Nelle braccia del mistero. Itinerario non religioso di ricerca spirituale

Adista

Nell’attuale contesto culturale, sempre più marcatamente post-cristiano, nel senso che il cristianesimo si lascia definitivamente alle spalle un modo ingombrante di occupare lo spazio religioso, al meno a livello di sensibilità comune, le stesse religioni perdono terreno nei confronti di coloro che cercano risposte ai grandi temi della vita. Non più, dunque, appello ad un sacro che appare sempre più sbiadito e non necessario nell’orizzonte della ricerca spirituale, ma sempre di più esigenza di risposte che abbiano un’attinenza con il vissuto quotidiano, in altre parole, con il realismo. Si parla spesso, nella storia del pensiero occidentale, di ricorsi storici, di alternanze di approcci alla realtà. E così, da un modo sacrale d’intendere il divino, che lo mantiene a distanza rivestendolo pesantemente di accessori desueti e pagani, si passa all’esigenza di cammini spirituali che s’intrecciano con le grandi tematiche esistenziali del vissuto quotidiano.

Il libro di Giorgio Borghi, Nelle braccia del Mistero. Itinerario non religioso di ricerca spirituale, edito dalle edizioni san Lorenzo di Reggio Emilia 2021, cerca di offrire qualche indicazione in questa direzione. Il percorso che propone nelle tre parti del libro è allo stesso tempo trinitario e biblico con l’originale caratteristica di presentare i personaggi e gli eventi biblici sempre con l’attenzione di non chiudere il discorso sul Mistero con affermazioni apodittiche. Il cammino, dunque consiste nel prendere per mano il lettore, per aiutarlo ad uscire da una visione religiosa del Mistero ed introdurlo in una dimensione esistenziale e, per questo motivo, il discorso deve continuamente stare attento al linguaggio, per non chiudere la riflessione nel già conosciuto. Abramo, in questa prospettiva, diventa il prototipo dell’uscita dalla logica del controllo del Mistero, che era la logica sottesa nell’evento di Babele (p.29). Anche l’esperienza di Mosè la si coglie in questo dinamismo d’incertezza nei confronti di Colui che si manifesta senza mostrarsi e la cui rivelazione del nome, più che risolvere l’enigma dell’identità, la amplia a dismisura. Accettare di mettersi in cammino verso il Mistero, come hanno fatto Abramo, Mosè, i profeti, significa avere il coraggio di abbandonare la tranquillità delle sicurezze, che la religione tenta di offrire, per rimanere aperti all’ignoto. In definitiva, “dobbiamo accettare questa nostra impossibilità di nominare il Mistero, rispettando i mille nomi con cui l’umanità può invocarLo” (p. 37). Questo tentativo di manipolare il Mistero e di ridurlo alla nostra misura umana, è visibile nell’esperienza del vitello d’oro, che manifesta in modo significativo il senso profondo dell’idolatria di Israele, che sta alla base della distruzione del tempio, perlomeno nella rilettura operata dai saggi d’Israele. Nella riflessione che Borghi propone, la distruzione del tempio di Gerusalemme assume un valore paradigmatico, “perché nel tempio si rispecchiava tutta la realtà di Israele, per cui il tempio distrutto significava la distruzione del documento di identità religiosa del popolo” (p.48). La ricostruzione del tempio, come sappiamo, invece di apportare la ricchezza dell’esperienza spirituale di un popolo costretto a vivere lontano dalla propria fonte religiosa, inasprirà l’apparato legale, soprattutto per mezzo della forza acquisita dal gruppo sacerdotale. Saranno i sacerdoti, infatti, a prendere il sopravvento nel nuovo tempio di Gerusalemme, appesantendo il popolo di Israele con leggi e culti, definendo sempre di più la vita religiosa a scapito della ricerca spirituale. Il profeta Isaia, non si stancherà di richiamare in modo duro la religione del tempio per le derive ipocrite in cui incorre. Sottolinea, infatti, Borghi che: “Non serve costruire il tempio, professare una religione, compiere tutti i suoi riti, per poi vivere una vita sbagliata” (p. 49).

La seconda parte del libro è dedicata all’accoglienza del Mistero così come si presenta nell’incarnazione, che ci propone, di fatto, “una logica assolutamente sconvolgente, per la quale il divino non è l’opposto dell’umano, l’immortale non è l’opposto del mortale e la perfezione non è l’opposto dell’imperfezione e il sacro non è l’opposto del profano” (p.53-54). La serietà della scelta dell’umano come spazio in cui si manifesta la divinità, conduce Borghi a centrale la sua riflessione sul Mistero così come si manifesta nell’Incarnazione sul cammino di Gesù compiuto nelle tentazioni. C’è una partecipazione del Mistero alla condizione umana, alle fatiche del vivere quotidiano, delle scelte da compiere. D’ora innanzi, sembra allertarci Giorgio Borghi, la strada per cogliere la presenza del Mistero nella storia degli uomini e delle donne, è quella di porre attenzione all’umanità di Gesù: “Lui ci salva mostrandoci come si può vivere bene, dandoci la forza d’animo, lo spirito corretto per riuscire a vivere e morire come Lui” (p. 59). Ed è nell’esperienza della vita quotidiana che, mentre sperimentiamo la possibilità dell’errore, di camminare per vie che ci fanno male, allo stesso tempo incontriamo il Mistero nelle vesti della Misericordia, che è allo stesso tempo padre e madre. È quello che si percepisce nella seconda tentazione di Gesù, che l’autore analizza utilizzando anche alcuni passaggi del Vangelo di Luca, primo fra tutti la parabola della misericordia. Nella vita quotidiana impariamo a donare misericordia per il fatto che l’abbiamo accolta, perché nella vita senza la misericordia di qualcuno, diventiamo persone dure e tristi. È nella vita di ogni giorno, affrontando le lotte quotidiane che sperimentiamo le nostre paure, tra le quali la possibilità dell’assenza del Mistero. È questo, secondo Borghi, che manifesta la terza ed ultima tentazione, che ha nella passione di Gesù il più alto momento. È in questa circostanza che il dramma del Mistero è vissuto da Gesù nella sua pienezza. L’autore fa notare che è proprio nel contesto della passione che l’evangelista Marco utilizza l’unica volta la parola ebraica Abbà, per esprimere il Mistero a cui il Figlio si affida totalmente, per affrontare l’ora tremenda senza sconti, ma vivendola pienamente nella propria umanità.

Nella terza parte l’autore mostra la presenza del Mistero nell’azione dello Spirito. Anche in questo caso vengono presi in esame alcuni brani del Nuovo Testamento, che permettono di comprendere come lo Spirito del Mistero ci liberi dalle ideologie – gli spiriti immondi -, dalla morale, dalle teologie che tentano di racchiudere il Mistero in definizioni chiuse, per fare spazio alla presa di coscienza della possibilità che tutti e tutte hanno di accedervi. Sino a quando rimaniamo legati ad una forma, ad una religione, non permetteremo al Mistero di rivelarsi nella sua apertura universale. Proprio in Gesù questa possibilità è visibile nel suo modo di agire, che non esclude nessuno, ma anzi diviene cammino di liberazione per tutti. “La missione – scrive Borghi – comincia dalla religiosa Gerusalemme, ma poi si amplia in regioni dove la religione giudaica non è più molto genuina, per arrivare dove non c’è più niente della religione originaria di Gesù o dei discepoli” (p. 97). Entrare in una prospettiva spirituale e anche cristiana non religiosa significa, in primo luogo prendere decisamente le distanze da tutti gli apparati sacrali che creano separazioni e differenze, per abbracciare la manifestazione del Mistero presente in Gesù che accoglie tutti. Per le persone religiose abituate ad identificare il Mistero con le norme e la morale religiosa, il cammino diventa più difficile, ma non impossibile. Questo cammino di liberazione è sottolineato dall’autore nell’esperienza dell’apostolo Pietro, che nell’incontro con Cornelio sperimenta l’apertura universalistica del Mistero e la scoperta che Dio non fa preferenza di persone (cfr. At 11,17), ma diviene possibilità di libertà per tutti e tutte le persone che lo desiderano. Papa Francesco ha ripreso in diverse circostanze quest’importante intuizione riproponendola come atteggiamento di fondo di coloro che si sentono chiamati a portare il Vangelo. Nell’Esortazione Querida Amazonia il papa scrive: “Occorre accettare con coraggio la novità dello spirito, capace di creare sempre qualcosa di nuovo con l’inesauribile tesoro di Gesù Cristo” (p.109). C’è, dunque, una grande possibilità che ci viene offerta nel cammino della nostra umanizzazione, che passa attraverso un percorso spirituale capace di liberarsi dalle infrastrutture religiose, dalle chiusure ideologiche e pregiudiziali delle teologie, dalle costruzioni morali che impongono pesi insopportabili. Il Mistero in quanto tale rimane alla portata di tutti coloro che si mettono in cammino alla ricerca di un senso della vita, attenti alle situazioni che la realtà presente manifesta. È in questo cammino che i cristiani, liberandosi dalla religione e dai residui pagani del sacro, hanno la possibilità di scoprire il Vangelo come spazio aperto all’incontro del Mistero.

La riflessione proposta da Borghi nel so bel libro è a mio avviso significativa per diversi motivi. Il primo è di tipo ecclesiale. È all’interno di un cammino spirituale e non religioso che è possibile cogliere la profondità della proposta di Gesù, che crea una comunità di fratelli e sorelle uguali. Il principio di uguaglianza, ripreso dal Concilio Vaticano II proprio nel documento sulla Chiesa (Lumen Gentium, 32), permette un cammino ecclesiale in cui tutti trovano spazio. La ricerca spirituale del Mistero, libera dalle rassicuranti definizioni teologiche e, per molti aspetti, idolatriche, permette di accogliere il fratello e la sorella nella comunità così com’è, senza pregiudizi culturali e religiosi. Il dibattito attuale sul tema dell’omofobia e del DDL Zan, troverebbe le comunità cristiane che s’ispirano al Vangelo e che provengono da quel cammino spirituale sopra descritto, non in difesa di quella dottrina che crea separazioni e non riesce a cogliere la dignità di Dio negli uomini e nelle donne, ma protesa a farsi casa accogliente di coloro che soffrono discriminazioni a causa della loro diversità sessuale. Questo spettacolo pietoso che stiamo assistendo in questi mesi, che ha coinvolto anche la Conferenza Episcopale, è frutto di quella visione religiosa che da secoli pretende incatenare la forza e la creatività dello Spirito in nome di una dottrina che, alla luce di questi fatti, più che venire da Dio, viene da uomini poco lungimiranti e animati da interessi personali. La lettura del libro di Borghi, che non ha pretese specialistiche, ma che intende condividere un cammino spirituale è, dunque da consigliare e da proporre. Buona lettura.

 

PS: il testo è possibile acquistarlo direttamente dalle Edizioni San Lorenzo.

Qui si trova il video in cui lo stesso Giorgio Borghi presenta il suo libro:

https://www.youtube.com/watch?v=95BF39P3Lug

Gianni Borghi rieletto all’unanimità presidente della Manodori

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Dubbi in merito non ce n’erano. Gianni Borghi, nato a Reggio Emilia nel 1940, è stato rieletto alla presidenza della Manodori; e per la prima volta volta nella storia della fondazione l’elezione è avvenuta all’unanimità. Il significato di questa riconferma espressa dal consiglio generale (appena rinnovato) è importante: in questo modo non solo si promuove una linea di continuità, ma si mette la parola fine a polemiche come quelle che cinque anni fa accompagnarono l’elezione di Borghi (con 7 voti su 13) e della sua vice Cristina Carbognani, preferiti al tandem Grisendi-Vezzani.

Una soluzione, quella di oggi, che mette d’accordo maggioranza e minoranza, e che era diventata preventivabile dopo l’avvicendamento di alcuni membri del consiglio generale, nel rinnovo dell’organo avvenuto due settimane fa.

Borghi, rapresentante designato dal Cis-Scuola aziendale di formazione superiore di Reggio Emilia, guiderà quindi la Manodori per altri cinque anni. La sua elezione è avvenuta nel corso della prima riunione effettuata dal nuovo consiglio generale della fondazione.

Consiglio generale che è così composto: Gino Mazzoli e Romano Sassatelli, designati dal Comune di Reggio Emilia, Leonida Grisendi e Rita Tedeschi, designati dalla Provincia di Reggio Emilia, Ivan Lusetti e Paolo Pignoli, designati dalla Camera di Commercio, Walter Vezzosi, designato dagli Albi dei Medici e Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Reggio Emilia, sentiti Ausl e Azienda Ospedaliera Santa Maria Nuova, Diego Noci, designato dalla Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, Enea Burani, designato dal Forum del Terzo Settore, dal Centro Servizi per il Volontariato e dal Forum delle associazioni Familiari di Reggio Emilia, Domenico Lo Fiego, designato dall’Università di Modena e Reggio Emilia, Armando Anceschi e Valeria Prampolini nominati dal Consiglio Generale della Fondazione Manodori.

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