Una nascente mariologia: gli apocrifi sull’Assunta

di: Mario Colavita

maria apocrifi

Dobbiamo abituarci a vedere gli scritti apocrifi come un tesoro in cui possiamo trovare preziosi indizi che ci richiamano all’ambiente liturgico-cultuale del proto-cristianesimo.

Anche se la Chiesa dal IV secolo in poi li ha disconosciuti, la letteratura apocrifa era così entrata nelle midolla delle comunità che difficilmente se ne è potuto fare a meno.

Per secoli, forse senza saperlo, la liturgia, la poesia, l’arte e la letteratura sono cresciute gomito a gomito con questi scritti.

L’Ufficio catechistico nazionale, in un documento dal titolo “Incontro alla Bibbia” pubblicato nel 1996, scrive a riguardo agli apocrifi: «Gli apocrifi contengono in ogni caso preziose testimonianze di pietà popolare e di tendenze teologiche diverse e, se non ci forniscono nuove informazioni credibili su Gesù né dati dottrinali inediti, ci informano indirettamente sull’ambiente spirituale delle comunità in cui vennero scritti».

Apocrifi come fonte

Popolo e pastori hanno attinto dagli apocrifi per sostanziare e illuminare alcuni punti non chiari della vita dell’infanzia di Gesù, della Vergine Maria, degli apostoli e dei martiri.

Incuriositi e stimolati nel cercare motivazioni, anche per rispondere alle idee eretiche, i primi cristiani attingono alle fonti apocrife per confermare tradizioni e visioni circa la morte e l’assunzione di Maria.

Sin dai primi secoli i cristiani provenienti dal giudaismo si domandavano come la madre di Dio fosse morta, il luogo della sua sepoltura e che fine avesse fatto il suo corpo.

A questi interrogativi rispondono i testi apocrifi dei transiti e delle dormitio dai quali possiamo scoprire indizi che illuminano la vita e la liturgia delle prime comunità cristiane circa il culto della Vergine Madre di Dio.[1]

C’è chi ha scritto che questi testi sono come piccoli torrenti torbidi dove è possibile trovare pagliuzze d’oro; non solo, ai testi apocrifi “mariani” del primo cristianesimo spetta di aver fissato una forma di predicazione e di catechesi che la tradizione ha tramandato nelle sue varie forme.

Gli apocrifi sull’assunta hanno un triplice scopo: quello di difendere, confermare e attualizzare il credere Maria come Vergine madre di Dio. Maria è vergine e gli apocrifi difendono questo dato (prima durante e dopo la nascita), rimane vergine fino alla sua morte e assunzione.

È Madre di Dio, madre di Cristo, per questo ha avuto il privilegio di essere dal figlio custodita nella morte e dopo la morte.

Devozione mariana nascente

La devozione Maria si stava diffondendo tra i giudeo-cristiani. Gli apocrifi ne diffondono il culto… apportando notizie non rintracciabili nei testi canonici. Del resto, nel Nuovo Testamento l’ultima notizia circa Maria è che stava in preghiera con gli apostoli nel cenacolo e poi basta, nessuna parola.

Gli apocrifi mariani mettono in risalto l’idea della vicinanza di Maria alla nostra condizione: con le sue dimensioni più umane e naturali (la stanchezza, la fame, la sete…) e i suoi risvolti psicologici (la nostalgia del Figlio, la preoccupazione di non suscitare malumori e competizioni all’interno del gruppo di pares dei discepoli, l’affetto materno profondo e autentico nei loro confronti) e, per altro verso, ne mettono in evidenza, con grande efficacia, la grandezza, la superiorità morale e spirituale, gli afflati mistici raggiunti dalla sua santità.

Dalla lettura dei transiti emerge in filigrana una chiara e nascente mariologia. Essa è espressione della fede e della devozione dei giudeo-cristiani.

Questa venerazione alla Vergine Maria e Madre di Dio si evince da una serie di titoli con cui Maria viene salutata ora dagli apostoli ora da Cristo.

I titoli, nell’antichità, esprimevano l’onore dato a particolari personaggi, sono espressioni genuine che sostanziano quella devozione mariana che ininterrottamente si è portata fino ai nostri giorni. Questi titoli, poi, hanno un sapore biblico richiamandosi alla storia d’Israele.

L’autore del Transitus Romanus, ad esempio, ha voluto rileggere la storia di Maria con il genere del midrash, una sorta di racconto ebraico che cerca di scavare dentro il testo e attualizzarlo.

L’autore dell’apocrifo ha riletto la Bibbia e ha cercato delle testimonianze che prefigurino Maria con diversi titoli: La Vergine, la casta Colomba, Sorella e Madre, Madre dei dodici rami, Madre dei dispersi, Nuova Eva, Nuova Myriam, Nuovo Tempio, Arca dell’Alleanza, Depositaria del mistero.

Questi titoli mettono in evidenzia l’appartenenza di Maria al popolo ebraico; il richiamo costante alla storia e alla tradizione biblica conferisce a Maria un posto tutto particolare che dai giudeo-cristiani si è poi riversato nel primo cristianesimo.

Titoli mariani

Maria è chiamata Vergine che ha concepito senza corruzione. Per i padri della Chiesa e per gli autori dei testi apocrifi, la verginità è condizione per l’incorruttibilità di Maria nel sepolcro, Inoltre, la verginità unita alla divina maternità diventa presupposto per l’assunzione ad opera del Figlio.

Maria è chiamata casta Colomba con particolare riferimento al Cantico dei Cantici (Ct 2,14). La rielaborazione patristica vede in Maria la “bianca colomba”.

Maria è salutata come Sorella e Madre: l’Angelo Gesù, incontrando Maria, la chiama Madre, successivamente Giovanni la chiama Sorella anche a significare, secondo l’intenzione dell’autore del Transitus, la familiarità di cui Maria godeva nella comunità cristiana primitiva.

Il titolo più emblematico è quello di Madre dei dodici rami. È Giovanni a chiamare Maria con questo appellativo: il 12 rinvia alle tribù d’Israele e, nel Nuovo Testamento, al gruppo dei 12 apostoli. Il titolo unisce splendidamente il dato anticotestamentario con quello della nuova Chiesa in cui Maria diventa trait d’union.

Maria è salutata come Madre dei dispersi: è un titolo dal sapore escatologico nel senso che in Maria saranno radunati i figli di Dio nella nuova Gerusalemme.

Maria è chiamata Nuova Eva e Nuova Myriam. Myriam, sorella di Mosè e Aronne, è guida del popolo (cf. Mi 6,4), profetessa, colei che intercede; secondo il Talmud Babilonese, Myriam sarebbe morta nel bacio di Dio e non avrebbe conosciuto la corruzione della tomba.

Maria è salutata come Nuovo Tempio e Arca dell’Alleanza. Il triste episodio di Iefonia che vuole rovesciare il lettuccio della Vergine ricorda l’episodio di Uzza che, nel toccare l’Arca, fu punito con la morte (cf. 2Sam 6, 6-7). La confessione di Iefonia conferma che Maria è l’arca vivente di Dio.

Maria è chiamata Depositaria del mistero; nel Transitus emerge il tema dell’arcano, del mistero legato alla Sapienza vicina a Dio (cf. Prov 8,22-31).

Questi titoli non fanno altro che amplificare la devozione nella Madre di Dio e presentare la Vergine Maria legata alla storia d’Israele. I testi apocrifi mariani ci aiutano a collocare Maria dentro la storia della salvezza, Maria è Vergine e madre di Dio e collabora con il figlio Gesù per la nostra redenzione. I titoli mariani, passati nella devozione popolare, non fanno altro che confermare il sentire della Chiesa.

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