Sussulti. Tra foglie, tabernacoli e qualcosa di «ultraumano»

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Sussulti… «Prendere in mano una foglia»: ieri sul “Fatto” (p. 16) Maurizio Maggiani riflette profondo su «una foglia caduta dal gelso» finita sulla sua mano, e chiedendo al lettore di immedesimarsi nella vicenda e «dare un’occhiata non svagata e supponente» conclude: «Non state tenendo forse in mano un’irraggiungibile, ultraumana bellezza da costruire un tabernacolo solo per lei?».
«Bellezza», «sovrumana», «tabernacolo»… D’istinto tu ricordi la grande tradizione biblico-teologica: «Uno, Vero, Buono e Bello» come unica realtà perfetta in Dio. Pensi che Maggiani, uomo di cultura popolare e alta, scrittore raffinato, ha forse letto Tommaso d’Aquino e le sue cinque vie ((I, Q. 2, aa. 1 -3).
E poi quell’immagine … il «tabernacolo»! Tu leggi e pensi al Dio donato in Gesù, da Betlemme fin proprio al Tabernacolo. Bella sorpresa, dalle foglie, e quindi dai boschi. Finito? Macché! Domenica (“Sole 24 Ore” pp. 1 e 18: «Il ritorno alla Terra non è utopia») trovi ampia riflessione di Bruno Forte sulla necessità di una prassi preziosissima che ovunque tenga conto, a beneficio di tutti gli uomini, dell’importanza per tutti delle «risorse naturali», tra agricoltura e ambiente: il ritorno alla terra. Una ecologia della bellezza, e anche della… salvezza!
E sempre domenica, sempre a proposito di sussulti inattesi, tra natura e… tabernacoli, pure in senso metaforico, ecco (“Giornale”, p. 14: «Se la vita inizia a evolversi già nella pancia») un pensiero di Karen Rubin sulla vicenda insieme drammatica, dolorosa e felicemente vitale, di un bimbo che nascerà vivo dalla pancia della mamma già morta. Dunque: una foglia, la bellezza suprema, un tabernacolo offerto dalla fede e un altro, pur metaforico, presente nel dono della vita. Questa vita, in questo mondo, visitato anche da una «irraggiungibile sovrumana bellezza». Da pensarci su, tutti…

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