Giuseppe Dossetti, biografia di una «sentinella»

di: Giulia Cella

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Esce in questi giorni, per i tipi delle EDB, Giuseppe Dossetti di Fabrizio Mandreoli, un volume agile e intenso che ripercorre la biografia di una personalità difficilmente compendiabile, oggetto di «tenacissime resistenze», «sentinella» dei grandi problemi dell’umanità, per sua stessa definizione «strumento e non sostituto» dell’azione del Signore.

Le tappe fondamentali di questa singolare esperienza di vita vengono ripercorse con cura storica e bibliografica. L’impegno politico nella DC e il successivo ritiro proprio all’apice del consenso personale e di quello raccolto dal partito, perché «bisogna guardarsi dal fare per il fare, da un attivismo dissennato. Occorre il contatto con il mondo contemplativo e la dimensione storica degli elementi del sistema». La partecipazione ai lavori preparatori della Costituzione, considerata uno strumento per guardare al futuro e porre «le basi di un ordine nuovo e andare verso nuovi rapporti sociali». La presenza, accanto a Lercaro, al concilio Vaticano II e l’apporto teologico su temi quali la povertà della Chiesa e il superamento della sua visione prevalentemente giuridica in favore della dimensione sacramentale, il rapporto dei cristiani con Israele, il problema della pace e della guerra. Poi ancora la fondazione della Piccola Famiglia, l’esperienza in Medio Oriente e i contatti con i relativi mondi culturali e spirituali, il ritorno in Italia e la proposta di un progetto per Bologna e per l’attività politica dei cristiani.

Quale contributo apporta, oggi, questo libro alla riflessione comune e in particolare al cattolicesimo contemporaneo? Nell’introduzione di Enrico Galavotti leggiamo: «Non si può comprendere la vicenda di Dossetti senza tenere conto del dato che essa è anzitutto la storia di un cristiano sul serio», che ha mostrato una particolare capacità di mettere a disposizione le proprie risorse culturali per favorire radicali processi di riforma basati su un’adesione sempre più netta al dettato evangelico e una sincera apertura all’azione della grazia in vista di un’autentica promozione degli ultimi.

«Sicuramente – spiega Mandreoli – l’itinerario biografico, di discepolato e di pensiero di Giuseppe Dossetti permette di rinvenire nuclei generatori di vita e modi di procedere utili a chi cerca strumenti interpretativi del nostro presente. In particolare, credo sia importante ricordare il suo metodo del “circuito delle due parole”: un incessante confronto tra il discorso dei libri biblici e l’analisi approfondita della storia dei popoli ad ogni livello attraverso un’attenzione ai dinamismi profondi che la percorrono interamente».

Il volume mostra come questo rapporto venga vissuto costantemente da Dossetti all’interno di un dialogo continuo, un «modo sinodale di riflettere» fatto di riflessioni personali e comuni, preghiera, letture attente. Ma soprattutto – conclude Mandreoli – è praticato «a partire dalla vicinanza con i poveri e dal tentativo di condividere la vita dei “senza storia”, di coloro che, per ingiustizie sistemiche, sono deprivati della capacità di esprimere la propria potenzialità e creatività umana. Una storia letta quindi dal basso, dalla prospettiva dei liminali, di coloro che nella corsa globale non riescono a gareggiare, dei popoli, dei subcontinenti e delle categorie marginalizzate. In definitiva, Dossetti ci mostra che la prospettiva preziosa di coloro che nella vita non ce la fanno è il contesto dentro il quale ascoltare la parola di Dio e le parole della storia umana».

Fabrizio MandreoliGiuseppe Dossetti, Prefazione di Enrico Galavotti, EDB, Bologna 2020, 152 pp., 13,50 euro. Recensione pubblicata su Avvenire «Bologna Sette» del 12 luglio 2020.

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Patristica / Ecco la prima biografia di S. Ambrogio

Sarà il bisogno, vero o supposto, delle “radici identitarie”; sarà l’effetto-Bergoglio che obbliga ciascuno di ripensare il proprio cristianesimo e a farci meglio i conti: ma il fatto è che da un po’ di tempo i libri sul IV secolo – quell’età nodale in cui la fede cristiana divenne religio licita con gli editti di Galerio nel 311 e di Costantino e Licinio nel 313, quindi unica religione ammessa nell’impero con quello di Teodosio del 380 – sono diventati moltissimi. E trattare del IV secolo significa doversi misurare di nuovo con i grandi Padri fondatori del pensiero ecclesiale e primi grandi teologi.

La triade fondamentale dei pensatori latini, senza cui la società cristiana non sarebbe stata la stessa, fu Ambrogio, Gerolamo e Agostino. Dei tre Agostino è senza dubbio quello che più profondamente ha inciso sulla società moderna con il fascino delle sue opere, che sono state determinanti nella nascita della stessa psicanalisi. Gerolamo ha presieduto, grazie ai suoi scritti, all’impiantarsi della filologia come scienza fondamentale del Rinascimento e del debutto dell’età moderna. Il riconoscimento della grandezza di Ambrogio è stato più problematico.

Tutta Milano e gran parte della Lombardia echeggiano della sua grandezza, sono inondati dalla sua splendida liturgia e restano fedeli alla sua memoria: eppure altrove, nel resto del mondo cattolico, non gode della stessa fama del traduttore della Bibbia e dell’autore delle Confessioni. Qualcuno lo trova perfino ‘antipatico’ e denunzia – un po’ anacronisticamente – la sua ‘intolleranza’ (non che avesse in effetti un gran bel carattere, d’altronde…). Molto sta però cambiando. In particolare da quando, verso la metà degli anni Settanta, la Biblioteca Ambrosiana, editorialmente appoggiata da Città Nuova di Roma, cominciò a pubblicare tutte le opere del grande vescovo ( Sancti Ambrosii Episcopi Mediolanensis Opera – Opera Omnia di sant’Ambrogio), completate in oltre un quarantennio.

Ai 27 volumi hanno collaborato alcuni tra i più qualificati studiosi di Ambrogio, da Banterle a Pasini, Pizzolato e molti altri, fra i quali va ricordato Visonà per la sua ciclopica, benemerita fatica: due volumi di cronologia e bibliografia ambrosiana. Né va dimenticato quello studioso riservato, ma formidabile, che è Cesare Alzati, alle cui ricerche sul cristianesimo sia niceno sia ariano del IV secolo tanto dobbiamo: ed è qui doveroso il richiamare il suo fondamentale Ambrosiana Ecclesia. Studi sulla Chiesa milanese e l’Ecumene cristiana fra Tarda antichità e Medioevo (Ned 1993).

L’avventura editoriale del corpus ambrosiano è affascinante. Gli scritti del santo erano stati editi per la prima volta presso Froben nel 1527, per cura di Erasmo da Rotterdam. Una più corretta edizione fu approntata a partire dal 1580 a Roma grazie al cardinal Felice Peretti, che la seguì fin quando non ascese al soglio pontificio col nome di Sisto V: cinque volumi preceduti da una Vita redatta dal cardinal Baronio. A queste edizioni fece seguito quella, celebre, dei padri benedettini maurini di Saint-Germain-des-Prés, pubblicata in due volumi a Parigi (1686 e 1690) e poi ripubblicata in quattro volumi nella Patrologia Latinadell’abate Migne, da dove alcune di loro sono passate poi nel Corpus Christianorum. Series Latina.

Oggi, l’edizione dell’Ambrosiana giunge a concludere questo secolare viaggio. Eppure, su Ambrogio resta ancora tanto da dire e da studiare. L’edizione ambrosiana ha rivelato appieno come l’opera e la personalità di colui che iniziò il rètore Agostino da Tagaste al cristianesimo sia un pozzo senza fondo. Come sempre, i buoni lavori non chiudono affatto i problemi: ne aprono di nuovi. Conosciamo tutti i benemeriti profili biografici di Mazzarino, di Pasini, di Savon, quello di alta divulgazione della Storoni Mazzolani, quello fortunatissimo di Paredi ( Sant’Ambrogio e la sua età, che Jaca Book ha condotto lo scorso anno alla quarta edizione), il libro di Leppin Teodosio il Grande (Salerno) che tratta a lungo della non proprio idilliaca collaborazione tra il grande vescovo e il “suo” imperatore.

A tutto ciò va ora aggiunto un nuovo lavoro, benemerito e destinato a diventar insostituibile strumento critico: la bella edizione, accompagnata da una fine traduzione italiana e da un eruditissimo corredo di note, della prima biografia del santo, la Vita Ambrosii redatta presumibilmente fra il secondo e il terzo decennio delV secolo da quel Paolino ch’era stato segretario del santo e probabilmente poi collaboratore di Agostino. Questa Vita si deve all’attenta e al tempo stesso affettuosa cura di monsignor Marco Navoni, ambrosianista e liturgista di grandi meriti. Si tratta in realtà, come con correttezza e modestia ci avverte l’autore, della seconda edizione di quest’operetta breve, ma densa e complessa. La prima uscì quasi due decenni or sono, in occasione del diciassettesimo centenario della morte di Ambrogio.

Ma la cura posta nella correzione e revisione del testo, con i relativi aggiornamenti critici e bibliografici, è tale da indurci a considerare questo lavoro come del tutto nuovo. Ne emerge un Ambrogio aliusque et idem, per nulla ‘apologetico’ nel senso criticamente deteriore del termine, da riconsiderare sotto molti aspetti (mi hanno molto impressionato le osservazioni sul rapporto tra Ambrogio e Teodosio a proposito della faccenda della sinagoga di Callinicum e le pagine sui ‘miracoli punitivi’). Un grazie a monsignor Navoni per questo suo generoso regalo.

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