Capodanno in piazza ma anche al museo, teatro, cinema

Capodanno © Ansa

Sarà un altro Capodanno eccezionalmente mite quello che sta per arrivare: come l’anno scorso, sarà caldo e anomalo a causa della persistenza di un intenso ed esteso anticiclone africano.

Ecco quindi tante belle idee per aspettare l’anno nuovo tra le feste e i concerti in giro per l’Italia:

A ROMA, al Circo Massimo ci saranno Elodie, San Giovanni, Franco126 e Madame.

A GENOVA piazza De Ferrari vedrà sul palco: Annalisa, Anna Tatangelo, Baby K, Patty Pravo, Rocco Hunt, Rovazzi, The Kolors.

E poi Big Boy, Blind, Erwin, Fausto Leali, Follya, Gemelli DiVersi, GionnyScandal, Ivana Spagna, Luigi Strangis, Mamacita, Riccardo Fogli, Riki e Roby Facchinetti.

A RICCIONE la fine del 2022 sarà accompagnata dal concerto in piazza con Arisa e gli Extraliscio, mentre a MATERA ci sarà Gigi D’Alessio.

A MANTOVA Mannarino si esibirà in Piazza Sordello, Vinicio Capossela è l’ospite della notte di San Silvestro in piazza Cesare Battisti a CORATO, in provincia di Bari.

A CAGLIARI sul palco di Largo Carlo Felice sabato 31 dicembre salirà Blanco, PADOVA festeggerà il Capodanno con una festa in musica dove il protagonista sarà Max Gazzè, Francesco Gabbani animerà il Capodanno di PALERMO, che si terrà a piazza Politeama, TORINO celebra l’arrivo del nuovo anno con una serata in piazza Castello: si esibiranno Subsonica, Willie Peyote, gli Eugenio in Via Di Gioia, Beba, Ginevra e Cantafinoadieci.

A SALERNO appuntamento con i Negramaro nello slargo che divide Palazzo Guerra e la sede della Prefettura; Max Pezzali e Lazza saranno i protagonisti di Cap d’Any 2022-2023, il Capodanno di ALGHERO.

Domenica primo gennaio Nicola Piovani si esibisce nella sala Petrassi dell’auditorium Parco della Musica di Roma, Tosca al teatro studio Gianni Borgna dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, l’Harlem Gospel Choir al Blue Note di Milano. Lunedì Claudio Baglioni suona al teatro Mario Apollonio di Varese. Martedì Elisa è al teatro Metropolitan di Catania con Dardust, Claudio Baglioni al teatro Sociale di Como, Enzo Avitabile e Peppe Servillo al Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore a Napoli. Mercoledì c’è l’Orchestra Filarmonica di Kharkiv al teatro Apollo di Lecce, mentre Il Pagante è al Cocorico di Riccione e Filippo Graziani al teatro Comunale Maria Caniglia di Sulmona (AQ).
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Annie Ernaux “Nei miei libri c’è tanto cinema italiano”

Premio Nobel a Festa Roma con docu nato da filmini famigliari

(ANSA) – ROMA, 22 OTT – Il cinema italiano “è fra quelli che mi hanno più segnato e ispirato.

Penso a film come il posto di Olmi di cui parlo nel mio libro L’evento.

Un altro film molto importante per me è stato La strada di Fellini, che ho visto da giovane. Mi sono resa subito conto di quanto il cinema italiano parlasse attraverso il realismo. Mi colpiva molto di più di quello francese che trovavo spesso troppo al di sopra delle cose che raccontava e troppo parlato”. Lo dice la scrittrice francese Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura 2022 alla Festa del Cinema di Roma, dove ha incontrato il pubblico dopo la presentazione di Annie Ernaux: I miei anni Super-8, documentario da lei realizzato insieme al figlio David Ernaux-Briot (con lei protagonista dell’incontro) che sarà distribuito prossimamente in Italia da I Wonder Pictures.
Un viaggio nel tempo attraverso i filmini famigliari senza voce in super 8, girati dagli Ernaux tra il 1972 e il 1981, che prendono vita nel testo sul filo dei ricordi scritto dall’autrice, anche voce narrante. Il legame tra cinema italiano e letteratura della scrittrice c’è anche per uno dei suoi romanzi più celebri, Gli anni: “Una fonte d’ispirazione è stata Ballando ballando di Scola. Dopo aver visto il film mi è venuta l’idea di scrivere un libro con quel tipo di racconto, ma mi serviva la formula giusta. La scelta è stata di utilizzare quello che avevo sentito dire durante la mia infanzia”.
Arrivano anche le domande del pubblico, fra le quali una su quale libro di un altro autore avrebbe voluto scrivere: “Avrei risposto facilmente 30 anni fa, oggi è più difficile. E’ come se invecchiando sentissi che il mio percorso sarebbe potuto essere solo in una direzione, un po’ come in quel libro di Kafka (il processo, ndr) dove si apre per uno dei personaggi una porta destinata solo a lui. Tra i libri che ho ammirato di più ad esempio c’è Le cose di Georges Perec ma questo non vuol dire che avrei voluto scriverlo io”. Fra le domande invece per il figlio della scrittrice c’è quella su come lui abbia reagito alla notizia del Nobel: “E’ stata una cosa molto naturale non c’è voluto molto per abituarsi – dice sorridendo – anche perché lo considero pienamente meritato”. (ANSA).

(segnalazione web a cura di Turismo Culturale – https://viagginews.blogspot.com/

Veltroni: “Il mio docufilm su Pio La Torre racconta la storia di un eroe”

veltroni pio la torre omicidio mafia 

“Volevo raccontare la storia di un eroe perché, se è vero quello che diceva Brecht ‘beato quel Paese che non ha bisogno di eroi‘, è altrettanto vero che è sciagurato quel Paese che dimentica i suoi eroi”. Walter Veltroni spiega così perché ha voluto dedicare al segretario del Pci siciliano ucciso da Cosa Nostra nel 1982 un documentario, ‘Ora tocca a noi – Storia di Pio La Torre‘, che sarà presentato oggi alle 19 alla Festa del cinema di Roma.

Incontrare Walter Veltroni alle come incontrare Walt Disney a Disneyland. Questa è casa sua ed è qui che insieme, con la complicità di Goffredo Bettini, quando era sindaco di Roma volle portare nella Capitale il festival cinematografico che oggi festeggia 17 anni. L’ex primo segretario del Pd, ex vicepremier ed ex ministro dei Beni culturali del governo Prodi da tempo si è ritirato dalla politica attiva e si è dedicato al cinema, sua antica e fortissima passione. “Ho ritenuto che la mia stagione fosse finita dal punto di vista dell’impegno politico. Ho deciso di fare quello che potevo per continuare in altre forme di impegno civile”, chiarisce.

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Walter Veltroni, segretario Pd dal 2007 al 2009

Sulla situazione politica, però, pur non volendo parlare di partiti o del governo nascituro di centrodestra, ha le idee chiare e una profonda fede nel futuro: “Quello che vedo è che non solo il ceto politico ma lo zeitgeist, lo spirito del tempo, porta chiunque nel nostro Paese abbia un ruolo pubblico a concentrarsi su se stesso e non sul contesto – spiega rispondendo all’AGI – questo gratifica chi lo fa ma non serve agli altri. E’ quindi necessario qualcuno che sappia accendere la scintilla, soprattutto nei giovani”.

Secondo l’ex sindaco di Roma (che, prudentemente, non vuole parlare della situazione in cui versa la Capitale a guida Pd) “bisogna cercare di trovare una chiave per arrivare a loro”. “La politica deve riaccenderla perché c’è grande voglia di impegno civile – dice Veltroni – io ne sono sicuro, ma bisogna farlo. E una scintilla può arrivare dalla cultura”. Già, la cultura. Nota dolente per Veltroni: “Purtroppo non mi sembra che ci sia attenzione a questo settore fondamentale – spiega ancora – anche perché in tutte le anticipazioni sui vari ministeri uscite sulla stampa mancava sempre la casella riguardante il ministro della Cultura. Quando nel ’96 vincemmo le elezioni con l’Ulivo – ricorda Veltroni – Prodi mi disse che oltre alla vicepresidenza voleva affidarmi un ministero e mi chiese quale volessi. Chiesi la Cultura perché pensavo che il governo dell’Ulivo dovesse far capire che era una priorità”.

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© GIUSEPPE CACACE / AFP

Romano Prodi e Walter Veltroni

Veltroni rappresenta un mondo e una classe politica in via di estinzione, in cui la competenza e l’impegno – civile e politico – erano considerati dei valori. Adesso le cose stanno diversamente e la nuova classe politica sembra distratta da altre questioni. E questo potrebbe favorire la mafia. Ne è convinto anche Veltroni che spiega come oggi sia “sommersa ma non è sparita. E’ come una piovra e ha allargato i suoi tentacoli – spiega – e il fatto che non si sparga sangue, non vuol dire che sia scomparsa. Al contrario, questi soggetti – mafia, camorra, ‘ndrangheta – sono diventati potenze nazionali e mondiali. Si sottovaluta la necessità di recidere i tentacoli, di tagliare quei legami”.

Nel suo documentario ‘Ora tocca a noi – Storia di Pio La Torre’, realizzato con immagini di repertorio a volte inedite delle tv locali e della Rai, ripercorre l’efferato delitto avvenuto quarant’anni fa, la mattina del 30 aprile 1982, di Pio La Torre. Il politico, ex sindacalista e segretario regionale del Pci in Sicilia, fu assassinato insieme al suo amico e collaboratore Rosario Di Salvo mentre si recava in ufficio a Palermo. Mandanti, concluse il processo svoltosi quasi dieci anni dopo nell’aula del carcere dell’Ucciardone: i boss della Cupola di Cosa Nostra.

“Il titolo ‘Ora tocca a noi’ ha un doppio significato – spiega Veltroni – uno è la lucida considerazione di Pio La Torre che sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra ma ha continuato la sua battaglia. E l’altro è che ora tocca a noi continuare perché c’è una bandiera che non deve restare per terra: le idee di Pio devono essere portate avanti”, aggiunge.

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Pio La Torre

“Volevo raccontare la storia di un eroe – aggiunge – perché se è vero quello che diceva Brecht ‘beato quel Paese che non ha bisogno di eroi’, è altrettanto vero che è sciagurato quel Paese che dimentica i suoi eroi. Pio aveva un fuoco dentro di sé legato alla politica più alta”, ricorda Veltroni, che conosceva personalmente Pio La Torre con cui aveva lavorato e dei cui figli era amico. “Non esiste più la quella passione politica – continua – e forse viene facile dire che le persone sono diverse, ma io credo che diverso sia il contesto. Non per nulla in tutto il mondo c’è lo stesso fenomeno. Il Pci allora era una comunità di persone che avevano a cuore sentimenti comuni – aggiunge l’ex segretario democratico – il dolore di Macaluso che, come si vede nel documentario, racconta quando Pio gli disse ‘ora tocca a noi’ è il dolore nato nella lotta, nelle battaglie comuni. Il Pci in Sicilia era uno dei baluardi contro la mafia“, aggiunge.

“Uomini come Pio La Torre erano persone poco dotate di ideologia, nel senso di sistema chiuso, ma avevano forti ideali, valori di principi a cui ispirare la politica in generale – spiega ancora Veltroni – Pio La Torre è voluto tornare a tutti i costi in Sicilia, era un riformista che aveva passione per le battaglie civili, per le masse. In lui c’era una forte passione per un ideale”, conclude.

‘Ora tocca a noi – Storia di Pio La Torre’, prodotto da Minerva Pictures, Rai documentari e Istituto Luce-Cinecittà, sarà programmato a dicembre su Raitre.

Agi

Cinema. Abel Ferrara racconta la grande guerra di Padre Pio

A Venezia il regista americano ma di origini italiane racconta il Santo di Pietrelcina a partire dall’eccidio di San Giovanni Rotondo, del 1920, che causò 14 morti
Shia Labeouf, interpreta Padre Pio nel film diretto da Abel Ferrara

Shia Labeouf, interpreta Padre Pio nel film diretto da Abel Ferrara

Abel Ferrara racconta Padre Pio e lo fa in un film che vedremo in concorso e in anteprima mondiale alla XIX edizione delle Giornate degli autori, che si svolgeranno al Lido di Venezia durante la Mostra del Cinema.Prodotto da Italia, Germania e Gran Bretagna, interpretato da Shia Labeouf, Cristina Chiriac, Marco Leonardi, Asia Argento, Vincenzo Crea, Luca Lionello, Salvatore Ruocco, Brando Pacitto, Stella Mastrantonio, Martina Gatti, Roberta Mattei, Padre Pio è ambientato alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando i giovani soldati italiani tornano a San Giovanni Rotondo, terra di povertà, storicamente violenta, sulla quale la Chiesa e i ricchi proprietari terrieri esercitano un dominio ferreo. Le famiglie sono disperate, gli uomini sono vittoriosi, ma distrutti. Arriva anche Padre Pio, in uno sperduto convento di cappuccini, per iniziare il suo ministero, evocando un’aura carismatica, la santità e visioni epiche di Gesù, Maria e del Diavolo. La vigilia delle prime elezioni libere in Italia però fa da sfondo a un massacro storico e metaforico, un evento apocalittico che cambierà il corso del mondo.Da sempre affascinato dalla lotta tra bene e male, il sulfureo Ferrara torna dunque a girare in Italia, scegliendo il tormentato Labeouf per interpretare una figura “mistica e febbrile” e rivisitando un episodio tragico della storia italiana del secolo scorso, l’eccidio di San Giovanni Rotondo il 14 ottobre del 1920, quando in piazza Municipio vennero uccise 14 persone e più di 60 restarono ferite.

Il 2 aprile 1961 il quotidiano socialista “Avanti” ricostruiva il massacro accusando il frate di Petralcina di immoralità, affarismo e superstizione, considerandolo l’ispiratore di un gruppo politico denominato gli “Arditi di Cristo”, allora incolpati in Parlamento di aver provocato i manifestanti costringendo così le forze dell’ordine a sparare contro la folla inerte. Ventisette anni dopo lo storico don Giosuè Fini, con la pubblicazione Precisazioni sull’eccidio di San Giovanni Rotondo del 14 ottobre 1920, chiarì una volta per tutte l’estraneità di Padre Pio in quella drammatica vicenda. «Il progetto è iniziato cinque anni fa – ha detto Ferrara, che ha scritto il film con Maurizio Braucci ispirandosi dalle lettere autografe di Padre Pio e dalle reali vicende storiche – quando ho visitato l’Abbazia di Santa Maria di Pulsano, a Monte Sant’Angelo. Ho percepito subito l’atmosfera particolare e l’interesse per il progetto, la bellezza dei luoghi. L’intenzione era quindi quella di realizzare un film mistico, ma anche reale. Ho cercato di capire il cuore, il vero spirito di Padre Pio, chi era realmente, e la sua storia».

Continua il regista: «Ho scoperto Padre Pio grazie a mio nonno, nato in un comune vicino Pietrelcina nello stesso anno del Santo. Quando ho appreso che la sua vicenda era correlala anche con la rivolta socialista di San Giovanni Rotondo, l’inizio di una nuova era, ho sentito che c’erano tutti gli elementi per raccontare una storia forte. Nel film non c’è solo la storia spirituale di Padre Pio, ma anche quella della sua relazione con le persone reali. Le lettere di Padre Pio inoltre sono state una vera rivelazione, sembrano quelle di un grande scrittore come Pasolini». E a proposito di Labeouf nei panni del Santo aggiunge: «Shia si è molto immedesimato nel suo personaggio, è un “miracolo spirituale”. Ha passato quattro mesi in un convento tra le montagne della California e tuttora sta compiendo un percorso spirituale importante. Questa esperienza gli ha offerto l’occasione di una trasformazione di cui aveva molto bisogno». La ricostruzione storica di San Giovanni Rotondo del 1920 è a cura di Tommaso Ortino, i costumi sono firmati dalla pugliese Antonella Cannarozzi (nominata all’Oscar) e la prima parte delle riprese si è svolta tra il monastero di San Marco La Catola e l’Abbazia di Pulsano, dove gli stessi frati cappuccini hanno partecipato alla realizzazione delle riprese.

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