Anche la Caritas diocesana firma il protocollo comunale per la zona della stazione di Reggio Emilia

Stazione centrale di Reggio Emilia

laliberta.info

La Chiesa è attiva da anni in zona stazione a Reggio Emilia e a fianco della povertà estrema, di strada, presente anche nella nostra città.

Attraverso l’attività della Caritas diocesana, di alcune parrocchie, di sacerdoti e volontari non è mai mancata la vicinanza a chi dorme in situazioni precarie e cerca rifugio nei pressi della stazione di piazzale Marconi. Gruppi di volontari delle Unità pastorali “Laudato sii”, “San Paolo VI” e “San Giovanni Paolo II”, accompagnati dai parroci, escono di notte da molti anni.

Ogni giorno, tutto l’anno, la Caritas diocesana accoglie nelle mense diffuse molte delle persone che abitano in stazione. Presso l’Ambulatorio Querce di Mamre chi non può accedere al Servizio Sanitario Nazionale viene curato e nelle Locande sono state accolte alcune di queste persone, accompagnate dal Centro di Ascolto diocesano, per fare fronte alle tante difficoltà che i senza fissa dimora manifestano. Il sabato di ogni settimana è disponibile il servizio docce presso la parrocchia di Sant’Alberto.

L’approccio della Caritas – e certo non da oggi – è quello di andare oltre la risposta al bisogno materiale e immediato, per costruire cammini di accompagnamento che si basano sulla relazione e sul riconoscimento della dignità di tutte le persone. Una filosofia perseguita da tempo, nei confronti di un numero crescente di destinatari.

“Alla luce di questo impegno – spiegano il direttore della Caritas diocesana Andrea Gollini e i collaboratori – crediamo sia giusto e doveroso sottoscrivere il protocollo proposto dal Comune di Reggio Emilia. Lontani da interessi di parte, ci sembra necessario fare tutto il possibile per costruire una rete di realtà che possano dare una risposta all’emergenza ‘zona stazione’, condividendo progetti concreti e attenti alle persone. Siamo convinti che il protocollo sarà occasione per un lavoro strutturato, di confronto e di intervento, per migliorare la condizione delle persone, offrendo percorsi che partano dalla reale condizione di chi frequenta la stazione, come è stato per l’intervento alle Reggiane (Reggiane Off). Scegliamo, come sempre, di stare dalla parte delle persone che soffrono e di scommettere sulla solidarietà come prima forma di costruzione di comunità e come più forte deterrente alla paura e all’insicurezza. Crediamo che dove ci sia qualcuno che si vuole impegnare per chi soffre, lì debba esserci la Chiesa”.

Venerdì 8 marzo, alle 10, inaugura la Bottega del regalo solidale in via Emilia Santo Stefano 30 a Reggio Emilia

Torna la Bottega del regalo solidale con una novità: l’Uovo solidale, firmato Bottega Broletto!
Dall’8 al 30 marzo lo potrai trovare, insieme ad altre dolci proposte della Casa del Miele, presso la nostra Bottega in via Emilia Santo Stefano 30/A, completamente ristrutturata dalla parrocchia di Santo Santo Stefano e arredata dall’associazione Nuovamente.
Scegliendo l’uovo solidale e gli altri prodotti potrai sostenere l’Ospedale FMA di Ampasimanjeva in Madagascar, oppure l’acquisto degli alimenti per le mense diffuse Caritas.

Ecco giorni e orari di apertura della Bottega del regalo solidale in via Emilia Santo Stefano 30 a Reggio Emilia:

  • 8 e 9 marzo dalle 9 alle 13,
  • 15 e 16 marzo dalle 9 alle 13
  • 22 e 23 marzo dalle 9 alle 13
  • 28 e 29 marzo dalle 9 alle 13

Saremo presenti con uno stand anche al Mercato del Contadino in piazza Fontanesi le mattine dei sabati 16, 23 e 30 marzo.

Ti aspettiamo per l’inaugurazione venerdì 8 marzo alle ore 10, con un buon caffè e una fetta di torta!

L’Europa sta invecchiando e l’assistenza oggi sembra un miraggio

Famiglia Cristiana

«L’invecchiamento della popolazione è la tendenza globale che definisce il nostro tempo e la domanda di assistenza a lungo termine (LTC) è in forte aumento, ma la pubblica spesa non tiene il passo con la domanda. L’età media della popolazione dell’UE dovrebbe aumentare da poco meno di 43,7 anni nel 2019 a 48,2 anni nel 2050». Si apre così il nuovo report della Caritas Growing old with dignity. The challenges of long-term care in Europe”, ovvero “Diventare anziani con dignità. Le sfide dell’assistenza a lungo termine in Europa”.

I dati raccolti dal network cattolico, presente in 46 Paesi membri, fungono da specchio per una situazione altamente disfunzionale che corre verso la deriva. In primis, il dato allarmante che riguarda l’invecchiamento generale della popolazione europea: se da un lato, come nel testo già citato, l’aumento dell’età media è segno di un’aspettativa di vita elevata, dall’altro è indice di un fenomeno con il quale i Paesi europei faticano a stare al passo. Infatti, l’incremento della popolazione anziana va di pari passo con un aumento della richiesta di assistenza e di supporto, in particolare da parte delle persone over 65. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla disparità di accesso, dai costi elevati e dalle crescenti liste di attesa per ricevere servizi di cura professionali.

Altro dato di fondamentale importanza è l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero la quota della popolazione di età pari o superiore a 65 anni rispetto alla popolazione che va dai 14 ai 64 anni. Nel nostro Paese, ad esempio, c’è un forte scarto fra la popolazione anziana e la popolazione giovane, il che implica non solo una grave difficoltà nel reperimento di personale nell’assistenza a lungo termine, ma anche un minor numero di persone in età lavorativa che possa contribuire ai fondi statali per il finanziamento delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e di tutto ciò che concerne la cura della terza età.

La situazione grava su tutti coloro che si occupano di questo settore e porta l’attenzione su un altro fenomeno: la condizione dei lavoratori dell’assistenza a lungo termine. Oltre all’evidente difficoltà nella ricerca e nella ritenzione del personale, è anche molto complicato poter ricostruire la condizione in cui questi ultimi vertono perché, nella maggior parte dei casi, lavorano in contesti irregolari e in condizioni precarie.

Nel 2020, circa 6.3 milioni di persone lavoravano nel settore dell’assistenza a lungo termine, costituendo circa il 3,2% della forza lavoro europea. La predominanza è femminile (circa l’81%) e, spesso, anche di età avanzata (oltre il 38% sono donne over 50). La tendenza è anche quella di fornire questo tipo di servizio in maniera informale, spesso da un membro della famiglia o della comunità di appartenenza, il che mette a rischio le condizioni di lavoro di queste operatrici, con stipendi bassi e anche soggette a possibili abusi, senza considerare il fatto che si viene a sottolineare ancora una volta la disparità di genere nel settore della cura e aggrava il cosiddetto fenomeno della “femminilizzazione della povertà” in Europa.

Molto spesso, le donne che lavorano in questo settore sono migranti provenienti dall’Europa Orientale che lasciano famiglie, spesso numerose, e la loro stessa comunità. Nella maggior parte dei casi vengono stipulati accordi e contratti non dichiarati con le famiglie di accoglienza, il che rende difficile fornire aiuto e supporto a queste donne e soprattutto garantire loro diritti e condizioni di lavoro eque.

La Caritas europea propone quindi di mettere a disposizione i propri mezzi per garantire un trattamento corretto sia nei confronti degli anziani che degli assistenti a lungo termine, con la collaborazione di istituzioni e organi di stato che possano fornire gli opportuni aiuti economici atti a finanziare strutture adeguate per gli uni e per gli altri, garantendo così un servizio di accompagnamento rispettoso e dignitoso e, dall’altro, dei potenziali percorsi professionali appaganti e ben remunerati.

Povertà, aumentano divari e stigma

Nel nostro Paese, come ci confermano i nostri Centri di ascolto, la povertà è sempre più multidimensionale, si è fatta orizzontale, coinvolgendo porzioni sempre più ampie di popolazione, con un’incidenza particolarmente grave sui minori. Sono cresciuti i divari territoriali, le diseguaglianze e le forme di disgregazione sociale e stigma nei confronti delle persone vulnerabili, insieme a una preoccupante e generalizzata sfiducia nei confronti della politica e delle forme di partecipazione”. Con queste parole il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, riassume il progressivo scivolamento nella povertà di una porzione sempre più ampia di popolazione italiana, un quadro che cozza con la narrativa del Pil che cresce, e che certifica la necessità di una analisi in profondità della situazione italiana.

Il Bilancio sociale da un lato – cioè gli interventi che la Caritas ha svolto nel 2022 – e dall’altro il Rapporto sulla povertà (in sintesi dove c’è ancora da agire con forza) rappresentano un pezzo significativo di questa analisi della situazione del nostro Paese.

Da Nord a Sud: +12.5% le persone bisognose (in particolare i minori). Nel corso del 2022 sono state aiutate 255.957 persone nei Centri di ascolto e servizi Caritas diocesani e parrocchiali in rete con la raccolta dati (2.855 su oltre 3.600 Centri di ascolto) dislocati in 205 diocesi (con un aumento del 12,5% delle persone rispetto al 2021), suddivisi in questo modo: il 51,9% nel Nord, il 27% nel Centro e il 21,1% nel Sud e nelle isole. A questi si aggiungono, nel corso del 2022, i 21.930 i cittadini ucraini supportati dalla rete Caritas, anche per questo motivo quasi il 60% degli interventi risultano rivolti a persone non italiane, sebbene questo dato sconti una forte differenza territoriale: ad esempio al Sud due terzi degli interventi è rivolto a italiani.

Dai dati emerge dunque un Sud di italiani anziani con fragilità, e un nord più giovane grazie anche ai migranti che però sono spesso poveri. Nello specifico, nel 2022 appare sempre più marcato il peso delle cosiddette “povertà multidimensionali”: nell’ultimo anno il 56,2% dei beneficiari ha manifestato due o più ambiti di bisogno (la percentuale si attestava al 54,5% nel 2021). In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia che sono una causa di impoverimento conclamato), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori.

A chiedere aiuto sono soprattutto coniugati, che vivono in famiglia (63%) e con figli (65,6%), spesso minori. Complessivamente – dice in questo caso il rapporto sulla povertà – si contano 1 milione 400mila bambini poveri: un indigente su quattro è dunque un minore (i minori rappresentano appena il 16% della popolazione complessiva).

Non mancano tuttavia le storie di solitudine, che pesano per il 25% degli interventi di Caritas. Il quadro sociale delle persone che vanno alla Caritas è composto per l’83,1% da assistiti che ha un domicilio. Solo il 34% del totale possiede un titolo di studio superiore alla licenza media inferiore. Riguardo al tema lavoro, prevalgono le persone disoccupate (48%); seguono le persone con un’occupazione (22,8%), le casalinghe (11,3%) e i pensionati (8,5%). Chiedono aiuto – spiega il rapporto – in quasi egual misura donne (52,1%) e uomini (47,9%).

Dopo il Covid arriva la guerra: sostegno agli italiani ma anche a tanti ucraini in fugaQuasi il 60% del bilancio Caritas riguarda interventi fatti in Italia, il rimanente 40% si divide in varie aree di intervento in giro per il mondo grazie sia ai fondi “8xmille” messi a disposizione dalla Conferenza Episcopale Italiana (per un totale di oltre 28 milioni di euro che hanno sovvenzionato 441 progetti in diverse aree di intervento), sia con la raccolta fondi direttamente promossa dalle sul territorio nazionale per cui nel complesso, nel 2022, sono stati erogati aiuti per oltre 58 milioni di euro.

Caritas Italiana nel corso del 2022 ha raccolto offerte e contributi per sostenere programmi sia in Italia che nel mondo per un totale di 72.226.678,61 euro.

Negli interventi internazionali, ovviamente, la parte del leone è rappresentata dall’aiuto verso l’Ucraina e di riflesso nei rifugiati ucraini accolti in Italia: 174 mila ucraini in fuga dalla guerra, di cui 92 mila donne e quasi 50 mila minori (dati Protezione Civile Nazionale). Di questi oltre 21.930 (il 15% del totale degli stranieri, al secondo posto di poco, dai marocchini) aiutati alle strutture Caritas.

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