Sott’acqua per la siccità. Tonio Dell’Olio sull’alluvione in Emilia Romagna

Sott'acqua per la siccità. Tonio Dell'Olio sull'alluvione in Emilia Romagna

adista.it
Nella rubrica “Mosaico dei giorni”, in data di oggi, “Fare pace con l’ambiente”, di Tonio Dell’Olio, sull’inondazione di ieri in Emilia Romagna.

Le immagini e le notizie dall’Emilia ci colgono come di sorpresa. Quasi a pensare che dalle nostre parti non possano succedere disastri simili. Fiumi che esondano, case allagate, famiglie sfollate, persone salvate dai gommoni della Protezione civile… Mentre qualcuno continua a ripetere ad ogni evento che si sia trattato di un fenomeno mai registrato prima e che pertanto con potevano essere prese le contromisure, altri evidenziano che il consumo del territorio, la siccità persistente che rende i terreni pressoché impermeabili, le costruzioni a ridosso degli argini, sono fattori determinanti del disastro. Ma il problema vero è che tra qualche giorno avremo dimenticato acqua e vittime e cercheremo ancora di cementificare e di tenere salde le nostre abitudini. La verità è che il disastro dell’Emilia ha radici lontane nel tempo e dovremmo deciderci solertemente a tagliarle. Intanto in Rwanda le inondazioni e le acque alluvionali in questi stessi giorni hanno causato già più di 100 vittime. Anche loro ci chiedono di fare pace con l’ambiente.

Entro la fine del secolo più di una specie su dieci potrebbe estinguersi

Secondo una nuova ricerca pubblicata su Science Advances la Terra potrebbe perdere più di un decimo del suo patrimonio faunistico e vegetale a causa delle emissioni di Co2specie animali vegetali rischio estinzione entro fine secolo
AGI – “La Terra potrebbe perdere più di un decimo delle sue specie vegetali e animali entro la fine del secolo” se si va avanti così, scrive il Guardian di Londra, tenendo conto dei risultati di una nuova ricerca pubblicata su Science Advances mentre quasi 3.000 scienziati chiedono un’azione da parte dei governi per fermare la distruzione della natura nel corso degli ultimi giorni di negoziati al vertice Cop15 sulla biodiversità a Montreal.

Il tutto a causa della crisi climatica che imprimerà un’accelerazione progressiva di fenomeni di estinzione delle specie nei prossimi decenni: dalle rane foglia agli squali elefante, la minaccia riguarda 150.388 specie, delle quali più di 42.000 potrebbero estinguersi, spesso a causa proprio del comportamento dell’uomo. Secondo i ricercatori, il 6% delle piante e degli animali scomparirà entro il 2050 a causa delle emissioni di Co2 salendo al 13% entro la fine del secolo. Nello scenario peggiore del riscaldamento globale si stima invece che il 27% delle piante e degli animali potrebbe scomparire entro il 2100.

Afferma in proposito il professor Corey Bradshaw della Flinders University in Australia, coautore dello studio: “Si tratta di una ricerca unica perché tiene conto anche dell’effetto secondario sulla biodiversità, stimando l’effetto delle specie che si estinguono nelle reti trofiche locali al di là degli effetti diretti” e i risultati dimostrano che “le interconnessioni all’interno delle reti alimentari peggiorano la perdita di biodiversità”. Un esempio? “Pensiamo a una specie predatrice che perde la sua preda a causa del cambiamento climatico. La perdita della preda comporta una ‘estinzione primaria’ perché senza niente da mangiare anche il suo predatore si estinguerà. Oppure immaginiamo un parassita che perde il suo ospite a causa della deforestazione, o una pianta in fiore che perde i suoi impollinatori perché diventa troppo caldo. Ogni specie dipende in qualche modo dalle altre”, in una concatenazione infinita senza soluzione di continuità, ha precisato il prof. Bradshaw.

La ricerca arriva mentre i colloqui alla più grande e importante Conferenza sulla biodiversità degli ultimi dieci anni a Montreal sono arrivati a un punto critico se non morto. I negoziati dovrebbero concludersi lunedì 19 dicembre, anche se è probabile che vadano oltre. Intanto in una lettera aperta quasi tremila scienziati hanno chiesto ai governi di affrontare il tema del consumo eccessivo delle risorse della Terra nel testo finale per iniziare a invertire la perdita di biodiversità entro il 2030.

Dialogo vero tra scienza, economia e etica: lo promuove – con relatori da tutto il mondo – il convegno alla Gregoriana dedicato a un’ecologia integrale

Tre giorni di dibattiti sull'ecologia integrale all'Università Gregoriana

Da tutto il mondo alla Gregoriana per parlare di ecologia

Sinergia è la parola chiave della Conferenza che richiama per tre giorni all’Università Gregoriana esperti da tutto il mondo. Si discute di transizione ecologica e dell’indispensabile collaborazione tra discipline, tra accademici di diversi Paesi, tra specialisti e società civile. Occuparsi di ecologia integrale richiede una visione olistica, spiega il docente di Teologia morale padre René Micallef
“Transitioning to Integral Ecology? Transdisciplinary Approaches for the Grounding and Implementation of a Holistic Worldview”. E’ questo il tema scelto per la Conferenza che si è aperta oggi pomeriggio all’Università Gregoriana per parlare di passaggio all’ecologia integrale e di approcci interdisciplinari e transdisciplinari.

Padre Micallef sottolinea che arrivano studiosi da varie parti del mondo tra cui l’America del Nord e l’America del Sud. C’è una crescente consapevolezza ecologica in tutto il mondo – ricorda – ed è in corso una transizione verso una società che deve basarsi sulla nozione di ecologia integrale. Affinché questa transizione abbia successo infatti – afferma – deve prevedere una collaborazione tra esperti in diverse discipline accademiche, società civile, politici, leader religiosi e tutti coloro che influenzano la cultura popolare.

Dialogo tra discipline: metodo e obiettivo

Padre Micallef offre uno spunto preciso di riflessione affermando che l’interdisciplinarietà e la transdisciplinarietà sono un metodo di confronto, cioè quello di accostare discipline, come si fa in questo convegno, ma sono anche un obiettivo nel senso che devono creare un vero dialogo in cui gli esperti si  confrontino davvero. Precisa: deve essere rispettata l’autonomia di ogni disciplina ma senza la paura – sottolinea – di dover dire soltanto cose che attengono alla propria disciplina. Piuttosto – aggiunge – gli studiosi devo esprimere anche qualcosa che può stimolare l’altro a rispondere altrettanto liberamente per ottenere delle vere sollecitazioni per il pensiero, perché poi si arrivi a offrire riflessioni serie che dal piano della natura e da quello socioeconomico arrivino al livello dei politici che sono quelli che prendono decisioni. Ci vuole – raccomanda il professor Micallef – un dialogo vero e profondo tra scienze naturali e scienze sociali e economiche e poi con l’etica. E’ fondamentale, secondo lo studioso, il dialogo tra scienze e etica perché sui temi ambientali la scienza evolve e i processi vanno compresi e seguiti con quella responsabilità morale che caratterizza l’essere umano tra gli esseri viventi. Dunque, non è solo questione di dialogo tra scienza e etica ma di un cammino insieme.

La sollecitazione di Papa Francesco

Padre Micallef cita Papa Benedetto XVI e Papa Francesco per parlare di un magistero che da anni propone l’idea di una ecologia integrale. Richiama alla mente naturalmente l’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco, pubblicata nel 2015, e in particolare il punto n.137 dove si legge: “…al momento che tutto è intimamente relazionato e che gli attuali problemi richiedono uno sguardo che tenga conto di tutti gli aspetti della crisi mondiale, propongo di soffermarci adesso a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali”. Ed è da vari anni – chiarisce padre René – che si lavora per preparare questo convegno.

Il significato di economia integrale

Padre René racconta anche di aver compiuto studi scientifici oltre a quelli che lo hanno portato a insegnare teologia morale  e confessa di avere qualche perplessità quando si parla di ecologia così come viene intesa normalmente e cioè i per parlare dei  fenomeni ambientali problematici, che possono essere  cambiamenti climatici o disastri naturali. Ma non è questo il punto più importante. Afferma infatti che stabilito questo significato per ecologia, è interessante comprendere l’aggettivo integrale. Secondo padre Micallef significa non pensare all’ecologia solo su piani come quello biologico, chimico, climatico ma aprire piuttosto a riflessioni su come tutto questo tocchi l’essere umano. Non si può pensare un’ecologia – ribadisce – senza guardare all’umano e alle relazioni umane. Dunque, l’obiettivo è mettere al centro l’uomo ma padre Micallef specifica che non si tratta di farne il re dell’universo ma di ricordare che l’essere umano ha una responsabilità morale particolare da svolgere. L’aggettivo integrale richiama dunque, sono infine le sue parole, all’impegno a integrare tutti questi aspetti pensando  ai più poveri e ai più vulnerabili, rispetto a qualunque fragilità.

Toledot: costruire il presente a partire dal futuro. E intanto nella Chiesa si rischia il “bla bla”

Un’importante novità nella Costituzione della Repubblica italiana: con le modifiche approvate l’8 febbraio si introduce il principio del rispetto per l’ambiente e gli altri viventi, in un’ottica di giustizia trans-generazionale. Profonde le consonanze con le istanze della teologia femminista, ma anche utili suggerimenti per la sostenibilità ecclesiale.

La Costituzione italiana è nata dopo il dramma dei totalitarismi e di una guerra mondiale e ha saputo trasfondere in un testo giuridico la speranza di una società pacifica, condivisa da uomini e donne – le ventuno madri costituenti – di diversa ispirazione ideologica e politica. Doppiato il secolo e dunque il millennio, mantiene il suo orizzonte luminoso, e le recenti modifiche ne interpretano lo spirito. L’approvazione definitiva della proposta di modifiche agli articoli 9 e 41 in materia di tutela dell’ambiente aggiunge nell’articolo 9, alla promozione della cultura e della ricerca e alla tutela del paesaggio e patrimonio storico e artistico, un nuovo comma: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Si potrebbe dire che abbiamo ormai l’acqua alla gola o, come ci ha insegnato Greta Thurnberg, è tardi per fare solo “bla bla” e soprattutto non è il momento di vantare primati di transizione e trasformazione, cancellando mondi, come ha spiegato Vanessa Nekate, la giovane ugandese che era stata tagliata fuori da una foto del Forum di Davos nel 2020.

Anche nel 1946 era stata la più giovane delle donne presenti, Teresa Mattei, a chiedere di apporre al secondo comma dell’art. 3 un “di fatto”: nello stesso modo non basterà bearsi di aver nominato biodiversità, ecosistemi e animali, ma sarà necessario vigilare affinché nella prassi, personale e collettiva, di fatto tutto questo sia tutelato.

Sappiamo bene come la retorica vuota e la mistificazione deliberata siano sempre in agguato, anche ammantate di green o di esibizioni di candidature femminile, a prescindere dai loro programmi. La modifica successiva, all’art. 41, inserisce un elemento di verifica concreta: lavoro e salute, giustizia sociale e ambiente o vanno di pari passo o non vanno da nessuna parte.

Sulla scorta di “tutto è connesso” molti e molte in questi decenni hanno operato nella cura della giustizia e dell’ambiente, nella vigilanza sui mari – a raccogliere le persone e a curare almeno al minimo l’ecosistema. La loro testimonianza ha superato il silenzio e, se parliamo in termini ecclesiali, è diventata magistero nella Laudato si’. La lezione viene da lontano e da molte vie, di uomini e di donne, di persone di scienza avvertite dei problemi e di persone di culture contadine, in Occidente, ma anche in India o in Amazzonia.

Come questione di giustizia è orizzontale – ci sono contesti che pagano un prezzo più alto – e verticale, riguarda le generazioni. La Bibbia conosce un importante sistema di “generazioni”, dette toledot, che è un modo per fare la storia, di dipingere il passato. Oggi come non mai siamo chiamate a rovesciare le toledot: se c’è una speranza di futuro, la generazione si deve in un certo senso “fermare” e ripartire. Oggi, non domani. Greta e Vanessa – loro due come parte per un popolo di ragazze e ragazzi – possono essere, biblicamente parlando, come Noè, inizio di un mondo diverso possibile, perché la cura per domani, pur se ipotecata da ieri, si specchia nell’oggi.

Nelle considerazioni fatte, anche se poche, è evidente la posta in gioco eco/femminista: l’ingiuria all’ambiente è ingiuria a tutti e tutte, soprattutto a chi più è escluso; la discriminazione delle donne o di chiunque per motivi di genere è danno globale. Nello stesso senso, non è fuori luogo l’estensione alle problematiche che sta vivendo la Chiesa cattolica.

L’osservazione di Vanessa Nekate è preziosa: attivista per l’ambiente soprattutto a partire dalle problematiche africane, è stata notata perché ha protestato quando nella foto graziosa dei giovani protagonisti, lei è rimasta fuori campo. Togliere lei è stato cancellare, ha detto, un continente. Non è stato fatto appositamente – questa la risposta – era solo questione di spazio.

Ecco, comunque sia andata nella foto di Davos, una bella metafora per le donne nella Chiesa cattolica e per la riserva maschile dell’ordine. Nessuna malizia, si dice, in questa operazione. Faremo – inutile stressare il soggetto sottinteso di questo maestoso noi – persino un Simposio, bello accogliente e perfino con una quota rosa e diremo che le amiamo molto. Ma bla bla: non cambieremo, né il celibato per gli uomini, né l’esclusione delle donne dall’ordine, perché nella foto sacra non c’è posto. Mi sbaglio? Spero con tutto il cuore di sì.

In ogni caso, se il mondo/ambiente non può sopravvivere a una modalità che non rispetti la biodiversità e gli animali, neanche il mondo/chiesa può andare avanti in modalità escludente. Oggi, non domani. Toledottoledot: dobbiamo ripartire e non sarà un Simposium a dire l’ultima parola.

Il Regno

La Costituzione cambia per tutelare l’ambiente e salvaguardare il futuro

Principio Ambiente Nel nome dei figli

Cambiati due articoli della Costituzione per la piena tutela di biodiversità ed ecosistemiLa tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi entra tra i principi fondamentali della Costituzione e aggiunge un lascito per le generazioni future tra i pilastri su cui si fonda il patto che ci lega come cittadini. Con uno solo contrario e sei astenuti, la Camera ha approvato ieri la riforma che modifica l’articolo 9 e l’articolo 41.

Poche righe per inserire la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi italiani tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, e aggiungere un lascito per le generazioni future tra i pilastri su cui si fonda il patto che ci lega come cittadini. Con 468 voti a favore, uno solo contrario e sei astenuti, la Camera ha approvato ieri in via definitiva la riforma che modifica l’articolo 9 e l’articolo 41 della legge fondamentale dello Stato, inserendo un indirizzo di tutela ambientale che supera il generico riferimento alla difesa del paesaggio da sempre contenuto nel testo. Grazie alla maggioranza dei due terzi dei componenti, ampiamente superata, il provvedimento entrerà subito in vigore, senza bisogno di un eventuale referendum confermativo (possibile in caso di maggioranza assoluta).

L’articolo 9, che enuncia tra i compiti della Repubblica anche quello della salvaguardia del «paesaggio» e del «patrimonio storico e artistico della Nazione», sarà integrato con l’aggiunta della frase: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». C’è poi l’articolo 41, riguardante la libera iniziativa economica, che oltre a non arrecare danno «alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», come già prescritto nel secondo comma, non dovrà nuocere neanche «alla salute e all’ambiente». Modifica simile per il terzo comma dello stesso articolo, che tra i fini della libera iniziativa economica, prevede da ieri, assieme a quelli «sociali», anche quelli «ambientali». Il provvedimento espande infine l’ambito di applicazione della disciplina per la tutela degli animali anche «alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi sta- tuti».

La proposta di legge, votata a Montecitorio in quarta lettura complessiva, è il risultato di otto iniziative parlamentari confluite nel testo unificato passato ieri e dà seguito a numerosi tentativi di revisione dell’articolo 9 della Costituzione giunti dalle due Camere nel corso degli anni, oltre che ai diversi riconoscimenti de facto degli stessi principi compiuti dalla legislazione ordinaria e dalla giurisprudenza costituzionale.

Il primo a rallegrarsi per il traguardo raggiunto è stato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, presente in Aula per quella che considera «una giornata epocale», preludio di «un passaggio imprescindibile per un Paese che sta affrontando la propria transizione ecologica». «Per le azioni che facciamo oggi e per le conseguenze che ci saranno, questa conquista è fondamentale – ha proseguito – e ci permette di avere regole ben definite per proteggere il nostro pianeta». Soddisfazione espressa anche dai parlamentari in modo trasversale, come era prevedibile, ma in particolare da quelli del Movimento 5 stelle, da sempre in prima linea su questi temi: «Si tratta di un passaggio storico. Un segnale chiaro del Parlamento, un faro per il presente e il futuro del nostro Paese», ha commentato il presidente della Camera, Roberto Fico, mentre per i componenti pentastellati delle commissioni competenti (Ambiente e Affari costituzionali) si tratta di «una svolta importantissima », di «uno strumento per contrastare la crisi climatica» e di «una vittoria decisiva per garantire un futuro migliore alle prossime generazioni e un modello di sviluppo sostenibile». «Una giornata storica» si legge in un tweet postato sul profilo di Palazzo Chigi, al quale si associano anche Italia Viva, la Lega e in ordine sparso quasi tutte le altre formazioni. In serata è arrivato anche il plauso delle maggiori organizzazioni di tutela ambientale, dal Wwf a Greenpeace, fino alla Lav.

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Il testo unificato passa con 468 voti a favore e uno solo contrario, entrerà subito in vigore Il ministro Cingolani: «Giornata epocale» Esultano anche le associazioni ambientaliste

Ambiente. Il clima cambia il profilo delle Alpi

Ritiro dei ghiacciai e frane: le nostre montagne sono sempre più fragili e instabili a causa della crisi climatica e del surriscaldamento globale
Il ghiacciaio dell'Adamello, il più esteso d'Italia, si è ritirato di circa 10-12 metri dal 2016 ad oggi

Il ghiacciaio dell’Adamello, il più esteso d’Italia, si è ritirato di circa 10-12 metri dal 2016 ad oggi – Legambiente

Mentre Greta Thunberg si fa fotografare, come ogni venerdì da oltre tre anni a questa parte col cartello in mano “Skolstreik for climate week 173” (sciopero per il clima, 173esima settimana, ndr), i ghiacciai delle nostre montagne si ritirano sempre di più. Le Alpi sono sempre più fragili, vulnerabili e instabili a causa della crisi climatica e del riscaldamento globale. «Due gli indicatori che testimoniano quanto ormai sta accadendo ad alta quota – spiegano da Legambiente – l’aumento ad un ritmo sempre più accelerato della fusione dei ghiacciai che stanno perdendo superficie e spessore. E l’aumento di frane, valanghe di roccia e di ghiaccio dovuto principalmente dalla riduzione dell’estensione e della durata del manto nevoso» denuncia l’associazione ambientalista e il Comitato glaciologico italiano (Cgi).
«La comparazione delle misure della campagna glaciologica sui ghiacciai delle Alpi Occidentali indica che l’annata 2019/2020 è risultata meno sfavorevole di altri anni recenti, ma pur sempre negativa – informano i ricercatori – La tendenza al ritiro frontale segnalata dai monitoraggi degli ultimi decenni è stata accompagnata da veri e propri fenomeni diffusi di collasso delle masse glaciali, anche in settori distanti dalle fronti glaciali». I regressi registrati lungo la fascia orientale delle Alpi sono meno drammatici di quelli del 2019 (quando ad esempio il Ghiacciaio del Gran Paradiso risultava arretrato di 335 metri), ma pur sempre in alcuni casi dell’ordine delle decine di metri (-70 metri al Ghiacciaio Occidentale del Gran Neyron, Gran Paradiso).
Negli ultimi 100 anni i ghiacciai delle Alpi europee hanno perso circa la metà del loro volume. Il 25% della restante quantità si è perso tra il 1975 e il 2000 e il 10-15% nei primi 5 anni del nostro secolo. Preoccupa la situazione delle Alpi del nostro Paese, dove da Ovest a Est si registra un marcato regresso dei dei ghiacciai. La stessa sorte sta toccando anche al Glacionevato del Calderone, sul Gran Sasso, in Abruzzo. Sulle Alpi orientali il massimo ritiro frontale (83,5 metri) si è registrato nel Ghiacciaio di Saldura Meridionale, su quelle centrali si segnala il Ghiacciaio dei Forni la cui fronte è arretrata di oltre 48 metri.
«Le Alpi, e più in generale gli habitat di montagna – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – subiscono molto prima e maggiormente rispetto ad altri luoghi, gli effetti della crisi climatica, diventando un ambiente sempre più esposto alle sue conseguenze e più fragile. Per questo è fondamentale che si definiscano al più presto adeguate strategie e piani di adattamento al clima su scala regionale e locale, perché non si può perdere più altro tempo. Nel nostro Paese, particolarmente vulnerabile ai fenomeni di instabilità naturale, l’accelerazione del cambiamento climatico rende necessarie ulteriori misure di protezione e adattamento».
«La riduzione dei ghiacciai – aggiunge Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente – insieme alla degradazione del permafrost e all’aumento della frequenza delle frane descrivono una crisi già in atto. Si tratta di fenomeni studiati e conosciuti per i quali oggi siamo in possesso di una solida base di dati. Al contempo non mancano le proposte di policy di adattamento di cui siamo promotori su diversi tavoli nazionali. La Strategia Nazionale delle Aree Interne, ad esempio, anche attraverso i fondi europei in arrivo, potrebbe costituire un’occasione imperdibile per costruire soluzioni comuni a problemi ricorrenti, favorendo al contempo paradigmi condivisi».

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