Agrigento sarà Capitale italiana della Cultura 2025

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AGI – Definita da Pindaro “la più bella fra le città dei mortali”, Agrigento, nominata Capitale italiana della Cultura 2025, accoglie il bello e il brutto di una storia lunga 2.600 anni. Gli Dei e i ‘Signori dell’abusivismo’ che non hanno risparmiato nemmeno lo spazio dominato dalle colonne di Zeus e della Concordia. Il ponte tra civiltà e quello ‘Morandi’ riaperto a metà nel 2021 dopo essere rimasto chiuso quattro anni per problemi strutturali e dopo un lungo dibattito tra i sostenitori della sua riapertura e quelli dell’abbattimento, alla luce anche del crollo del gemello genovese. Nel mare dell’antica Akragas speranze e tragedie, i sogni (tante volte infranti) di una provincia spesso in fondo agli indicatori economici e della vivibilità, ma che non rinuncia alle sfide del futuro e dell’accoglienza dei migranti e dei mondi affacciati sul Mediterraneo, con un posto speciale per Lampedusa al centro di specifici progetti culturali. Così, sin dal logo, l’obiettivo dichiarato di questa missione che sembrava impossibile di Capitale della cultura, è “Sostenere Agrigento”.

E’ questa la prima istanza portata avanti nel dossier e questo il significato più evidente del logo appositamente realizzato: un elemento templare, sì decorativo, ma soprattutto strutturale, il telamone che sostiene la città. Con uno spostamento della prospettiva, che focalizza l’attenzione non solo sul monumento quanto su chi lo sorregge, non solo sulla città quanto su chi la abita. Il progetto di candidatura si è ispirato ai 2600 anni di storia di Agrigento, ma guarda alle persone che racconteranno il progetto di futuro, di visione della città e del rapporto con il territorio circostante. Telamone è stato uno degli Argonauti, uno degli eroi che, a bordo della nave Argo, ha intrapreso l’avventuroso viaggio sotto la guida di Giasone alla riconquista del vello d’oro.

Il viaggio attraverso il mare, anzi, i viaggiatori che attraversano il mare, alla ricerca di un mantello capace di guarire i mali dell’umanità. Telamone, viaggiatore mitico, sostiene la città e viene rappresentato nel logo attraverso un richiamo che risale indietro, alle radici del cosmo, composto da Aria, Acqua, Terra e Fuoco, il cui equilibrio costituisce al contempo la base e il punto di partenza dell’esistenza.

Il programma culturale di Agrigento Capitale italiana si ispira così alle quattro radici di Empedocle. Gli elementi, fondamentali per la vita, generano forza immortale se uniti. Prendendo spunto dai quattro elementi Aria, Acqua, Terra e Fuoco, che vengono tenuti insieme dal concetto di amore e odio, ogni volta che gli elementi, emergendo alla luce, si mescolano in forma di uomo, di bestie selvatiche, di piante o di uccelli, lo chiamano nascere; quando invece si separano, loro parlano di sventurata morte. L’elemento dell’Acqua permette di indagare il tema del Mediterraneo, della transfrontalierità della città, città di confine, città di arrivi e partenze, oggi e ieri. Il tema delle migrazioni, dell’inclusione, dell’accoglienza, della solidarietà.

La proposta progettuale include, infatti, Lampedusa con la sua ricchezza di suggestioni e visioni di una civiltà matura e inclusiva. Il tema della Terra riporta all’entroterra della provincia. Un entroterra brullo, a volte spoglio, giallo di grano, ma ricco di storie da raccontare. Borghi inesplorati che possono e devono arricchire l’offerta culturale del territorio. L’Aria riconduce al tema del digitale e della nuova necessità di connessione che la società si trova a dover affrontare dopo la pandemia, con rinnovati approcci. L’insularità e la posizione svantaggiata della città devono essere non più visti come limiti allo sviluppo, ma come ricchezza e nuova forza attrattiva. Al tema del fuoco sono legati anche i prodotti delle persone, i lavorati a mano, i prodotti artigianali. Il fuoco come metafora della comunità che vive questo territorio, come luogo dalle mille generazioni. Sono infatti le persone che oggi incidono sui luoghi e ne guidano le scelte future. “Sostenere Agrigento”, dunque, in fondo per Sostenere l’Italia.

Al via le iniziative di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21

Museo Multimediale Permanente dedicato alla memoria della città, progetto di Studio Azzurro, realizzazione prevista per il 2022

Al via le iniziative di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21

02 settembre 2020

Il 5 settembre apre al pubblico la più grande installazione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21: «Hospitale — Il futuro della memoria», allestita nella Crociera dell’Ospedale Vecchio. Rimarrà aperta fino all’8 dicembre e — insieme all’intero Complesso Monumentale, oggetto di un intervento di rigenerazione urbana — darà vita a un museo multimediale permanente dedicato alla memoria della città, che sarà inaugurato nel 2022. Videoproiezioni e due testimoni virtuali, gli attori Marco Baliani e Giovanna Bozzolo, accompagneranno i visitatori nel racconto di una Parma poco conosciuta: la città dell’assistenza religiosa, civile e della rivolta popolare. L’Ospedale Vecchio, nel quartiere dell’Oltretorrente, è uno dei complessi monumentali più importanti di Parma: la sua storia di cura e ospitalità diventa oggi, nell’ambito di Parma2020+21, l’occasione per mettere la cultura al servizio della comunità, promuovendo il dialogo tra identità e innovazione.

La mostra «Hospitale» vuole essere una sorta di anteprima, una moderna “ouverture” visiva e sonora dedicata alla futura ma anche imminente realizzazione del Museo Archivio della Città.

A questo punto e in questo momento così significativo ed emblematico è lecito domandarsi: oltre a essere testimone del suo tempo, può una storica opera d’arte architettonica essere anche rappresentativa del tempo in cui oggi viene osservata? Può l’opera mantenere e manifestare gran parte delle caratteristiche e delle qualità che l’avevano caratterizzata nel passato al tempo della sua realizzazione? Può infine quest’opera sviluppare una virtuosa simbiosi con i moderni mezzi della tecnologia, con i comportamenti, le richieste e le attività di una moderna comunità?

Queste sono le domande che stanno alla base del progetto multimediale del Museo Archivio della Città di Parma. Queste sono le sfide che Studio Azzurro — collettivo di video artisti (di cui chi scrive fa parte) che indagano e operano nel campo delle immagini elettroniche e nel rapporto tra l’uomo e i nuovi mezzi di comunicazione — ha intrapreso nel lungo percorso di progetto e realizzazione.

La struttura e la trama del grande e articolato spazio dell’Ospedale Vecchio, importante complesso architettonico medioevale della città, diventa il foglio bianco, meglio ancora le superfici lineari e pulite, su cui sviluppare il progetto installativo e multimediale di questo monumentale spazio. La forma a crociera ha suggerito di sviluppare concettualmente il progetto del percorso esibitivo come la rappresentazione di due assi cartesiani, il primo asse, quello rappresentato dalla navata centrale rappresenta il “tempo”, l’altro, che incontra il primo sotto la cupola della lanterna, e ha un minor sviluppo lineare, è dedicato allo “spazio”.

L’accoglienza era la prima e più importante attività dell’Ospedale, l’accoglienza è e sarà l’attività con la quale il Museo Archivio si metterà in rapporto immediatamente con i suoi visitatori. Il Museo Archivio invita tutti a frequentarlo e ciò che contiene è dedicato a tutti, a fasce diversissime di utenti, dai bambini in età pre-scolare, ai giovani e moderni specialisti, più esigenti e per finire agli anziani che ricordano ancora avvenimenti accaduti nel passato, di cui loro sono stati testimoni, di cui ora sono i custodi e che attraverso le strutture e i dispositivi del Museo, attraverso moderni dispositivi e informatici archivi personali incrementabili, possono conservare, salvaguardare e condividere nelle apposite sezioni del museo importanti beni immateriali della nostra cultura, delle tradizioni del territorio.

Le videonarrazioni si articolano lungo la navata centrale suggerendo l’idea di una immaginaria e intangibile macchina del tempo, che parte dalle antiche origini della città fino al XX secolo. Il loro alternarsi è regolato dallo spazio architettonico delle campate ad arco e dalla cadenza regolare dei secoli. La consultazione si adatta alla diversa tipologia di contenuti: da quella iconografica e degli approfondimenti storici, fino allo storytelling per ricostruire la storia più recente della città.

Le due navate laterali sono dedicate invece alla narrazione degli aspetti più architettonici e spaziali della storia dell’Ospedale Vecchio. Si alterneranno grandi videoproiezioni sulle pareti a sistemi interattivi studiati all’interno di una imponente struttura ad armadio.

La struttura, che rimanda ai grandi armadi delle sagrestie settecentesche, contiene tavoli ripiegabili, le cui superfici orizzontali sono costituite da schermi touch-screen. Sedute a scomparsa estraibili, sono alloggiate nel corpo della struttura dove singolarmente o collettivamente il pubblico può consultare gli archivi e crearne di personali. Così il visitatore ha la possibilità di fermarsi, consultare e studiare la grande quantità di dati, contenuti nell’Archivio residente e negli archivi esterni a esso collegati.

Lo spazio finale della navata principale propone un’ampia area luminosa e sgombra da imponenti strutture, dedicata ai bambini e ai ragazzi più giovani. Ancora una volta l’Ospedale Vecchio, organizza una parte dei suoi spazi, così come faceva e ha sempre fatto nei secoli della sua attività a quella fascia di utenti, che ha bisogno di maggiori stimoli, attenzioni e aiuti.

Quest’area si conforma come un “laboratorio – mobile”, dove personale specializzato coordinerà lo svolgersi delle attività ludiche, didattiche e divulgative. In questo spazio, leggere strutture modulari, montate su ruote, possono disporsi a piacimento, a seconda delle attività dei piccoli visitatori. Queste strutture mobili hanno inoltre la possibilità di modificarsi, attraverso il movimento a cerniera di alcune loro parti e diventare alternativamente, sedute collettive, piani di lavoro ordinario, con fogli matite e altri strumenti o infine essere superfici sensibili per “maneggiare” e osservare materiali multimediali.

L’altra navata laterale, disposta specularmente a quella precedentemente illustrata, si addentra ancora di più nel tema dello spazio e in particolare a quello più specifico dell’architettura. I temi sono declinati da due exhibit principali, che nel gioco del cambiamento di scala ci parlano in modo più specifico, prima della città e della sua particolare struttura urbana e poi ancora più in particolare, della storia dell’Ospedale Vecchio.

Le loro immagini ci parlano dell’Ospedale Vecchio, della sua storia, di chi l’ha pensato e realizzato, e di coloro, le cui vite hanno ruotato attorno a questo edificio, attraverso il racconto di otto reali e anche immaginari “testimoni” che alternandosi nella narrazioni, ci rivelano accadimenti poco noti e a volte totalmente sconosciuti, degli accadimenti, che sono stati alla base della fondazione dell’edificio e del suo successivo sviluppo. Lo spazio sotto la cupola della lanterna ospiterà spettacolari proiezioni sulle vele della volta. Il pubblico potrà assistere a questi filmati, da sedute mobili, montate anch’esse su ruote che riecheggiano la forma delle scale che nel vecchio Archivio, venivano usate per raggiungere gli scaffali più alti. L’ampio tratto finale della navata centrale riprende il lungo pellegrinaggio attraverso gli exhibit dedicati agli ultimi cinque secoli.

In particolare il Novecento come già altre parti del Museo Archivio della Città, è affrontato come un periodo i cui contenuti sono ancora mobili, non ancora completamente storicizzati. Per questa ragione l’area del XX secolo si conforma come un altro spazio laboratoriale, soprattutto dedicato al dialogo tra il Museo e i cittadini, ai loro ricordi, alle loro storie, alle loro testimonianze. Infine il “tempo reale” accoglie il moderno pellegrino, al termine del suo percorso temporale, con una suggestiva “fonte a immagini”, sormontata dall’ologramma del “torello”, metaforica simbiosi, tra la moderna tecnologia e un antico simbolo della città e della sua comunità. La liquidità delle immagini, favorita dal collegamento in diretta con “telecamere live”, installate nei punti più significativi della struttura urbana, sono la degna conclusione e il giusto punto di partenza, per guardare con i propri occhi e vivere dal vero, la città e le persone che la abitano, con ancora nella mente il nutrimento visivo del Museo Archivio della città di Parma.

di Leonardo Sangiorgi

Osservatore