Siria, a Kobane «almeno 554 morti»

SIRIA: AL JAZEERA, REGIME HA USATO GAS A HOMS ++

Sono almeno 554 le persone morte a Kobane dal 16 settembre, giorno in cui iniziò l’offensiva jihadista per conquistare l’enclave curda nel nord della Siria. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, aggiungendo che almeno 20 delle vittime sono civili. L’Isis conta 298 perdite.I miliziani sunniti, rallentati dai raid aerei della coalizione, hanno sferrato un nuovo attacco all’alba di sabato da diversi fronti e stanno tentando di accerchiare i curdi, rimasti a corto di munizioni ed equipaggiamenti. La conquista di Kobane da parte dell’Isis provocherebbe un “massacro di civili”, ha avvertito l’inviato Onu in Siria, Staffan de Mistura, sottolineando che 12mila persone sono ancora nella zona o nel centro della città, controllato ancora dai peshmerga. Se Kobane dovesse cadere nelle mani dei jihadisti dell’Isis sarebbe “un massacro”.

“L’attacco dell’Isis è violento e privo di valori umani”, ha detto Xalid Berkal, consigliere comunale di Kobane, al sito di informazione di Rudaw. “Stanno distruggendo interi quartieri con carri armati e artiglieria”, ha aggiunto l’esponente curdo. “I recenti raid aerei hanno avuto un grande impatto”, ha detto Berkal riferendosi agli attacchi lanciati dalla coalizione internazionale a guida Usa, “ma non hanno fermato l’invasione di Kobane da parte dell’Is”.

Il corrispondente di Rudaw, Rangin Sharo, spiega inoltre che si riscontra una calma relativa nelle zone di Kobane controllate dalle milizie curde locali Ypg, mentre continuano i combattimenti a ovest della città. Inoltre ha spiegato che i raid della coalizione internazionale sono mirati ai ponti a sud che collegano Kobane ad Aleppo, usati dall’Isis per i rifornimenti.

L’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) stima che 172mila curdi siriani siano fuggiti in Turchia dopo l’assalto contro Kobane. Molti si sono diretti nel Kurdistan iracheno, spesso lungo i fiumi o pagando 250 dollari ai contrabbandieri per varcare il confine a Silopi.

© riproduzione riservata
avvenire.it