Esce finalmente anche nelle sale italiane, prodotto da una piccola etichetta, “Cristiada”, film epico sulla rivoluzione dei “Cristeros”

Esce finalmente anche nelle sale italiane, prodotto da una piccola etichetta, “Cristiada”, film epico sulla rivoluzione dei “Cristeros”, un episodio della storia messicana poco noto in Italia, ma che ha ispirato grandi scrittori, primo tra tutti l’indimenticabile Graham Greene de “Il potere e la Gloria” (che non racconta le vicende della guerra cristera direttamente, ma si colloca nel periodo immediatamente successivo).

Il film racconta una delle pagine più sanguinose ed al tempo stesso gloriose della storia della Chiesa: la persecuzione anticristiana scatenata in Messico dal presidente Plutarco Elias Calles tra il 1926 e il 1929 (proseguita tra alterne vicende in maniera strisciante fino al 1938) che si risolse in un vero bagno di sangue in cui si mescolarono storie di straordinaria santità ad altre di crudeltà efferata.

Eppure si farebbe un pessimo servizio a “Cristiada” presentandolo come un film confessionale, non lo è affatto.

Il film ad esempio non tace sul fatto che le motivazioni degli aderenti alla rivolta dei Cristeros non furono sempre limpidissime, c’erano infatti tra loro anche famigerati banditi, e a volte furono compiute violenze ingiustificabili, come l’eccidio del treno.

Anche il protagonista del film è il laicissimo generale Gorostieta che aderisce alla rivolta per due umanissime ragioni: l’amore per la moglie cattolica e l’amore per la libertà, come spiega in una memorabile scena del film, quando la moglie gli dice: “non puoi combattere per qualcosa in cui non credi” e lui risponde “Io credo nella libertà di culto. E credo in te”.

Il film è uno straordinario contenitore di storie umane, come quella del prete interpretato da Peter O’Toole in un cameo da antologia del cinema, che viene fucilato all’inizio del film e dice “anche se fossi più giovane non prenderei le armi” e dell’altro sacerdote che lascia la tonaca per diventare generale dell’esercito rivoluzionario, perde la testa diventando responsabile del massacro del treno e si riscatta alla fine riuscendo a confessarsi prima di morire. Oppure come la storia del generale Gorostieta stesso, laico e scettico eppure che si lascia interrogare sinceramente dal coraggio e dalla fede dei Cristeros o del bandito Quatorze che non crede in Dio, ma sa riconoscere il valore e il coraggio e quindi si unisce alla causa dei rivoluzionari. Come quella soprattutto del piccolo Jose, martire a soli tredici anni, che muore sussurrando “Viva Cristo Rey” e commuove il pubblico fino alle lacrime.

Sono tutte storie vere, documentate da centinaia di testimonianze e raccontate nel processo di beatificazione di ben venticinque martiri e questa è indubbiamente la forza di questo film, che racconta, con obbiettività quasi documentaria e al tempo stesso avvalendosi di interpreti da Oscar (come il già citato Peter O’Toole, Andy Garcia e Eva Longoria) e di una regia sapiente, una pagina di storia straordinaria.

Per me, prete, il film mi pone di fronte ad una riflessione sulla forza del martirio, il “caso serio” di cui parlava Von Balthasar. Mi dice che la sola cosa che può scuotere un mondo sonnolento e disperato è la testimonianza del sangue, mi interroga sulla verità della mia fede, sulla mia disponibilità a dare tutto.

Per tutti, cristiani e non, è un appello straordinario alla libertà, un memento formidabile per dire che la libertà religiosa è il fondamento di ogni altra libertà, che se in una società si vieta di pronunciare il nome di Dio allora il primo a cadere è il nome dell’uomo.

Insomma da vedere assolutamente. Per informazioni collegatevi al sito della produzione, perché essendo prodotto da una etichetta indipendente c’è da prevedere che non rimarrà nella sale a lungo (a Roma uscirà il 12 Dicembre).

vinonuovo.it