FILOSOFIA. Balsamo e la bellezza: una lingua da parlare

Avvenire

Per quanto citata sino a sfiorare l’abuso, l’espressione «La bellezza salverà il mondo», che Fedor Dostoevskij mette in bocca al principe Miškin, il protagonista del celebre romanzo L’idiota, conserva una sua straordinaria potenza, forse anche perché si ricollega a una tradizione assai lunga e feconda, all’origine della quale possiamo collocare Platone, che, nel Fedro, asserisce che fra tutte le sostanze perfette soltanto alla bellezza «toccò il privilegio d’essere la più evidente e la più amabile ». Su questa linea si pone Beatrice Balsamo, della quale è stato da poco pubblicato il denso volume intitolato proprio Nella Bellezza. Quando la parola manca che viene presentato domani, sabato 28 novembre alle ore 19, a Verona, nell’ambito del Festival della Dottrina sociale.

La prima sottolineatura la merita il titolo del libro, per il fatto che in esso il termine ‘bellezza’ risulta scritto con la lettera maiuscola. Si tratta di un particolare apparentemente trascurabile ma, in realtà, assai significativo perché fa subito comprendere che l’autrice vuole condurre il lettore verso uno spazio che va oltre la dimensione meramente materiale. Non casualmente, il primo capitolo viene dedicato a un’attenta critica della mentalità, assai diffusa, di coloro che pensano che l’imperativo a cui obbedire sia «Godi, soddisfati», mentre, al contrario, il consiglio migliore è del tutto differente e indica all’uomo una strada ben diversa: «Odi, pensa».

Beatrice Balsamo è convinta che spesso oggi si faccia un uso sciatto e inconsapevole della parola, a volte persino manipolatorio: ciò comporta la perdita di senso. Di fronte a questo fenomeno pericoloso e distruttivo (del quale ancora una volta fu perfettamente consapevole Platone) esiste comunque una via d’uscita, quella della “Bellezza condivisa”. Scrive l’autrice: «La Bellezza, con la sua forza unificante, è pensiero trasformativo verso una ricomposizione dell’esperienza. È rinascita, ma pure giustizia. È funzione vitale, risveglia e approfondisce il senso della vastità e della pienezza che ci riguardano, è giudizio e critica, è capacità di scelta. È slancio, modo di operare, in qualche modo ‘opera d’arte’ sulla materia vivente, è gesto di vita luminoso».

Il campo su cui si gioca la partita decisiva per affermare il valore e il primato della Bellezza è dunque quello della parola. Se la partita sarà vinta, il futuro avrà meno ombre: «Il linguaggio della Bellezza, infatti – afferma con passione la Balsamo – è il linguaggio dell’ascolto integrante, il linguaggio che originariamente è gesto di me attraverso e attraversante l’altro, atto di continua reinvenzione del mondo e di costruzione dell’umanità. La Bellezza è svelatezza e cura».

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Beatrice Balsamo

Nella Bellezza

Quando la parola manca

Mursia. Pagine 142. Euro 16,00

Ma la bellezza ci salverà comunque, perché basta guardarle certe cose e ascoltarli certi suoni per convincersi che hanno la forza di un vaccino

Parole in libertà, in giorni senza libertà: chiusi per virus, non possiamo fare. Ma possiamo continuare a pensare…

Giorno 33

La forza della solitudine, la potenza della voce. Ci sono giorni in cui le suggestioni ti autorizzano a essere più ottimista, e a convincerti che se alla fine andrà tutto bene non sarà grazie a uno slogan buttato lì senza una ragione precisa, ma perché esiste la grazia delle cose.

Preghiera e musica, ieri, mi hanno convinto che l’antidoto ce l’abbiamo già. Che la peste può fare strage, ma che non potrà mai essere più forte della bellezza.

Sembrano solo parole, ma le immagini contano. Ed è bellezza pura quell’uomo stanco vestito di bianco che dice cose finalmente chiare all’Europa, senza sorridere mai ma anche senza urlare. E’ bellezza l’immensità di quella basilica, il gelo caldo del marmo, la magnificenza sobria della Piazza. Ma è uno schiaffo al virus anche il canto di un altro uomo senza occhi, in un’altra chiesa vuota e lucida, cuore di una città deserta dove l’oro di una madonnina brillante cura e vigila.

Da Roma a Milano, le capitali del mondo sovrappongono la loro meraviglia, i lumini che segnano la strada, il suono del Panis Angelicus tra le vetrate, sui pavimenti, la cupola grande e le guglie. Amazing Grace sul sagrato, stupenda grazia, appunto: ero cieco ma ora vedo, dice la canzone, quella grazia che mi ha guidato nella paura. Tanto, troppo di tutto, accidenti: non potrà non arrendersi quel male nascosto di fronte a questa enormità, dono immeritato ma nostro.

Ricordiamocelo, non vantiamocene e non sbattiamolo in faccia agli altri come se fosse un passaporto per ottenere aiuto e rispetto. Abbiamo cose meravigliose senza aver fatto nulla per pretenderle, quasi tutta la bellezza che possediamo è il frutto del lavoro di altri, centinaia, migliaia di anni fa. Uomini che hanno costruito cattedrali e fatto il Rinascimento, composto inni e scritto melodie inimitabili. E ci hanno lasciato in regalo l’eredita della luce che sprigionano, insieme alla pena di sapere che noi non siamo e non saremo mai bravi come loro.

Ma la bellezza ci salverà comunque, perché basta guardarle certe cose e ascoltarli certi suoni per convincersi che hanno la forza di un vaccino. E che Dio c’è, anche solo perché ha permesso che esistano. Non è ancora nato un nemico tanto forte per cancellare un capolavoro: l’armonia è la cura, il disinfettante universale.

Qualcuno ha scritto che per sapere quanto un uomo sia ricco occorre chiedergli quanta bellezza abbia vissuto. Noi, chi più chi meno, siamo ricchi abbastanza per resistere ancora a lungo. Basta aprire gli occhi e liberare le orecchie.

da Avvenire