GOVERNO SU FILO DELLA CRISI. CONTE, AVANTI SE CON DIGNITÀ

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SUBBUGLIO 5S. LEGA PUNTA su BALLOTTAGGI PRIMA DI APRIRE CRISI Il premier Giuseppe Conte lima il discorso agli italiani che pronuncerà oggi pomeriggio dopo ore di silenzio per evitare il baratro della crisi. Responsabilità e dignità saranno due parole chiave. Salvini, deciso a usare la forza del suo 34% alle Europee, punta sui ballottaggi per valutare se far saltare il banco. Di Maio, dopo la sconfitta elettorale, cerca di ricompattare il Movimento. 

CROLLA LA PRODUZIONE INDUSTRIALE, ALLARME RECESSIONE IN UE

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SALVINI, CRISI? ITALIA PREPARATA. DI MAIO, UN BOOM DIGITALE Crolla la produzione industriale a novembre in Italia, -1,6% su ottobre e -2,6% su novembre 2017. Profondo rosso per il settore auto che segna -19,5% sull’anno e -8,6% sul mese. L’Istat stima che la fase di debolezza dell’economia prosegua. I dati negativi della produzione anche negli altri principali paesi Ue lasciano presagire una possibile recessione in tutta Europa, mentre anche negli Usa il rischio recessione sale al massimo degli ultimi sei anni. ‘Crisi? Faremo il contrario dei governi del Pd, che avevano una situazione economica positiva e hanno tagliato; noi, in una situazione internazionale negativa, mettiamo più soldi nelle tasche degli italiani, è l’unica cosa intelligente da fare’, dice Salvini. Mentre Di Maio parla di un ‘nuovo boom economico da anni ’60’ a partire dalle autostrade digitali.

Giona e le coppie in crisi

Scalabrini, Zattoni, Gillini, Giona, alzati e va' a Ninive

Un volumetto veramente delizioso. Il biblista bergamasco introduce e commenta con acribia esegetica e narratologica mai pesante il libretto del profeta Giona, la “colomba” ribelle.

Giona non è solo una favola satirica rivolta contro il particolarismo nazionalista postesilico di Esdra e Neemia che giunge a imporre la rottura dei matrimoni misti già in atto, mostrando invece un Dio universalista.

Non è che Giona fugga dalla sua vocazione. Fugge dal presentimento che il suo Dio non manterrà la sua dura parola di ammonimento e di giusta punizione per Ninive, la capitale dei nemici di sempre di Israele, famosi per la loro efferata crudeltà e dura oppressione delle popolazioni sconfitte.

Giona intraprende un cammino inverso a quello comandatogli, con una fuga in orizzontale e un nascondimento verticale che lo porta a Giaffa, nella nave, nella sua sentina, nell’abisso, nel ventre del pesce (femminile). Prega un salmo di ringraziamento per una salvezza già avvertita come avvenuta, “rinasce” dal grembo del pesce (femminile), predica il duro ammonimento di YHWH a Ninive e si apposta da lontano per vedere il finale della vicenda.

Giona si sdegna perché YHWH si pente del male promesso, dei quaranta giorni che sono diventati un tempo sufficiente ai niniviti a convertirsi. Si arrabbia ancora di più per il libero dono del ricino, pura grazia di Dio, velocissimo, “superfluo” in un certo senso, data l’ombra già da lui steso procurata con la costruzione dal capanna. “Anche questa ci mancava”, si dice in famiglia…

Giona si sdegna della grazia, non apprezza la grazia, il gratuito di YHWH. E YHWH non dovrebbe aver compassione di uomini e animali che hanno iniziato a convertirsi dalla violenza che è nelle loro mani e che non hanno una coscienza illuminata, non distinguendo la destra dalla sinistra?

Uscendo dal mio campo abituale dell’esegesi, ancora più mi ha avvinto la rilettura di Giona fatta dalla coppia di pedagogisti e di consulenti per la famiglia.

Una lettura contestuale fa apparire il parallelismo tra Giona e la vita della coppia (sui quali non avevo mai lavorato). Giona è il libro della fedeltà, metafora della storia coniugale.

Servendosi anche di una storia vera di separazione (Simona e Federico), Zattoni e Gillini seguono i meandri nei quali la coppia può esser avvinta dal proprio male che li porta a venir meno al patto di alleanza, a recriminazioni acide e a rimproveri rancorosi al partner.

Come Giona, la coppia deve alzarsi (qûm!: Gn1,1; 3,1), non essere succube della mancanza di speranza e andare a Ninive, il simbolo della società liquida di oggi, dalla cultura violenta e nichilista che combatte a spada tratta la stabilità dell’amore. La coppia deve evangelizzare le periferie, considerate nemiche e “perse” in partenza.

Giona fugge verso Tarsis, la sicurezza, la tranquillità piatta e falsamente serena. Se la coppia fugge lontano dal Signore, cercando la propria volontà e la realizzazione dei propri progetti, magari uno all’insaputa dell’altro, ci si trova presi da tempeste, da un vortice di attese non realizzate, da regressioni. La fedeltà si presenta come autoevidente, diventa libertà quale diritto all’autonomia e alla realizzazione delle esigenze e dei progetti personali prima di ogni altra cosa. Si diventa fedeli, disperatamente, solo a se stessi.

I “marinai” e il capitano” vogliono aiutare Giona, come tanti amici e coppie di pastorale familiare. Dio non provoca il male come punizione perché Giona apprenda la lezione. Dio è provvidenza amorosa che segue, ama, recupera, è gratuito nel suo fare.

Nella sua preghiera Giona rimane legato al suo Dio, che non lo lascia perdere. La preghiera è importante per recuperare il progetto comune della coppia. In essa due sono i co-piloti, e nessuno è comandante in seconda.

“Lo sapevo”, pensa Giona al vedere la grazia di YHWH, che “si pente” e ritorna sui suoi passi. In psicologia psico-dinamica “lo sapevo” è la “profezia che si autodetermina” tipica delle crisi matrimoniali. Come la regressione costituita del rinfacciare all’altro anche (in questo forse aiutati da amici e parenti): “ha sempre fatto così, fin da piccolo”.

Fare di ogni erba un fascio e avere sempre in tasca il metro di misura e della perfezione, impedisce che nella coppia e nella società si instauri un rapporto di grazia, di gratuità.

YHWH non vuole un’obbedienza cieca da parte di Giona, ma rispettala sua libertà e suo amore ferito per l’“esagerata” bontà del suo Dio, che mette in crisi il giusto e necessario rapporto di colpa e punizione che per Giona deve reggere sempre la società.

YHWH dona a Giona il dono “superfluo” del ricino (visto che l’ombra c’era già sufficiente), un “tocco di tenerezza”, per far capire che l’uomo non può fondarsi solo sulle proprie realizzazioni, ma può vivere solo in un regime di gratuito che lascia spazio all’amore più grande. Come reagirà Giona (e le coppie in crisi)? Il finale della novella è un finale aperto.

Dio cede all’amore, obbedisce all’amore. L’amore è più grande di Dio? Sembra. Ma Dio è amore! (1Gv 4,8).

Un bel libro, ottimo per un percorso biblico-esperienziale con fidanzati, sposi, coppie in difficoltà.

La bibliografia delle pp. 161-164 (distinta secondo i due contributi diversi raccolti nel libro) aiuta l’approfondimento del tema e degli strumenti per relazionarsi in modo coretto al “miracolo” della coppia e della famiglia, realtà delicata, fragile, ma bellissima quando lascia vivere il gratuito e la fantasia del dono.

Patrizio Rota ScalabriniMaria Teresa ZattoniGilberto Gillini,Giona, alzati e va’ a Ninive. Un comando che vale anche per gli sposi di oggi(Nuovi Saggi Queriniana 92), Queriniana, Brescia 2018, pp. 168, € 13,00.

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Crisi economica e nascite. Se la crisi lascia in eredità la «paura» del secondo figlio

Se la crisi lascia in eredità la «paura» del secondo figlio

La crisi economica ha giocato un ruolo determinante nel crollo delle nascite che interessa l’Italia. Per intuirlo non sono necessarie ricerche particolari. Tuttavia indagare a fondo come e perché le difficoltà hanno trasformato la composizione delle famiglie e le attese delle coppie può fornire indicazioni molto importanti. Un contributo in questo senso arriva da un ricerca fresca di pubblicazione che ha cercato di capire come mai tra il 2002 e il 2012, cioè nel decennio che va dal periodo precedente la crisi del 2007-2008 alle prime tre recessioni successive, molte madri hanno deciso di non avere un secondo figlio. Quello che emerge è abbastanza sorprendente: la crisi non ha aumentato le disuguaglianze, al contrario ha avvicinato le donne di diverse condizioni sociali nella rinuncia ad avere una famiglia numerosa.

L’insicurezza e la sfiducia, insomma, hanno livellato verso il basso l’universo delle madri, contagiando anche chi non ha sperimentato direttamente problemi economici.

La prospettiva del secondo figlio, come angolatura di analisi, ha un forte valore. Il calo delle nascite che affligge il nostro Paese quasi alla stregua di una malattia cronica si deve da un lato all’aumento del numero di donne in età riproduttiva che non diventano madri, percentuale che ha ormai superato il 20%, ma in parte maggiore è dovuto alla rinuncia ad avere il secondo e soprattutto il terzo figlio e oltre. Il calo della natalità è in sostanza un problema di fratelli che mancano, non solo di donne e uomini che non diventano genitori, anche se questo aspetto si sta comunque affermando sempre di più. La ricerca a cura di Francesca Fiori ed Elspeth Graham, dell’Università di St Andrews nel Regno Unito, e di Francesca Rinesi dell’Istat (goo.gl/eKyk4z) rivela proprio che in un decennio la percentuale di madri che esprimono l’intenzione di fermarsi al figlio unico è salita dal 21% al 25%.

Ma che cosa è cambiato negli anni della Grande Crisi? L’aspetto forse più importante da rilevare è il fatto che la rinuncia al secondo figlio non riguarda più solo una categoria specifica di donne che sperimenta una condizione particolare, si tratti di una difficoltà economica ovvero della decisione di puntare a una carriera importante: la percezione di insicurezza diffusa, di paura di andare incontro a problemi in futuro, ha come cancellato le differenze. Prima della crisi la ‘rinuncia’ a una famiglia numerosa, in termini di intenzioni, riguardava più le donne con bassa istruzione o chi aveva contratti a termine, o ancora le disoccupate; durante la crisi la probabilità di non volere un secondo figlio ha interessato sempre di più anche le donne con media o alta istruzione, con contratti di lavoro stabili, le casalinghe, e in particolar modo le ragazze più giovani. La motivazione economica è diventata rapidamente la ragione principale per dire no al secondo figlio (dal 16,7% al 25,8% dei casi), seguita dal fatto che si è raggiunto il limite di età (dal 14,1% al 18,8%), mentre l’idea di aver già soddisfatto i propri desideri riproduttivi è crollata significativamente di 7 punti (al 16%).

«Il risultato ci ha sorprese – spiega una delle ricercatrici, Francesca Fiori –. La rinuncia al secondo figlio per ragioni economiche non ha riguardato solo le madri in situazioni di disagio, ma anche quelle in condizioni migliori. Da un lato la situazione economica è peggiorata per tutte le famiglie giovani, dall’altro l’aumento della disoccupazione maschile ha probabilmente lasciato molte donne occupate nella condizione di unico percettore di reddito. Ma di sicuro la crisi ha agito anche a livello più intimo, aumentando l’incertezza e la sfiducia nel futuro. Spesso di fronte alle difficoltà la rinuncia a un figlio interessa proprio chi ha più da perdere, mentre chi è in condizione di svantaggio trova nella maternità un valore in più».

Le ragioni per essere ottimisti ci sono, soprattutto in una fase di ripresa. Se i problemi economici impattano sulla natalità, l’uscita dalla crisi può favorire una ripartenza delle nascite. La ricerca in effetti rileva un aumento delle madri di due o più bambini che esprimono il desiderio di avere altri figli, anche se questo sembra riguardare più le straniere. E in ogni caso il rischio può essere anche un altro: che l’abitudine all’insicurezza si sia sedimentata in maniera così forte da avere rivoluzionato comportamenti storici. Il tema dell’insicurezza come ragione della denatalità è più vischioso dei semplici motivi economici e più difficile da aggredire. La crisi della fiducia incide sui desideri e sulla progettualità, e questo aspetto, spiegano le ricercatrici, è più preoccupante di altri fattori legati alla rinuncia ad avere figli.

Le persone, soprattutto le generazioni più giovani, in questi anni hanno conosciuto un aumento significativo della disoccupazione e della precarietà del lavoro, oltre a un calo delle retribuzioni. L’insicurezza tuttavia è un concetto molto ampio, che non riguarda solo i più fragili. Una recente ricerca a cura di Chiara Ludovica Comolli (goo.gl/SkLrUQ), dell’Università di Stoccolma ha dimostrato come la tensione sugli spread vissuta dall’Italia tra il 2011 e il 2012 ha contribuito in modo importante a limare i tassi di natalità. D’altra parte si potrebbe pensare che in un Paese con un elevato debito pubblico come l’Italia, oggi al 130% del Pil, in mancanza di una seria strategia di stabilizzazione dei conti le famiglie possano avere atteggiamenti più prudenti in diversi ambiti, dai consumi alla famiglia.

Negli ultimi 40 anni l’Italia non ha mai conosciuto tassi di fecondità particolarmente alti, tuttavia le coppie hanno storicamente manifestato una preferenza netta per la famiglia con due figli. Ancora nel 2012 il 75% delle neo madri con un figlio esprimeva la volontà di avere almeno un altro bambino. Ma se il persistere dell’incertezza trasformasse in breve tempo la ‘regola dei due figli’ in una regola del figlio unico più subìta che voluta? Al momento non sembra essere così. «Non abbiamo indicazioni in questa direzione – spiega Francesca Fiori – in Italia la preferenza per la famiglia con due figli è dura da sovvertire. A differenza di altri Paesi da noi c’è una fetta ampia di desiderio non soddisfatto in fatto di dimensione della famiglia. Perché si mantenga vivo servono soprattutto misure di ampio respiro capaci di creare un contesto favorevole in tutto alle famiglie, dalle politiche per il lavoro ai servizi che favoriscono la conciliazione, dalle misure per ridurre le disuguaglianze a un welfare in grado di rispondere veramente ai bisogni dei genitori».

da Avvenire