Affidi illeciti nel Reggiano. Camisasca: bimbi tolti? È cultura anti-famiglia

Dopo il caso dei bambini della Val D’Enza sottratti ai genitori, interviene il vescovo Massimo Camisasca «Oggi esiste un sentire che vede nella famiglia un luogo oppressivo e perciò da colpire»

Il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca

Il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca

avvenire

«Esiste una cultura molto invadente che vede nella famiglia un luogo potenzialmente oppressivo e perciò da colpire ». Così il vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, coglie uno degli aspetti più preoccupanti dell’inchiesta esplosa lunedì scorso. Un caso che rischia di confermare un sospetto che da tempo aleggia: esiste in alcuni settori delle istituzioni pubbliche una cultura anti-famiglia che vorrebbe sempre e comunque colpevolizzare l’operato dei genitori. Qualcuno ha puntato il dito contro una certa ideologia statalista ancora egemone in certi ambiti delle amministrazioni locali. Altri hanno fatto notare che alcune presunte responsabili dei fatti sarebbero state mosse dalla cosiddetta cultura Lgbt.

Qual è la sua opinione?
Per quanto riguarda l’inchiesta giudiziaria sui casi dei bambini sottratti alle famiglie della Val d’Enza e sulle accuse di abuso ai loro genitori mi rimetto completamente alla magistratura, di cui ho fiducia. Dobbiamo tra l’altro al suo lavoro investigativo l’emergere di questi fatti.

E per quanto riguarda l’affermarsi di questa cultura antifamiglia?
Non posso che rispondere affermativamente. Salvo restando le responsabilità dei singoli, oggi esiste una cultura molto invadente che vede nella famiglia (padre, madre e figli) un luogo potenzialmente oppressivo e perciò da colpire. Per ‘salvare’ un bambino occorre fare di tutto per ‘salvare’ la sua famiglia. Essa è la custode di diritti e doveri primari che nessuno stato può ‘normalmente’ avocare a sé. Indebolendo la famiglia si indeboliscono tutte le forme di aggregazione sociale in un paese.

E qui coglie davvero la presenza negativa della cosiddetta cultura Lgbt?
Purtroppo, in taluni casi, questa cultura partecipa di questo attacco alla famiglia, che vede come una contraddizione ai diritti dei singoli. Una famiglia vera invece custodisce i diritti di tutti e i doveri di tutti qualunque siano gli orientamenti religiosi, culturali e sessuali dei propri figli.

Fermo restando che in alcuni casi l’allontanamento di un minore può rendersi necessario e urgente, non sarebbe sempre meglio cercare di aiutare la famiglia d’origine?
È indubbio che oggi esistano delle famiglie debolissime e dei ragazzi perciò che difficilmente potrebbero trovare in esse l’ambito delle loro crescita. Penso a famiglie in cui i genitori sono tossicodipendenti, in cui la madre è stata abbandonata, in cui esiste una povertà materiale ed educativa molto radicata, in cui esiste una forte esperienza delittuosa… Non sono perciò assolutamente contrario all’affido, alle case famiglia. Conosco decine e decine di esperienze positive che devono esser custodite e sostenute dallo stato. Questo non vuol dire che i figli debbano essere comunque tolti alla famiglia. Molto dipende dalla statura morale e professionale degli operatori sociali e degli psicologi.


La cultura Lgbt partecipa a questo attacco alla famiglia, che vede come una contraddizione ai diritti dei singoli. Una famiglia vera invece custodisce i diritti di tutti e i doveri di tutti 


Dall’inchiesta emerge anche un altro fatto drammatico, il numero elevato di famiglie disgregate, fragili, comunque in difficoltà. Questa situazione non interpella anche le nostre comunità? Abbiamo fatto abbastanza per stare vicino a queste famiglie?
No, penso che non si sia fatto abbastanza, forse non si farà mai abbastanza. La nostra carità però deve vivere una conversione. Come ci indica il Papa dobbiamo imparare a condividere la vita delle persone in difficoltà. Se ogni credente dedicasse anche un’ora soltanto alla settimana per stare con una persona, tornando da lei con frequenza, un poco dell’immenso mare della solitudine e della povertà spirituale troverebbe una strada di cambiamento sia per chi è in difficoltà sia per chi offre un poco del suo tempo. Ho imparato tutto questo da don Giussani vivendo l’esperienza della Bassa agli inizi degli anni 60.

Non le sembra che alla base di questi drammi ci sia sempre ‘anche’ una carenza educativa. E qui forse ci sarebbe da interrogare la qualità della nostra pastorale per e con le famiglie. Meno matrimoni, megli figli ma anche una conflittualità crescente di fronte alla quale talvolta non abbiamo gli strumenti per intervenire. Cosa possiamo fare?
Nella visita pastorale che sto conducendo nella mia diocesi mi propongo due obiettivi per ogni comunità: il sorgere o il rafforzarsi della comunità giovanile e l’inizio di una piccola comunità di famiglie che possa essere anche il luogo dell’accoglienza di altre famiglie, soprattutto di quelle che sono sole, disorientate e ferite. Non voglio naturalmente propormi come un insegnante per nessuno, ma penso che non sia un caso che gli ultimi sinodi dei vescovi siano stati dedicati alla famiglia e ai giovani.

Il vescovo Massimo Camisasca operato di peritonite

laliberta.info

Nella notte tra lunedì 13 e martedì 14 maggio il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla Massimo Camisasca è stato colto da forti dolori addominali accompagnati da febbre alta. Nel pomeriggio di martedì si è reso necessario il ricovero ospedaliero. Il vescovo Massimo, accompagnato dal medico personale, dottor Marco Marziani, è arrivato nel pomeriggio all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia;  qui i medici hanno diagnosticato una peritonite. In tarda serata l’équipe del dottor Stefano Bonilauri, primario di Chirurgia generale d’urgenza, ha eseguito l’intervento in laparoscopia.

L’esito è stato regolare e lo stato di salute del Vescovo fin dalle prime ore di oggi è risultato buono. La degenza ospedaliera si prevede breve; seguirà un periodo di convalescenza di una decina di giorni. Monsignor Camisasca è costretto pertanto ad annullare i prossimi impegni, segnatamente la visita all’unità pastorale “Fortitudo Unitatis” di Cerredolo di Toano e la partecipazione all’assemblea generale della CEI della prossima settimana.

Il Vescovo ringrazia di cuore la Sanità reggiana, i medici, gli operatori sanitari e le tante persone che hanno voluto fargli pervenire messaggi di vicinanza e preghiere. Egli conta di poter presiedere la Messa per le Ordinazioni Diaconali nella Basilica della Ghiara, sabato 25 maggio alle ore 18.

Intervento del Vescovo Camisasca: in memoria delle vittime dei naufragi

Reggio Emilia, 22 gennaio 2019

Comunicato stampa del Vescovo: in memoria delle vittime dei naufragi

Le vite disperate dei nostri fratelli finiti in fondo al Mediterraneo durante questi giorni mi hanno profondamente segnato. Ad essi voglio dedicare un momento di silenzio all’inizio della presentazione del mio libro che avverrà questa sera, ma soprattutto il rosario che, come ogni
mese, reciterò domani alle ore 20.00 nella cappella della mia casa con tutti coloro che vorranno pregare con me.
Invito tutta la Diocesi a unirsi alla mia preghiera, così come inviterò i giovani che si incontreranno sabato in Cattedrale in occasione della GMG a ricordare le vittime dei naufragi.
In questi giorni dedicati alla memoria, mi è tornato alla mente il libro di Primo Levi, “Se questo è un uomo”, e la lettura che egli fa del canto di Ulisse della Commedia di Dante, nel terribile contesto del lager nazista. In fin che il mar fu sopra noi richiuso: così conclude Dante.
Coloro che fuggono dall’Africa ci devono portare a una riflessione senza scusanti verso i trafficanti di vite umane. Nello stesso tempo ci devono far riflettere sulla vicenda di queste persone che, consapevoli o no di cosa potrebbe attenderle, sfidano ogni rischio in nome di un futuro diverso, ricercato oltre ogni speranza. Esse diventano così un’immagine del nostro tempo. Ad esse dobbiamo offrire la roccia della nostra fede e della nostra carità, e la speranza di poter costruire
assieme una nuova pagina.

+ Massimo Camisasca
vescovo di Reggio Emilia-Guastalla

Romano Prodi e Stefano Zamagni presentano il libro del vescovo Camisasca

laliberta.info

Evento “Oltre la paura” martedì 22 gennaio alle 20.45 nell’Aula magna dell’Università di Reggio

Per quali vie possiamo arrivare a inaugurare una nuova epoca, affrontando con coraggio e consapevolezza il dramma di un mondo che sta finendo? Quale il posto dell’educazione e delle nuove tecnologie? Che ruolo può ancora avere la religione nelle nostre società così individualistiche e secolarizzate? Sono alcune delle domande a cui il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca ha tentato di rispondere in un intenso scambio epistolare con Mattia Ferraresi, inviato per Il Foglio negli Stati Uniti. Dal loro dialogo a distanza fra le due sponde dell’oceano, sviluppato su registri e toni differenti, è nato il libro “Oltre la paura. Lettere sul nostro presente inquieto” (Lindau 2018, 114 pagine, 11 euro), per approdare “alla scoperta che esiste la possibilità di una vita felice oltre la paura. E non solo esiste: è addirittura raggiungibile”.

“Le luci ci sono, bisogna saperle riconoscere e connettere”, scrive il Vescovo nell’introduzione.

La presentazione reggiana dell’opera avrà luogo martedì 22 gennaio alle 20.45 nell’Aula magna dell’Università, a Palazzo Dossetti (viale Allegri 9), alla presenza degli autori, con due relatori d’eccezione, i professori Romano Prodi e Stefano Zamagni.

Entrambi docenti universitari ed esperti di politica e scenari globali, Romano Prodi, presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, e Stefano Zamagni, uno dei padri dell’economia civile, porteranno nella serata il loro autorevole contributo per leggere l’attualità in una chiave di speranza.