Sud Sudan Orrori in Sud Sudan. Rapporto della Commissione dell’Onu incaricata di indagare sulle violazioni dei diritti umani

L’Osservatore Romano
Testimonianze di orrori: è il contenuto del rapporto dell’Onu sulle violazioni dei diritti umani perpetrate nella guerra civile in corso ormai da cinque anni nel Sudan del Sud. Il documento sarà presentato ufficialmente a Ginevra il mese prossimo, ma alcuni stralci sono stati consegnati in visione alla stampa ieri. La commissione, che ha stilato il documento, ha raccolto 230 testimonianze e altro materiale che — secondo gli autori del rapporto — rappresentano «sufficienti prove» sia contro le forze del presidente Salva Kiir sia contro i ribelli che si oppongono al suo governo. E spuntano anche alcuni nomi. Il conflitto è scoppiato nel 2013, due anni dopo che il nuovo stato africano aveva ottenuto l’indipendenza dal Sudan.
Si parla di occhi cavati dalle orbite, stupri di gruppo, evirazioni e decapitazioni. Quello che passa attraverso le agenzie di stampa è una serie di indicibili orrori e sevizie. Un uomo di Pegak ha riferito che, mentre si nascondeva da militari governativi, a sua madre sono stati cavati gli occhi perché aveva cercato invano di impedire che 17 militari violentassero sua figlia di 17 anni, mentre suo padre veniva decapitato.
La commissione dell’Onu afferma di aver identificato «più di quaranta alti funzionari» ritenuti responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel Sud Sudan: è quanto si precisa nel comunicato diffuso ieri. Si tratta in particolare di 33 generali, cinque colonnelli e tre governatori statali, ma il comunicato non rivela i nomi.
Si tratta del primo rapporto della Commissione sul Sud Sudan, che è stata incaricata dal Consiglio dell’Onu dei diritti umani di riunire prove su quanto accade nel paese. L’obiettivo è fornirle a quella che è stata denominata la Corte ibrida, voluta dall’Unione africana (Ua) proprio per giudicare i crimini commessi in Sud Sudan. Si tratta di tutte iniziative concordate nell’ambito dell’accordo di pace del 2015 tra opposizione e governo del Sud Sudan. La gestione della Corte ibrida è affidata interamente a personale africano: è composta da giudici indicati dall’Ua e da giudici sudsudanesi.
Commentando il rapporto, il vice direttore regionale di Amnesty international per la regione, Seif Magango, ha parlato di «brutalità scioccante». E ha sottolineato che quanto emerge «dovrebbe scuotere il mondo» e spingerlo a «un’azione rapida per affrontare le orribili violazioni dei diritti che continuano senza sosta in quattro anni di conflitto nel Sud Sudan». Magango ha inoltre ribadito l’importanza di istituire la Corte ibrida per il Sud Sudan, sottolineando anche l’urgenza di rinnovare il mandato della Commissione Onu, che scade in marzo.
L’Osservatore Romano, 24-25 febbraio 2018.