Libro Narrativa Italiana: La costanza è un’eccezione di Alessia Gazzola

Descrizione
Dalla creatrice dell’Allieva una nuova, travolgente avventura per Costanza Macallè e un mistero da risolvere risalente alla Venezia di fine Seicento.

Facciamo il punto. Costanza, dopo la laurea in medicina, è stata costretta a lasciare la sua amata e luminosa Sicilia per trasferirsi nel freddo e malinconico Nord. A tenere in caldo i cuori, però, ci pensa Marco, incantevole padre della sua incantevole Flora che Costy, non senza qualche incertezza, ha deciso di portare nella vita della figlia. Dopo varie tribolazioni, Marco ha praticamente lasciato la storica (e decisamente perfetta) fidanzata all’altare. Costanza (seppur decisamente imperfetta) credeva che l’avesse fatto per lei, ma non ne è più così sicura considerato che Marco prende tempo e si comporta in modo piuttosto ambiguo. Come sempre, però, nella vita di Costanza non c’è spazio per la riflessione: lei è una madre lavoratrice e precaria che al momento si sta autoconvincendo di aver compiuto la scelta giusta decidendo di lasciare l’Istituto di Paleopatologia di Verona per un impiego da anatomopatologa a Venezia. Come se la situazione non fosse abbastanza complicata, gli ex colleghi la richiamano per un incarico dal lauto compenso: l’ultima discendente di un’antica famiglia veneziana, gli Almazàn, desidera scoperchiare le tombe dei suoi antenati per scoprire cosa c’è di vero nelle dicerie calunniose che da secoli ammantano di mistero il casato. Costanza non vorrebbe accettare, ma questa storia a tinte fosche solletica la sua curiosità… e poi scopre che nell’operazione è coinvolto anche Marco. Che il cantiere possa rappresentare un’occasione d’oro per trovare un equilibrio vita-lavoro? O, per meglio dire: che il cantiere possa rappresentare un’occasione d’oro per cercare di capire cosa c’è davvero tra lei e Marco? Con coraggio, determinazione e tanta, tanta costanza, questa eroina dai capelli rossi affronterà nuove sfide, svelerà antiche trame mentre proverà a comprendere il suo cuore.

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FILOSOFIA Vico più attuale di Hobbes per ritrovare la “polis”

Due volumi analizzano il pensiero politico degli autori e le sue ricadute nel Novecento. Dall’inglese sono venuti i nazionalismi, i totalitarismi e l’idea di guerra di tutti contro tutti. Mentre il napoletano invita a riscoprire l’eredità religiosa

di GIUSEPPE BONVEGNA

Parlare del pensiero politico di Thomas Hobbes potrebbe sembrare quasi scontato oggi, quando l’Europa si trova di nuovo in guerra per la prima volta dai tempi della fine della Seconda Guerra Mondiale: dato che Hobbes è stato il pensatore moderno che ha teorizzato la guerra di tutti contro tutti come aspetto costitutivo della natura umana e l’autorità politica come finalizzata esclusivamente a evitare la guerra e a garantire la pace.

Eppure, il lavoro su >> Hobbes nel Novecento, mandato in stampa quest’anno dall’Istituto per gli studi filosofici di Napoli (a cura di Guido Frilli, pagine 247, euro 23,00), acquista un suo peso specifico se messo a confronto con un’altra operazione simile che Mimesis ha voluto dedicare a un altro autore moderno, successivo a Hobbes, che riveste anche lui un’importanza capitale per la nostra coscienza politica: Giambattista Vico.

Quello che infatti Hobbes, alla metà del Seicento, aveva pensato riguardo alla natura umana e all’autorità politica sarebbe stato solo in minima in parte ripetuto da Vico un secolo dopo, in pieno illuminismo: la natura umana, per Vico, è anche polemos, ma soprattutto polis raggiungibile però, a differenza della città hobbesiana e illuminista, non solo (e non tanto) con mezzi umani ( >>> Polis e polemos. Giambattista Vico e il pensiero politico, a cura di Gennaro Maria Barbuto e Giovanni Scarpato, pagine 360, euro 28,00).

 

Il pensatore napoletano opponeva a Hobbes (e a Cartesio) una visione premoderna «lontana dai sogni sull’età dell’oro e dai vagheggiamenti utopistici» del pensatore inglese che di lì a pochi anni si sarebbero ritrovati e perfezionati in Jean-Jacques Rousseau. Convinto che l’ordine del mondo non derivasse dalla coscienza umana, ma andasse cercato attraverso una Scienza Nuova che individuasse un’altra origine, Vico aveva incontrato la tradizione religiosa, sulla base della quale «il bestione errante » cominciò a uscire dal caos, dando avvio alla storia intesa come Provvidenza: vale a dire cammino non sempre consapevole (ma chiaro nella propria finalità) attraverso il quale l’umanità si protende alla conservazione della vita attraverso il recupero delle Forme ideali nel tempo.

La polis è il momento in cui si realizza la sintesi tra ideale e temporale e Vico, per questo, fu l’iniziatore della filosofia della prassi all’interno del pensiero moderno. Egli intendeva tuttavia la prassi come il tentativo non di rivoluzionare il mondo a partire da un’idea della mente, ma di recuperare un ideale trascendente che non ci appartiene e la cui ricerca dà inevitabilmente luogo a una crisi del pensiero: proprio quando l’ideale sembra essere raggiunto, esso non si lascia catturare e quindi un ciclo della storia si conclude, come se l’umanità, non avendo più ragioni per continuare a perfezionarsi, senta il bisogno di tornare all’immaginazione per salvarsi da quella ‘barbarie della riflessione’ che è l’eccesso di riflessività.

Per questo sguardo rivolto più all’indietro che in avanti, Vico restava una voce inascoltata nell’epoca dell’illuminismo. I filosofi dell’Encyclopédie avrebbero invece fatto della negazione hobbesiana di Dio in nome del pensiero astratto la base di quel progressismo concretizzatosi prima nella Rivoluzione francese e nel nazionalismo ottocentesco e poi nelle rivoluzioni politiche del Novecento (nazionalsocialismo, fascismo e comunismo): le quali si sarebbero presto sviluppate in regimi totalitari, mutuando dal nazionalismo, come ha messo in luce Hannah Arendt nelle Origini del totalitarismo (1951), aspetti importanti come l’antisemitismo. Ma voce, quella di Vico, forse ancora più attuale, rispetto alla hobbesiana, nel nostro tempo: mentre infatti ‘non possiamo non dirci hobbesiani’, perché domina ancora il Leviatano di Hobbes nella prospettiva nazionalista, rivoluzionaria e totalitaria in forme che si estendono (a diversa intensità) dall’Atlantico al Mar Cinese (passando per gli Urali) e che contemplano tutte la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali, non è inutile riscoprire i fondamenti di un mondo diverso e che abbiamo perduto.

Almeno per incamminarsi, dopo il disincanto weberiano del mondo e la conseguente definizione dello Stato come comunità di uomini che pretende ‘il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica’, verso un salutare re-incanto che possa includere, vichianamente, anche un recupero della tradizione religiosa e del suo rapporto con una polis non totalitaria.

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Notizie attualità 26 Agosto 2022



Voglia di normalità e spettacoli live, cultura attrae turismo

L’estate 2022 segna un ritorno alla normalità per le attività culturali dal vivo e per la relativa spesa.

Voglia di normalità che è ormai nei fatti e che genera un’inversione di tendenza anche se ancora parzialmente condizionata dal Covid. La spesa media per beni e consumi culturali estivi sarà di 125 euro a persona.

A crescere in misura particolarmente significativa rispetto a giugno è la visita a mostre, musei e siti archeologici (+14%), l’andare al cinema (+13%) e al teatro (+5%), la partecipazione agli eventi dal vivo, soprattutto spettacoli all’aperto (+7%), concerti e festival culturali (+6%).
    Sono alcuni dei risultati che emergono dall’Osservatorio di Impresa Cultura Italia Confcommercio, in collaborazione con Swg, sui consumi culturali degli italiani.
    In crescita anche la lettura di libri sia in cartaceo (+6%) che in digitale (+2%). Il 45% degli intervistati fruirà dell’offerta culturale estiva nella propria città anche se meno ricca di eventi rispetto al periodo pre-pandemico.
    Si conferma che le iniziative culturali sono un importante attrattore nelle località turistiche: il 68% degli intervistati che andranno in vacanza parteciperà ad attività culturali nelle località di villeggiatura con una spesa media pro capite di 95 euro. Gli eventi più attrattivi per i turisti sono quelli enogastronomici, seguiti dalle visite a musei e siti archeologici, concerti e festival culturali. In generale, un’ampia platea di turisti guarda con attenzione all’offerta culturale durante le vacanze e soggiorna in luoghi dove sa di trovare iniziative culturali interessanti.
    Per il Presidente di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, Carlo Fontana, “i segnali positivi sui consumi culturali estivi e la ritrovata normalità per gli eventi dal vivo sono un’ottima notizia. Ci sono, dunque, i presupposti perchè questa tendenza positiva si confermi e si rafforzi anche nei prossimi mesi. Per questo, ora più che mai, servono misure mirate ed efficaci che spingano la ripresa dei consumi e gli investimenti nel settore”.
    (ANSA).



Cultura. Al Meeting di Rimini vanno in scena le mostre, per incontrare la realtà

Un cartellone particolarmente ricco: dai 100 anni di don Giussani al magistrato Rosario Livatino, dall’organizzazione Memorial all’opera di Fernando Pessoa
Un’immagine della mostra su Gilbert Keith Chesterton

Un’immagine della mostra su Gilbert Keith Chesterton – Meeting di Rimini

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Le mostre sono gli eventi più gettonati dal pubblico del Meeting. In passato – se si eccettua l’edizione 2020, svolta quasi interamente in modalità online a causa dell’emergenza Covid – sono state registrate oltre 150mila prenotazioni nell’arco di una settimana, dato molto superiore a quelli registrati negli eventi che si svolgono in Italia. Gli argomenti scelti hanno a che fare con gli ambiti più diversi, ma c’è un “quid”, una modalità di presentarli che aiuta a capire il motivo di questo successo: cosa c’entro io? cosa comunica a me il protagonista della mostra?

«Temi e personaggi hanno un legame con le grandi domande che abitano il cuore dell’uomo e quindi risultano sempre attuali al di là dell’epoca in cui si collocano – spiega Alessandra Vitez, responsabile delle esposizioni –. Si cerca di comunicare cosa nasce nei curatori delle mostre dall’incontro con un autore o con un evento, e di favorire un paragone con il vissuto del visitatore. Non si propongono soluzioni costruite a tavolino rispetto a certe tematiche (l’ambiente, le migrazioni, le sfide della bioetica, l’educazione), quanto un’ipotesi di cammino che ciascuno possa verificare. In tutto questo, il maestro che ci guida è la realtà. La disponibilità a starle davanti senza schemi precostituiti aiuta a scoprire molti più aspetti di quelli ipotizzati e così cresce il cammino di conoscenza delle cose e dell’umano».

Le mostre di quest’anno (ingresso gratuito con prenotazione tramite l’app Meeting Rimini) muovono da questa logica, a partire da quella dedicata al centenario della nascita di don Giussani che propone un’immersione nella sua figura e una nutrita galleria di testimonianze rese da chi lo ha conosciuto o da chi è stato conquistato dal suo carisma (vedere intervista a Prosperi a pagina…).
In occasione dei quarant’anni dalla fondazione, l’associazione Famiglie per l’accoglienza ha proposto a 14 artisti di esprimere con un’opera ciò che ha mosso la loro creatività dopo avere conosciuto padri e madri che vivono la dimensione della gratuità praticando l’adozione, l’affido e altre forme di ospitalità. Su una grande piazza si affacciano le stanze che ospitano quadri, sculture, fotografie, video, realizzate per l’occasione e che documentano il “contraccolpo” suscitato negli artisti.

Un’esperienza di immersione viene proposta anche a chi visita la mostra “Sub tutela Dei” dedicata al magistrato Rosario Livatino ucciso dalla mafia nel 1990 e beatificato l’anno scorso, dove sono presentate anche testimonianze di ex mafiosi che, colpiti dalla sua figura e dalla fede che lo animava, hanno avviato un percorso di conversione. Un altro esempio di testimonianza “contagiosa” viene da “Nulla sarebbe stato possibile senza di lei”, esposizione dedicata ad Armida Barelli, una delle protagoniste della nascita dell’Università Cattolica che ha segnato la prima metà del Novecento con la sua volontà di rafforzare la fede e la presenza cattolica in Italia, promuovendo iniziative laicali senza distinzione di ceto e dando un contributo fondamentale all’emancipazione delle donne.

La “passione per l’uomo” proposta dal titolo del Meeting 2022 è documentata in termini molto coinvolgenti nella mostra “Uomini, nonostante tutto” con testimonianze e documenti su Memorial, la prima organizzazione indipendente fondata nel 1989 da Sacharov per custodire la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e liquidata dalle autorità russe nel 2021. Vengono presentate lettere che i padri scrivevano alle famiglie dai lager e piccoli oggetti (ricami, disegni, pupazzetti) che le madri nei lager confezionavano per i figli per mantenere vivo un legame che a causa del passare degli anni e della propaganda di regime sembrava destinato a spezzarsi. Emergono storie di dolore e di verità e la resistenza di chi non rinuncia all’anelito di libertà anche in condizioni proibitive.

L’arte è da sempre presente nel cartellone del Meeting: quest’anno vengono presentati sei artisti del Novecento e il fotografo Gus Powell, una mostra è dedicata ai tesori di Ascoli e una alla vita e alle opere di Gino Severini. Un gruppo di studenti universitari portoghesi guiderà all’incontro con lo scrittore Fernando Pessoa, figura complessa ed enigmatica. Oltre alle opere firmate in prima persona, ha scritto usando decine di eteronimi: veri e proprio “alter ego” inventati da lui, ognuno con una sua personalità e un suo stile letterario. Un caso unico nella letteratura mondiale, e un “compagno di cammino” nel tentativo di approfondire una delle sfide più attuali: la tensione tra la frammentazione dell’io e della società e il desidero di unità, di compiutezza, che pure continuiamo a vivere.

In oculis facta” indaga il ruolo che le immagini ricoprono nella conoscenza scientifica. L’esigenza di rappresentare la natura precede di gran lunga la scienza moderna; nonostante la diversità abissale che le caratterizza, forse esiste un legame nascosto fra i dipinti rupestri dell’uomo primitivo e le recenti spettacolari immagini offerte dai telescopi più potenti: da dove nasce questa nostra esigenza di raffigurare il mondo che ci circonda?

Alle esplorazioni di Giovannino Guareschi sulla Via Emilia è dedicata “Route 77, tre anni dopo”, mentre “Costruire sempre” propone l’incontro con don Emilio de Roja, prete friulano protagonista di un’affascinante avventura educativa con i ragazzi difficili. Infine, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, un percorso espositivo dedicato alle sfide della sicurezza alimentare.

LA STORIA / L’Aida sontuosa dei Colla Marionette con l’anima

Non sempre “testa di legno” è un’accezione negativa. Quando si parla di marionette, infatti (i fantocci a corpo intero azionati attraverso dei fili di refe, da non confondere con i burattini che invece sono figurine a mezzo busto animati da una mano), ci si riferisce a una forma di spettacolo intelligente che ci riporta ai tempi dell’infanzia e all’amato Pinocchio.

Questi “attori di cirmolo” (ma possono essere anche di tiglio o nocciolo) sul palcoscenico sono in grado di “interpretare” ogni genere teatrale, dalla commedia dell’arte ai classici greci, dalle fiabe al musical e persino il complicato melodramma, dove si recita, si canta e si balla. Ma la bravura delle marionette dipende da chi manovra i nove sottilissimi fili attaccati ai loro arti e alla testa e gli presta la voce dando così un preciso carattere al personaggio. La scrittura dei copioni, i costumi e le scenografie fanno il resto del successo. E a differenza degli attori in carne ed ossa, le marionette quando vengono “messe in gioco” non deludono mai gli spettatori perché ne stimolano la fantasia: le tecniche di manipolazione usate per animarli, infatti, riescono a riprodurre sia i gesti più impercettibili sia quelli più eclatanti, come salti, piroette e voli in aria, come si deve a un filone teatrale improntato alla parodia.

Una delle più grandi e antiche compagnie marionettistiche, attiva da più di due secoli, è la milanese “Carlo Colla & Figli” che ha messo in scena, nei teatri di ogni angolo del mondo, oltre trecento titoli divertendo grandi e piccini: I promessi sposi, Cenerentola, Il gatto con gli stivali, La Tempesta di Shakespeare (nella traduzione di Eduardo), Cristoforo Colombo, L’orfanella delle stelle, per citare solo alcuni tra quelli che hanno divertito di più il pubblico. Ma nel vasto repertorio ci sono anche i classici di Goldoni e Moliére, le fiabe di Perrault e, specialità, opere liriche di Giuseppe Verdi e Gioacchino Rossini. Gli eredi del fondatore Giovanbattista Colla, un ricco commerciante meneghino che ricavò un teatrino in una sala del suo palazzo dietro al Duomo, hanno saputo rinnovare ad ogni spettacolo la tradizione di famiglia. Ed oggi, grazie a loro, si può parlare di marionette moderne, con spettacoli dove sono entrate scenografiche raffinate ed effetti speciali, da colossal cinematografico. Un apporto decisivo alle innovazioni è stato quello di Eugenio Monti Colla, storico direttore artistico della compagnia e regista di quasi tutti gli spettacoli allestiti finora. Nella sede milanese dei Colla, in via Montegani, c’è l’atelier nato nel 1994 e gestito dall’Associzione Grupporiani che si occupa di produzione e distribuzione, con decine di ‘Geppetti’ al lavoro per scolpire blocchi di legno che, assemblati fra loro, avranno fattezze sempre perfette (le marionette devono mostrare le caratteristiche somatiche e fisiche dei personaggi che rappresentano). Qui, esperti artigiani realizzano e restaurano anche scenografie e costumi dalle stoffe leggere da modellare sui corpi di legno. E sempre qui viene custodito l’archivio storico della Compagnia: 30mila pezzi tra pupazzi, abiti di scena, sculture, trucchi e parrucchi, attrezzeria, materiali utilizzati nei più importanti allestimenti e i libri mastri degli spettacoli.

La tradizione dei Colla trova le sue radici nell’antichissima arte che ci è stata tramandata in scritti di Aristotele, Platone, Erodoto, Apuleio dove si parla di bambole con arti mobili usate per rappresentare le loro commedie. Il più recente nome di marionetta deriverebbe invece dalla festa delle “piccole Marie di legno”, dette “mariette” a Venezia nel X secolo. Ma è nella secondo metà del Cinquecento che si afferma questa forma di spettacolo, con l’istituzione del primo teatro italiano del genere a Londra. E con la commedia dell’arte le marionette si diffondono soprattutto nel Nord Italia diventando sempre più popolari (mentre al Sud c’è l’opera dei pupi, incentrata sull’epopea cavalleresca). Il padre di Carlo Goldoni nel suo teatrino veneziano di San Tomà allestì anche uno spettacolo di marionette per il quale il figliolo, a soli otto anni, scrisse la sua prima commedia. Nel 1850 Milano e Torino vantano già teatri stabili dedicati esclusivamente alle marionette: il Gerolamo e il Gianduia che presero i nomi da maschere locali. Fiorirono ovunque le compagnie: nel capoluogo lombardo la famiglia Colla diventa celebre per le storie di Gerolamo della Crina, buffo personaggio di legno che darà il nome alla sala che si trova in piazza Beccaria, una bomboniera ottocentesca detta “La piccola Scala”. Nel 1993 i Colla entusiasmarono il raffinato pubblico del Festival dei Due Mondi di Spoleto diretto da Giancarlo Menotti con l’opera musicale Dalla terra alla luna, trama fiabesca, scene sontuose ed effetti speciali meccanici. Il melodramma è uno dei cavalli di battaglia della Compagnia milanese, in particolare quello verdiano che meglio si presta a rappresentare i canoni “romantici” del teatro delle marionette con le figure dell’eroe, del malvagio suo antagonista e della bella contesa tra i due (come accade nei pupi siciliani con le storie ispirate alla letteratura epica di origine medievale). Ed ecco allora, nel rispetto della tradizione, che fino al 3 luglio, il Piccolo Teatro di Milano ospita Aida, nell’edizione originale diretta da Eugenio Monti Colla. Lo spettacolo comprende parti cantate e parti recitate. Inoltre, stravolgendo l’opera verdiana, a causa della pressante richiesta del pubblico che affollava il Teatro Gerolamo alla prima rappresentazione, il finale prevede il crollo del tempio e la fuga di Radames e Aida verso le sognate “foreste imbalsamate”. Duecento figure sono animate da 13 marionettisti e 5 voci recitanti, le musiche registrate sono quelle dell’orchestra della Scala diretta da Arturo Toscanini nel 1949. Uno spettacolo da non perdere.

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Piccolo di Milano: dietro le quinte della compagnia milanese attiva da più di due secoli in cui, in tutto il mondo, ha messo in scena oltre 300 titoli, divertendo grandi e piccini. Fino al 3 luglio le repliche dell’opera di Verdi con le musiche registrate dell’orchestra della Scala diretta da Toscanini nel 1949

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