Abusi e donne consacrate

Quando il libro uscì in prima edizione nel 2016 (EDB) era una delle prime voci che affrontava il tema scomodo degli abusi sulle donne consacrate. Esce ora la seconda edizione del volume di Anna Deodato Vorrei risorgere dalle mie ferite. Chiesa, donne, abusi (EDB, 2023 – qui) con alcuni significativi arricchimenti.

«La comprensione del tema degli abusi si è dilatata e approfondita in due direzioni: dall’abuso sessuale alle diverse forme di abuso di potere, di coscienza e spirituale; dall’abuso come dinamica di rapporto vissuto tra due persone, all’abuso che deve essere interpretato in chiave sistemica», cioè all’interno del contesto “abusante” e in relazione alle vittime “secondarie”, la famiglia e la comunità. Fino ad arrivare alle responsabilità della Chiesa.

La devastazione dell’abuso
Dopo venticinque anni di lavoro di accompagnamento, l’autrice, donna consacrata nella diocesi di Milano, così definisce l’abuso: «una dinamica di potere, supremazia, dominio verso una o più persone che sono in situazione di vulnerabilità e dipendenza per età, circostanze di vita, bisogni affettivi personali, situazioni di vulnerabilità psicofisica. È una rottura grave, che accade all’interno di una relazione di fiducia a causa di un tradimento irreparabile che lascerà una ferita perenne nell’intimo della persona».

Nella vita consacrata le forme abusanti si manifestano nella stretta cerchia delle relazioni ecclesiastiche (superiore, formatrici, confessori, direttori spirituali, fondatori ecc.) con conseguenze devastanti sulla psicologia, il fisico, le relazioni, i comportamenti e sulla stessa fede. Sono di tipo sessuale, ma anche di coscienza e spirituale.

L’abuso di coscienza «è la violazione della libertà interiore di un’altra persona». «L’abuso di coscienza diventa abuso spirituale quando l’abusatore parla e agisce a nome di Dio facendo valere la sua autorità spirituale, teologica o ecclesiale, in virtù del ministero che gli è stato conferito». Le indicazioni teoriche si mescolano e si spiegano con riferimenti diretti a casi affrontati a cui si fa riferimento con grande rispetto e discrezione. «Io sono stata abusata, sono, come si dice, una vittima…, ma pochi sanno cosa veramente vuol dire continuare a vivere come la vittima di una violenza che in un certo senso si ripete ogni volta in cui tu cerchi di riprenderti la tua libertà e la tua dignità».

Il corpo ricorda
La memoria può essere rimossa, la psiche può difendersi nella negazione, ma il corpo ricorda. E il corpo femminile in particolare, violato nella sua dimensione corporea intima e nei suoi cicli. «Il mio corpo non è più segnato dal tempo. È stato oppresso in un tempo buio. Non scorre più nel ritmo del tempo il sangue della mia vita. Attendo il tempo della luce. Attendo che il mio corpo di donna torni a parlare nel tempo».

Tornare ad amare il proprio corpo è spesso un cammino lungo e pieno di contraddizioni. La biancheria, il vestito e l’abito sono conquiste ma, qualche volta, anche negazioni: «Quanta fatica! Guarirò? Vivrò ancora? Non dico più che ho l’ansia perché ciò che sento è più forte della solita ansia, e non è tensione provocata dalla rabbia che si può scaricare, è qualcosa di più profondo, sì, è collegata alla colpa».

La colpa, accanto alla paura e alla vergogna sono i sentimenti che accompagnano l’abusata. «Per la forza simbolica della relazione e per una sorta di identificazione proiettiva, la rabbia per ciò che si è subìto si trasformerà nel senso di colpa che si insinuerà nella coscienza sino a far pensare di aver fatto qualcosa di male o di sbagliato, per meritarsi tanta violenza, sino a credere di essere “sbagliate” nel desiderare qualche minima cura per sé stesse».

La parola, il pianto e il grido sono i segnali di una progressiva coscienza di sé e della propria dignità. La discrezione, la tenerezza, la cura costituiscono il contesto del possibile riscatto.

Colpa, paura, vergogna
Anche la fede, come tutte le dimensioni vitali, è drasticamente rimessa in questione dall’abuso e necessita di una paziente ricostruzione. «Lavorando con le consacrate, questo vissuto di lutto si manifesta nel transito interiore che porta a una riappropriazione della dignità del cuore e del corpo; nella faticosa uscita dalla propria congregazione o istituzione religiosa per un nuovo progetto di vita; nel dover ritrovare motivazioni profonde per riuscire a rimanere in comunità da un più profondo e adeguato cammino personale. Tutto questo va attentamente sorretto, riconoscendo e sostenendo la lotta della fede».

Passaggi importanti sono dedicati alle comunità di riferimento che non sono elemento marginale nel permettere l’abuso e, eventualmente, nell’accompagnare il riscatto. Anche le famiglie di origine e le relazioni sororali e fraterne possono indicare alcune fragilità non risolte, ma anche rappresentare un rifugio e una consolazione dopo i drammi vissuti.

Abusatori e abusatrici
Sugli abusatori maschi – la maggioranza – molto si è già scritto. Diversamente dalle abusatrici: «La donna che abusa è quasi sempre nella condizione di poter stabilire all’interno della comunità uno stile di leadership marcatamente narcisista, paranoide e antisociale. Ha molto potere designato sulle altre e ricopre il ruolo di leader ispiratore del gruppo, di superiora o di formatrice, incarichi che richiedono, d’ufficio, una sottomissione della consacrata e una deliberata istanza d’obbligo nell’apertura dell’intimità che, teoricamente, dovrebbe permettere il discernimento».

La vittima designata è in genere giovane, docile, accondiscendente con una debole capacità di mantenere i propri confini. Nell’abuso di una donna verso l’altra la questione centrale non è il lesbismo quanto la psicodinamica narcisista associata a una struttura di personalità gravemente compromessa.

Le potenziali «abusatrici» hanno personalità disturbate, investite di potere in un contesto chiuso e privo di confronti.

Tornano nel testo ripetuti riferimenti a quanto è richiesto all’accompagnatore, ai suoi atteggiamenti e competenze, come alla insistita necessità di un intervento di rete di diverse competenze. Le numerose note rimandano alle pubblicazioni più rilevanti del settore, alle diverse scuole di intervento e alle ragioni che presiedono alle scelte compiute.

Testimoniare davanti all’assemblea
Si può agevolmente riconoscere nelle note i nomi del «gruppo di mischia», i competenti che costituiscono, assieme ad altri, il riferimento abituale delle riflessioni ecclesiali sull’abuso: Enrico Parolari, Luisa Bove, Amedeo Cencini, Gottfried Ugolini ecc.. Oltre ad una delle loro «palestre» abituali: il trimestrale Tredimensioni, edito dall’editrice Àncora. In appendice sono ripresi alcuni dei testi magisteriali fondamentali relativi agli abusi, a indicare il percorso compiuto dalla Chiesa e i grandi passi compiuti.

Nel testo emerge, infine, con una certa forza, il tema della testimonianza, di poter dire ciò che purtroppo è successo. Un’esigenza del terapeuta, per mettere in guardia le comunità religiose, e non solo, della gravità e della serietà dello scandalo, educando i credenti a prendersene cura. Ma anche delle stesse vittime. «Come fare a superare la rabbia e non allontanarsi dalla Chiesa, dalla fede? Come fare a difendermi da chi, di fronte a questi crimini, ha minimizzato, nascosto, messo a tacere, o anche peggio non ha difeso i più fragili, limitandosi meschinamente a spostare i sacerdoti a nuocere da altre parti? Di fronte a questo, noi vittime innocenti, sentiamo amplificato il dolore che ci ha ucciso».

«La Chiesa mi ha costruito e la Chiesa mi ha distrutto. Grazie alla medicina, alla psicologia e alla scrittura ho fatto molti progressi. Oggi la mia distanza radicale dall’istituzione ecclesiale non mi esime tuttavia dal chiedere una cosa essenziale per la mia completa guarigione: che la Chiesa non solo accetti di riconoscere le sue responsabilità, ma che lo dichiari chiaramente e pubblicamente, intraprendendo un’opera di ricostruzione e imponendosi una revisione generale. Con la mia testimonianza spero di contribuire a tutto ciò».

settimananews.it

Lotta agli abusi. Il Papa: «Nessun silenzio può essere accettato»

Francesco ha ricevuto questa mattina referenti dei servizi e dei centri di ascolto diocesani della Cei. «Importante perseguire coloro che commettono tali crimini, ancor più se in contesti ecclesiali»

L'udienza di papa Francesco con i referenti sei Servizi e dei Centri di ascolto per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili delle diocesi italiane

L’udienza di papa Francesco con i referenti sei Servizi e dei Centri di ascolto per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili delle diocesi italiane – Siciliani

avvenire.it

“Nessun silenzio o occultamento può essere accettato in tema di abusi. Questa non è materia negoziabile”. Così si è espresso questa mattina, 18 novembre, il Papa nell’udienza ai referenti dei servizi e dei centri di ascolto diocesani della Conferenza Episcopale Italiana. Per Francesco “è importante perseguire l’accertamento della verità e il ristabilimento della giustizia all’interno della comunità ecclesiale anche in quei casi in cui determinati comportamenti non siano considerati reato per la legge dello Stato, ma lo sono per la normativa canonica”.

“La cura delle ferite – ha proseguito il Pontefice – è anche un’opera di giustizia. Proprio per questo è importante perseguire coloro che commettono tali crimini, ancor più se in contesti ecclesiali”. “Loro stessi – ha sottolineato Papa Francesco – hanno il dovere morale di una profonda conversione personale che conduca al riconoscimento alla loro infedeltà” e all'”umile richiesta di perdono delle vittime per le proprie azioni”.

Dopo aver salutato il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, il segretario generale, monsignor Giuseppe Baturi e il vescovo incaricato di seguire l’attività di protezione dei minori, Lorenzo Ghizzoni, il Papa ha lodato l’impegno della Chiesa italiana su questo fronte. “Voi rappresentate – ha detto – l’impegno della Chiesa in Italia nel promuovere una cultura di tutela per i minori e i più vulnerabili. E mi congratulo anche perché avete risposto prontamente all’ invito con il rapporto sulla vostra rete territoriale” (rapporto presentato giovedì ad Assisi, a conclusione dell’assemblea straordinaria dei vescovi, ndr).

Francesco ha poi indicato tre verbi per indirizzare l’azione di prevenzione e protezione anche in futuro. “Custodire, ascoltare e curare”. Quanto al primo. ha spiegato: “Custodire è partecipare attivamente al dolore delle persone ferite e far sì che tutta la comunità sia responsabile della protezione dei minori e di chi è più vulnerabile. Tutta la comunità cristiana, nella ricchezza delle sue componenti e competenze, dev’essere coinvolta, perché l’azione di tutela è parte integrante della missione della Chiesa nella costruzione del Regno di Dio”. Custodire, in sostanza, “significa orientare il proprio cuore, il proprio sguardo e il proprio operato a favore dei più piccoli e indifesi”. E vuol dire anche, ha aggiunto il Pontefice, “prevenire le occasioni di male, e questo è possibile soltanto attraverso una costante attività di formazione, volta a diffondere sensibilità e attenzione alla tutela dei più fragili. E questo è importante anche fuori dal nostro mondo ecclesiastico. Pensate – ha specificato il Papa – che, secondo le statistiche mondiali, tra il 42 e il 46 per cento degli abusi si fanno in famiglia o nel quartiere. Zitto, si copre tutto: gli zii, i nonni, i fratelli, tutto. Poi, nel mondo dello sport, poi nelle scuole, e così via”.

Il secondo elemento è ascoltare, ha ribadito il Pontefice. “L’ascolto delle vittime è il passo necessario per far crescere una cultura della prevenzione, che si concretizza nella formazione di tutta la comunità, nell’attuazione di procedure e buone prassi, nella vigilanza e in quella limpidezza dell’agire che costruisce e rinnova la fiducia. Solo l’ascolto del dolore delle persone che hanno sofferto questi terribili crimini apre alla solidarietà e spinge a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta. Siamo chiamati a una reazione morale, a promuovere e a testimoniare la vicinanza verso coloro che sono stati feriti da un abuso. Saper ascoltare è prendersi cura delle vittime”.

Infine “solo percorrendo la strada del custodire e dell’ascoltare è possibile curare”. Le vittime, innanzitutto, ma anche i colpevoli. A tal proposito il Papa ha detto: “Loro stessi hanno il dovere morale di una profonda conversione personale, che conduca al riconoscimento della propria infedeltà vocazionale, alla ripresa della vita spirituale e all’umile richiesta di perdono alle vittime per le proprie azioni”.

Nell’ultima parte del suo discorso, papa Francesco è tornato a lodare l’impegno della Cei su questo fronte, aggiungendo anche una richiesta riguardo alla lotta contro la pedopornografia. “Esprimo apprezzamento per le realtà che voi rappresentate, Servizi per la tutela dei minori e Centri di ascolto, diffusi in tutto il Paese come luoghi cui riferirsi per trovare ascolto. Continuate a compiere ogni sforzo. E prendetevi cura anche di una cosa molto brutta che succede, che sono i filmati pornografici che usano i bambini. Questo succede, anzi, è a portata di mano di chiunque paghi, sul telefonino. Dove si fanno, questi filmati? Chi è il responsabile? In quale Paese? Per favore, lavorare su questo: è una lotta che dobbiamo fare perché si diffonde nei telefonini la cosa più brutta”. Continuate a compiere ogni sforzo perché tutti coloro che sono stati feriti dalla piaga degli abusi possano sentirsi liberi di rivolgersi con fiducia ai Centri di ascolto, trovando quell’accoglienza e quel sostegno che possano lenire le loro ferite e rinnovare la fiducia tradita”.

Francesco si è soffermato pure sui risultati della rilevazione sulle attività dei Servizi e dei Centri. “Mettono in luce – ha sottolineato – proprio il bene che sapete compiere sul territorio, facendovi prossimi a chi ha patito una ferita lacerante. Quello che state facendo è prezioso sia per le vittime sia per tutta la comunità ecclesiale. Emerge da queste pagine la testimonianza di un impegno costante e
condiviso. Questa è la strada per creare fiducia, la fiducia che porta ad un reale rinnovamento”. Il grazie del Pontefice si è quindi esteso anche al “supporto che state fornendo ad altre Conferenze Episcopali; come pure per il sostegno ai piani della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori verso quei Paesi, specialmente in via di sviluppo, che dispongono di scarse risorse per la
prevenzione e per l’attuazione di politiche di tutela. Andate avanti!”, ha concluso.

Abusi, workshop internazionale sulla tutela negli istituti religiosi

Alcune suore
L’iniziativa “Creare una cultura della tutela” promossa da UISG e USG si terrà alla “Fraterna Domus” di Sacrofano dal 6 al 10 novembre e si avvarrà dei contributi di oltre 130 partecipanti di 39 nazionalità diverse
Vatican News

“Creare una cultura della tutela”. È questo il titolo del workshop, promosso dalle due Unioni dei superiori e delle superiore generali (USG-UISG), su cui saranno chiamati a confrontarsi 132 partecipanti, provenienti da 90 congregazioni e rappresentanti di 39 diverse nazionalità. L’evento si terrà presso la comunità “Fraterna Domus” di Sacrofano, alle porte di Roma, dal 6 al 10 novembre 2023 e avrà come obiettivo centrale la creazione di una cultura della tutela all’interno delle congregazioni religiose. Si tratta di un’opportunità senza precedenti per i leader religiosi e i responsabili della tutela provenienti da tutto il mondo, che avranno la possibilità di apprendere, condividere esperienze e collaborare per promuovere un ambiente sicuro e inclusivo per tutti i membri delle congregazioni religiose e le persone alle quali servono, specialmente minori e adulti in situazioni de vulnerabilità.

Cinque punti chiave
Saranno cinque i punti chiave del workshop: fornire una formazione completa sui passi da compiere per creare una cultura della tutela attraverso la protezione e la prevenzione; offrire informazioni dettagliate sull’abuso di minori e adulti vulnerabili, compresi i membri religiosi e i giovani in formazione; dare voce ai sopravvissuti, consentendo loro di condividere le proprie storie; approfondire la conoscenza sulle pratiche di prevenzione degli abusi, inclusa la formazione, il reclutamento e l’attuazione di politiche; esplorare le modalità di risposta ai problemi, tra cui la gestione delle accuse, il ruolo del diritto civile e canonico, la cura delle persone colpite da abuso e la comunicazione efficace con gli altri.

Esperti nel campo
A facilitare l’incontro saranno esperti di fama internazionale nel campo della tutela e della prevenzione dell’abuso, tra cui fratel Brendan Geary, suor Maria Rosaura González Casas, padre Tim Brennan, Tina Campbell, e suor Tiziana Merletti. “Le situazioni di abuso sono un problema serio al quale dobbiamo far fronte, e questo workshop rappresenta un’opportunità per imparare a creare ambienti sicuri per i membri delle nostre congregazioni e le persone a chi serviamo”, afferma fratel Emili Turú, segretario generale dell’USG, co-organizzatore di questo evento. Da parte sua, suor Mary John Kudiyiruppil, vice segretaria della UISG, dichiara: “Siamo entusiasti di vedere che così tante persone da tutto il mondo abbiano deciso di unirsi a noi per questo evento così importante”.

L’educatore di CL arrestato per abusi. Si trovavava a Caorle presso i genitori ed era già sospeso da ogni incarico

farodiroma.it

“Dispiacere e costernazione”: è quanto esprime Comunione e Liberazione per ciò che “emerge dall’indagine in corso da parte della magistratura a carico di una persona coinvolta nell’attività educativa del movimento”. In un comunicato, si spiega che “in ottemperanza alla normativa per la tutela dei minori adottata dalla Fraternità di Comunione e Liberazione, la persona indagata è stata sospesa da ogni incarico educativo”, settimane fa, “non appena è stata segnalata l’eventualità di possibili abusi e ricevuta l’informazione che la segnalazione “era già stata rivolta anche alla autorità giudiziaria competente”.

Andrea Davoli, 52enne di Reggio Emilia insegnante di religione e responsabile provinciale del gruppo ’Gioventù studentesca’ del movimento ’Comunione e liberazione’, arrestato ieri mattina a Caorle – nella casa dei genitori – con l’accusa di violenza sessuale su minore. Su una 14enne reggiana, la stessa che ascoltata dagli investigatori ha definito Davoli “un memores”, cioè membro dei laici consacrati che fanno capo al Mivimento attraverso un istituto secolare fondato ugualmente da Don Giussani. Tra il 6 e l’8 aprile, durante un ritiro spirituale in preparazione della Pasqua a Rimini l’educatore di Cl avrebbe approfittato di un momento di debolezza della 14enne – affidata alla sua tutela dai genitori – per avere con lei un rapporto sessuale.

Stando alla ricostruzione della vicenda e alla testimonianza della giovane, l’uomo aveva prima instaurato con lei un rapporto di amicizia, partendo dal dicembre del 2022. La ragazzina ha parlato di un momento molto buio e di fragilità che stava attraversando. Poi con il passare del tempo il 52enne avrebbe iniziato a toccarle le parti intime fino ad arrivare ad avere un rapporto sessuale completo durante il ritiro spirituale che si è svolto a Rimini, lo scorso aprile. Ma non solo. La ragazzina ha raccontato che i rapporti sessuali sarebbero andati avanti anche in seguito, in particolare dopo la scuola, quando l’uomo la riaccompagnava a casa. E lui, per riuscire ad avvicinarla, in una occasione, si sarebbe nascosto dietro i cassonetti dell’immondizia in attesa di avvicinarla.

Nella nota, Comunione e Liberazione fa sapere di essere “in contatto con la famiglia della minore coinvolta per fornire ogni possibile supporto e aiuto, accompagnandoli anche nella preghiera in questa dolorosa vicenda”. Il movimento auspica che venga “mantenuto il dovuto riserbo sul caso, in attesa e confidando che il lavoro delle autorità competenti faccia al più presto chiarezza”.