica, di crisi economica, di inflazione galoppante, di generale impoverimento dei redditi, in un tempo in cui si chiede la condivisione delle risorse, insieme a uno scatto di generosità, dovremmo sentirci interpellati da quanto si legge nel documento relativo alla Sintesi nazionale della fase diocesana:

“La partecipazione e la corresponsabilità hanno bisogno della linfa vitale di una comunicazione trasparente, della condivisione delle informazioni e della cura nel coinvolgere i diversi soggetti parte nei processi. Proprio la mancanza di trasparenza, secondo alcuni, ha favorito insabbiamenti e omissioni su questioni cruciali quali la gestione delle risorse economiche e gli abusi di coscienza e sessuali”.

Partecipazione, corresponsabilità, trasparenza nella gestione delle risorse economiche delle parrocchie: se vogliamo superare un’idea clericale della comunità cristiana (nei fatti, nel concreto, non nella retorica e nei discorsi finti), allora varrà la pena ricordare che anche i denari che circolano nella comunità sono della comunità e che è giusto non demandare solo al consiglio degli affari economici o al parroco (che rimane peraltro, a norma di diritto, responsabile giuridico ed economico della parrocchia) la gestione del bilancio comunitario, a cui molti contribuiscono nella misura personale e su cui tutti dovrebbero essere almeno informati. Così accade in una famiglia sana, dove trasparenza, condivisione, cammino comune siano posti al centro del quotidiano, per cui, se vogliamo vivere il nucleo della ‘casa’, come detto nel documento di sintesi prima citato, sarà opportuno comunicare le entrate e le uscite, le fonti delle entrate e i capitoli di spesa. Si tratta di un passo ‘costoso’, forse, ma non solo simbolico, perché va a toccare la sostanza di molte scelte, siano essere da compiere nell’immediato, siano esse da valutare nel futuro prossimo.
Il ‘cantiere dell’ospitalità e della casa’ pone anche domande sulla corresponsabilità e sulle strutture, da preservare o da abbandonare: l’uomo solo al comando, anche della cassa, deve lasciare il posto alla comunità della casa, dove ci si ascolti, si dialoghi, di decida, si comunichi con coraggio e profezia. La fine dell’anno potrebbe essere un tempo propizio per questo passo di crescita comune. Ne guadagneremmo, probabilmente, in credibilità verso il mondo.

vinonuovo.it