Sos sanità. L’esodo dei piccoli malati (e non solo). Curarsi a 600 chilometri da casa

Un piccolo paziente all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma

Un piccolo paziente all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma

La Basilicata spende circa 65 milioni l’anno per permettere ai suoi cittadini di curarsi in Lombardia o in Emilia Romagna. Ancora di più devono sborsare Campania e Sicilia. Sono i cosiddetti rimborsi sanitari che dalle già esangui casse delle regioni meridionali finiscono a impinguare i bilanci delle regioni più ricche.

Ennesimo paradosso di un Paese che, neppure nella sanità, sembra riuscire a comporre un quadro equilibrato e uniforme. Ma in questo caso la diversità diventa ingiustizia, e spesso indifferenza di cui le prime vittime sono ancora una volta le famiglie più disagiate. Di fronte al fenomeno della cosiddetta “migrazione sanitaria” le istituzioni sembrano impotenti. È normale che due genitori siano costretti a percorre 600 chilometri di distanza per curare un figlio che altrimenti, nella regione d’origine, non troverebbe assistenza adeguata?

Cercare un ospedale d’eccellenza, uno specialista affermato, uno spazio per ottenere una visita in agende mediche affollatissime è tutt’altro che facile. Ma cosa fare quando la malattia di tuo figlio s’aggrava e il medico dell’ospedale poco distante da casa ha scosso la testa e allargato le braccia? E allora si organizza il viaggio, si contano i soldi, si accetta di allontanarsi per un tempo che è sempre difficile quantificare, di chiedere una, due settimane di ferie, quando possibile e quando il datore di lavoro comprende la situazione.

Ma se poi il bambino viene ricoverato, mamma e papà dove possono alloggiare? Impensabile in hotel, con i costi delle grandi città. Forse da quel cugino che però non si sente più da qualche anno. Ma spesso non si trovano soluzioni. E allora? Se ci fosse un’associazione, una casa d’accoglienza disponibile.

Sì, le associazioni ci sono, basta sapere come raggiungerle. Tra le altre CasaAmica, 30 anni di esperienza, 6 case di cui 4 a Milano, 1 a Roma e 1 a Lecco. Centottanta posti letto che accolgono ogni anni 4.500 ospiti. Proprio CasaAmica ha presentato oggi, con il sostegno di Ubibanca, il nuovo focus sui pendolari della salute.

Quadro drammatico e, quel che è più grave, pressoché ignorato, sul milione e mezzo di italiani che ogni anno sono costretti a cambiare regione per curarsi. Il rapporto, già diffuso lo scorso anno, è stato adesso profondamente aggiornato alla luce dei nuovi, drammatici dati.

Fenomeno complesso che riguarda tante situazioni diverse, con vari livelli di gravità. Se è vero che ogni storia presenta la sua drammaticità, è altrettanto vero che tra i 750mila ricoveri extra regionali, ci sono situazioni gestibili e altre che presentano una somma di difficoltà tali da rendere quel caso unico, talvolta straziante.Succede nel 25-30% dei casi, soprattutto quando la patologia investe bambini e ragazzi e quando la scelta di “migrare per curarsi” non è dettata dall’aspirazione – comunque legittima – di trovare assistenza migliore, ma dall’assoluta necessità, dall’urgenza, dalla concreta impossibilità di trovare strade diverse. Si parte, affrontando difficoltà e spese talvolta superiori alle possibilità, nel tentativo di guarire.

Secondo lo studio Censis, illustrato da Giulio De Rita, l’area della drammaticità riguarderebbe circa 180mila persone ogni anno, centomila malati e 80mila accompagnatori. In totale 90mila nuclei familiari in serissima difficoltà che si devono confrontare con un numero di problemi economici, emotivi, sanitari quasi impossibili da sostenere se presi complessivamente e a cui, scrive il Censis, «arrivano risposte assolutamente inadeguate».

Tra i 12 poli ospedalieri presi in esame, uno soltanto, il “Bambin Gesù” di Roma, ha un servizio specifico di orientamento per le famiglie migranti. Nei grandi ospedali del Nord non c’è nulla. Eppure, “Bambin Gesù” a parte, è proprio al Nord che si indirizzano i “pendolari della salute”. E, in particolare, al “Gaslini” di Genova per l’area pediatrica, agli istituti oncologici di Milano per l’area dei tumori, al “Rizzoli” di Bologna per l’area ortopedico-traumatologica.

A Milano altri ospedali gettonati sono il Neurologico Besta e il San Raffaele. La regione che accoglie il maggior numero di flussi è la Lombardia, con 62mila ricoveri, poi l’Emilia Romagna con circa 40mila ricoveri. Da dove arrivano questi pazienti? Dalla Campania (56mila), dalla Sicilia (43mila), dalla Puglia e dalla Calabria, circa 40 mila.

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