Solidarietà. Steven, 22 anni e un tumore. L’Inps sospende l’indennità, l’azienda no

Quando la solidarietà diventa notizia. È quello che sta accadendo in questi giorni con la storia del 22enne Steven Babbi. La sua vicenda è diventata di dominio pubblico da quando l’azienda per cui lavora, la Siropack Italia Srl con sede a Villalta di Cesenatico (Forlì-Cesena), ha diffuso un comunicato con cui ha raccontato un fatto all’apparenza assurdo.

Steven, dall’età di 11 anni, soffre di una grave malattia, il sarcoma di Ewing. Si tratta di un tumore che interessa il tessuto osseo. Nonostante ciò, ha potuto frequentare a Cesena l’istituto professionale di Stato “Comandini” e nel febbraio dello scorso anno è stato assunto come terminalista alla Siropack, azienda che realizza macchinari nel campo del packaging.

I problemi di salute per Steven sono andati avanti e nel marzo di quest’anno il giovane ha dovuto subire la rimozione di un polmone a cui è seguita una lunga convalescenza che ancora lo costringe a disertare il posto di lavoro. Come prevede la normativa, dopo sei mesi di consecutiva assenza, l’Inps ha interrotto l’indennizzo dello stipendio. Quando se ne sono accorti, al lavoro è scattata immediata la solidarietà.

Titolari e colleghi di lavoro si sono mobilitati per non fargli mancare un sostegno economico.

“La nostra azienda considera quanto subito da Steven una profonda ingiustizia – commentano i titolari della Siropack, i coniugi Rocco De Lucia e Barbara Burioli –. Siamo rimasti commossi dalla sensibilità dei nostri 30 dipendenti, che si sono resi disponibili per una colletta. Tuttavia abbiamo deciso che sarà la proprietà a provvedere al suo sostentamento, là dove gli organi preposti alla tutela dei lavoratori hanno deciso di voltare le spalle a chi si trova nel bisogno”.

Fu il padre di Steven a segnalarlo a Rocco De Lucia. “Il papà, che aveva un’officina poco distante da noi, me lo presentò – ricorda l’imprenditore che da un paio di anni collabora anche con l’Irst (Istituto oncologico romagnolo) di Meldola (Forlì-Cesena). Steven è un ragazzo d’oro, volenteroso, sempre disponibile e simpatico. Siamo tutti contenti di averlo assunto. La sua positività e la sua presenza sono state contagiose e stimolanti per tutti”.

L’attenzione ai propri dipendenti, ai disabili e a chi è in difficoltà non è una novità per la Siropack, tra le 22 aziende premiate con il riconoscimento “Welfare Champion” al Welfare Index Pmi 2017. “Quando il nostro personale è cresciuto, ancor prima che sopraggiungesse l’obbligo di assumere una persona diversamente abile, non abbiamo avuto dubbi a puntare su Steven – prosegue De Lucia -. Siamo convinti ora, come lo eravamo allora, che il lavoro potesse dargli un ulteriore stimolo per continuare a combattere la sua battaglia personale,per potergli fare dire: anch’io ho lavorato. In ogni caso, fin dal suo arrivo la sua presenza ha rappresentato un valore aggiunto per la Siropack”.

Di Steven i suoi datori di lavoro dicono che in attività si è dimostrato “un lavoratore volenteroso, nonché un ragazzo umile e generoso”. Per questo motivo, aggiungono “non possiamo permettere che questa decisione renda ancora più difficile la sua situazione”. L’intenzione è quella di agire con tutti i mezzi a disposizione “per sostenerlo e dimostrargli vicinanza e allo stesso tempo sensibilizzare le autorità competenti”.

“Senza entrare nel caso specifico – dice Marcello Borghetti, a Cesena segretario territoriale della Uil – non si tratta di un errore dell’Inps. L’Istituto di previdenza applica una legge dello Stato. Ma è una legge inadeguata. Per persone come Steven, che hanno una malattia importate, la norma esistente ha evidenti limiti. In questi casi le famiglie entrano in un tunnel dal quale è difficile uscire. Aggiungo che mi sono capitate altre situazioni simili. In questa occasione, devo ammettere che è la prima volta che vedo intervenire un’azienda”.

“È giusto che l’imprenditore prenda posizione – conclude De Lucia -. Credo un suo intervento abbia una valenza diversa. Non abbiamo sollevato questo caso solo per Steven (“quando lo abbiamo assunto – ricorda la moglie Barbara – ci fecero i complimenti perché nessuno vuole ammalati in chemioterapia”), ma anche per lui. Di fronte al nostro prossimo, non possiamo girarci dall’altra parte”.

avvenire