Settimana di preghiera per l’unità cristiani 18–25 gennaio 2019 a Reggio Emilia

Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla – Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso

Settimana
di preghiera
per l’unità cristiani
18–25 gennaio 2019

“Cercate di essere veramente giusti” (Dt 16,18)

Giovedı̀ 17 gennaio 2019 ore 20.30 (Parr. Buon Pastore RE)
Giornata del dialogo cristiano ebraico
“Il Libro di Ester” introdotto da don Filippo Mainini
Musiche e danze ebraiche proposte da Paolo Versari

Sabato 19 gennaio ore 19.00 (chiesa del Cristo a RE)
Celebrazione dei VESPRI ortodossi
presieduta da P. Mihail Ciocirlan

Domenica 20 gennaio ore 16.30 (cripta Cattedrale a RE)
Celebrazione ecumenica del VESPRO
Partecipano:
don Giovanni Rossi, vicario Episcopale
P. Mykhaylo Khromyanchuk, della comunità greco-cattolica
P. Mihail Ciocirlan della comunità cristiana ortodossa rumena
P. Armya della comunità copta egiziana
P. Yuriy Dmytro della comunità ortodossa di san Zenone

Giro d’Italia che omaggia il campione italiano, esce un saggio in Francia sugli ebrei salvati da Gino Bartali il “Giusto”

Gino Bartali (1914-2000): durante l’occupazione nazista salvò centinaia di ebrei

Gino Bartali (1914-2000): durante l’occupazione nazista salvò centinaia di ebrei

Anticipiamo qui sopra stralci della prefazione dello scrittore francese Marek Halter – molto conosciuto anche in Italia per il suo appassionato lavoro di riscoperta e valorizzazione dell’identità ebraica – al libro appena uscito in Francia Un vélo contre la barbarie nazie. L’incroyable destin du champion Gino Bartali (Armand Colin, pagine 220, euro 17,90). Un volume scritto dal giornalista italiano Alberto Toscano che ricostruisce le gesta silenziose di Bartali per salvare gli ebrei anche a costo di essere fucilato. Un testo che – scrive Halter nella prefazione – «si legge come un’avventura» e racconta di come la bicicletta «sia riuscita a diventare il mezzo per un campione, uno sportivo adorato dagli italiani, di compiere un simile gesto di umanità».

Lo scrittore francese Marek Halter

Lo scrittore francese Marek Halter

Il Bene mi ha affascinato da sempre. Perché in un mondo in cui ciascuno è ripiegato su sé stesso, in cui l’impulso della morte prevale sull’impulso della vita, perché, quando il Male agiva a volto scoperto, all’epoca del nazismo, alcuni uomini, alcune donne, hanno rischiato la loro vita per salvarne altre? Perché? Perché loro e non gli altri? Perché noi, che ci battiamo per un po’ più di solidarietà tra gli uomini, per un po’ più di giustizia, abbiamo bisogno di riferimenti, di esempi, di piccole luci nelle tenebre. È il motivo per cui, più di vent’anni fa, sono partito alla ricerca di quei Giusti che, per permettere la sopravvivenza del mondo, il Talmud limita a trentasei e Pascal a quattromila. In Italia, dove agli inizi degli anni ’30 vivevano circa quarantasettemila ebrei, circa settemila furono deportati durante la Seconda Guerra mondiale. E gli altri? Furono risparmiati o salvati, nonostante il fascismo al potere. Da chi? In che modo? A Firenze, città di Leonardo da Vinci, Dante e Michelangelo, il grande storico dell’arte americano, specialista del rinascimento italiano, Bernard Berenson, ricercato dalla Gestapo, scrisse dalla sua Villa I Tatti dove viveva rinchiuso: «Persino un domenicano ebraista ha dovuto fuggire dal suo monastero per timore di essere arrestato e si è rifugiato qui con me». Berenson riferì inoltre che il cardinale di Firenze, Elia Dalla Costa, si dichiarò colpevole al posto di un sacerdote che il regime accusava di aver nascosto un ebreo. Fu seguendo la storia di quest’uomo sorprendente e buono, che si rifiutò di aprire le finestre del suo presbiterio il giorno della visita di Hitler a Firenze, che ho scoperto il nome del suo amico Gino Bartali. Cosa ci faceva questo campione del mondo di ciclismo, lo sportivo più amato d’Italia, nell’elenco dei sacerdoti che rischiarono la loro vita per salvarne altre? Ho cercato di contattarlo per chiederglielo. Senza riuscirci. Mi è stato detto che Gino Bartali non aveva niente da raccontare perché non aveva fatto niente di speciale. A parte pedalare e vincere corse ciclistiche. Il mio amico Alberto Toscano ha avuto miglior fortuna di me. Senz’altro è stato più perseverante. Il caso degli sportivi che si sono opposti al fascismo lo appassiona. L’atleta afroamericano Jesse Owens, ad esempio, che lanciò una sfida a Hitler, promotore della “razza superiore”, quella bianca ovviamente, vincendo le Olimpiadi di Berlino nel 1936. O ancora quelli che agirono da veri credenti e veri sportivi, come Gino Bartali, prendendo alla lettera le parole di Cristo «Bussate e vi sarà aperto». “Gino il Pio” sfruttando la sua bicicletta e la sua popolarità per far arrivare documenti falsi in diverse regioni italiane, ha di fatto aperto le porte della vita a quasi ottocento ebrei italiani.

da Avvenire

L’ebraismo dalla A alla Z

Teologo e docente nei licei Paul Petzel, giornalista e traduttore, nonché membro del comitato di redazione della rivistaStimmen der Zeit Norbert Reck, i due studiosi hanno commissionato a persone molto esperte del mondo giudaico – rabbini e studiosi della materia – lo studio di cinquanta parole chiave dell’ebraismo (a ognuna sono riservate due o tre pagine del testo). Il risultato del loro lavoro è stato discusso, rivisto, modificato, rifatto dagli stessi autori, dai redattori o da altri esperti. Il frutto finale raccolto nel volume va quindi attribuito a una molteplicità di “mani” che ne hanno arricchito enormemente il contenuto.

Lo studio di ogni voce (ad es. alleanza, circoncisione, croce, ebreo-giudeo, Gesù di Nazaret, grazia, ira di Dio, “Ma io vi dico” – Le antitesi, perdono, regole alimentari, Torah, vendetta, YHWH ecc.) viene articolato in una breve esposizione preliminare, a cui segue la discussione e l’indicazione di prospettive. Conclude l’articolo una stringata bibliografia, quasi tutta in lingua tedesca (vengono però indicate le opere tradotte in italiano). Alle pp. 137-138 sono elencati i nomi dei trentatré collaboratori, unitamente alla sede istituzionale di attività.

Il sottotitolo indica chiaramente lo scopo di questo volume. Delicato in tedesco (Da Abba a Ira di Dio. Illuminare gli errori – Comprendere il Giudaismo), è stato volutamente indurito in italiano, data l’importanza di una retta comprensione della religione ebraica e della pericolosità delle “pre-comprensioni” errate o incomplete esistenti nel mondo mediatico e culturale in genere, per non parlare degli stereotipi presenti a tutti i livelli della società, spesso digiuna della materia importante di cui si parla. Un libro utile, di veloce consultazione, sodo nei contenuti.

Paul Petzel – Norbert Reck (a cura), L’ebraismo dalla A alla Z. Parole chiave per rimuovere errori e luoghi comuni. Edizione italiana a cura di Gianluca Montaldi (Religione e religioni s.n.), EDB, Bologna 2018, pp. 144, € 15,00. 9788810604731

in Settimana News

Giornata della Memoria 2016: dalla Shoah un seme di speranza

Alberto Mieli è uno degli ultimi deportati romani nei campi di sterminio nazisti ancora in vita. È un bisnonno che ama la sua famiglia e ne è teneramente riamato. Con il trascorrere del tempo è riuscito a superare il comprensibile rifiuto di parlare degli indicibili orrori vissuti negli anni della sua giovinezza, e ha capito che raccontare il suo passato diventava una medicina per la sua anima e un dono prezioso per gli altri, in particolare per le nuove generazioni, che hanno tanto bisogno di “memoria” per costruire il futuro.

Aiutato dalla buona penna dell’affezionata nipote Ester ci conduce così con semplicità attraverso i ricordi della sua vita, dall’infanzia serena, all’esclusione dalla scuola perché ebreo, al graduale peggioramento delle condizioni di vita della sua famiglia e al deteriorarsi dei rapporti sociali in conseguenza delle leggi ‘razziste’ del fascismo.Eravamo ebrei, questa era la nostra unica colpa. La concretezza delle esperienze della vita quotidiana aiuta – forse meglio di studi dotti e documentati – a capire quale terribile ingiustizia e offesa alla dignità delle persone si stesse consumando in Italia e in Europa con l’ascesa delle ideologie razziste e totalitarie. Un crescendo che alla fine esplode nell’abominio delle deportazioni e dei campi di sterminio, dove la dignità delle persone veniva distrutta sistematicamente e brutalmente ancor prima della distruzione della loro vita fisica. Anche questo viene raccontato con le circostanze e gli episodi della vita quotidiana nei campi e con i sentimenti che li accompagnano.

Come è stato possibile tutto ciò? Ma il racconto suscita spontaneamente anche un’altra domanda. Come è stato possibile che un giovane sia riuscito a sopravvivere a una vicenda così terribile e densa di orrori disumani? Alle torture e alle sofferenze fisiche, ma anche a quelle morali e spirituali? E come è possibile che ci presenti oggi una memoria che è allo stesso tempo terribile nel suo semplice realismo, ma anche del tutto priva di sentimenti di odio e di vendetta? Anche il racconto finale della vicenda di due giovani olandesi incontrati nel campo di sterminio, che dopo la guerra identificano un criminale nazista e lo denunciano alla giustizia, ma rinunciano a vendicarsi sui suoi figli, è come un’appendice e un’integrazione al racconto personale di Mieli, che si iscrive bene in questa logica delle ricerca della ricostruzione di un mondo umano, non più dominato dall’odio.

Certamente, come dice il titolo stesso – “Eravamo ebrei…” – le leggi razziste, la persecuzione e lo sterminio degli ebrei sono un filo conduttore essenziale del racconto; ma esso abbraccia con piena umana comprensione e compassione anche i compagni di sofferenza che ebrei non sono, come i giovani ungheresi fuggitivi che vengono impiccati o il prete cattolico belga che viene immobilizzato in forma di crocifisso e ucciso con la stessa croce di legno che si era costruito per pregare… Insomma è l’umanità comune che viene calpestata, uccisa e distrutta dalla follia dell’odio. In questo senso il racconto di Mieli mi pare straordinario – posso dire “miracoloso”? – e mi pare un dono preziosissimo di sapienza e di speranza per il nostro tempo.

E certamente Alberto Mieli è un privilegiato per aver potuto percorrere tutto l’arco di una lunga vita in cui ha vissuto la prima esperienza della gioia, poi l’addensarsi delle nubi dell’odio, fino alla tragedia dell’imperversare più assurdo del male, ma poi soprattutto per aver potuto ancora vivere il ritorno alla vita e all’amore. Così la memoria dell’orrore dell’antisemitismo, dell’odio razziale, delle innumerevoli vittime della Shoah, della violazione totale della dignità delle persone, entra profondamente nel nostro cuore, come monito da non dimenticare proprio per aiutarci a continuare a costruire insieme un mondo di rispetto reciproco, di dialogo, di rispetto e di pace.

Auschwitz raccontato dalla nipote. Il libro di Alberto Mieli ed Ester Mieli, ‘Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa’ (Marsilio, pagine 126, euro 15,50) è la biografia di Alberto scritta da sua nipote Ester. Alberto, oggi novantenne, è uno dei pochi ebrei italiani deportati dai nazisti a essere ancora in vita. A 16 anni venne portato ad Auschwitz. Un libro testimonianza ricco di racconti inediti, che ha la prefazione di padre Federico Lombardi (che pubblichiamo per intero) e la postfazione del rabbino capo Riccardo Di Segni. È stato presentato ieri sera al museo Maxxi di Roma con gli interventi, oltre che del rabbino Di Segni, dell’ex ministro Mara Carfagna, di Roberto Giachetti e Riccardo Pacifici.

Avvenire