Sicurezza. Patente “progressiva”, una scelta che salverebbe molte vite

Patente “progressiva”, una scelta che salverebbe molte vite

La patente di guida è un traguardo atteso da molti giovani e conseguirla è una tappa importante per la loro autonomia. Purtroppo però i dati sugli incidenti rilevano come fascia critica quella dai 15 ai 25 anni, età media della prima esperienza diretta sulla strada. Per questo motivo in diversi Paesi europei viene adottato il modello della formazione progressiva che accompagna il neopatentato nei primi anni di guida, verificando abilità e compatibilità con le norme prima di confermare l’acquisizione della patente. Se ne è discusso a Milano, presso l’Università Cattolica, nell’aula Pio XI, durante il seminario “Neopatentati: categoria a rischio?”, organizzato dall’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico dell’Università Cattolica, in collaborazione con UNASCA, l’Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica.

Nei 28 Paesi dell’Unione Europea, mentre per la fascia dai 40 anni in su le cause principali di morte sono malattie respiratorie o cardiache, tra i 15 e i 29 anni la morte avviene per “cause esterne”. La principale di queste, secondo l’ETSC (European Transport Safety Council), è dovuta agli incidenti stradali, in particolare per i giovani tra i 15 e i 25 anni. I dati vengono confermati anche per il nostro paese, dalle ultime rilevazioni statistiche: considerando l’età 15-24 anni nel 2016 ci sono stati 418 morti e 45.924 feriti, più del numero degli abitanti dell’intera città di Macerata. I ventenni tra i 20 e i 24 anni sono risultati particolarmente a rischio: sono la fascia con il maggior numero assoluto di morti (260 in un anno) e di feriti (27.004). Tra i fattori di una così alta probabilità ci sono una particolare percezione del rischio in questa fascia d’età, unita alla scarsa esperienza e alle distrazioni come l’utilizzo dello smartphone mentre si è alla guida.

La situazione in Italia

«In Italia si lavora molto sulla formazione dei giovani utenti della strada fino a quando arrivano al conseguimento della patente – ha dichiarato Maria Rita Ciceri, direttrice dell’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico -. Non esiste però alcun dispositivo per continuare a lavorare sulla sicurezza con coloro che hanno da poco conseguito la patente e rappresentano per quanto detto sopra una categoria particolarmente a rischio. La proposta di una patente progressiva va nella direzione di valutare nuove misure per colmare proprio questo deficit».

Per patente progressiva si intende un percorso formativo che prevede l’ottenimento della patente per gradi, in seguito a diversi esami, periodi di pratica sulla strada e momenti di monitoraggio della condotta tenuta.Questo tipo di formazione prevede un incentivo alla pratica ma anche tutta una serie di supporti educativi, anche di tipo psicologico, per fare prevenzione. «Oggi i ragazzi si preparano per l’esame della patente, ma è l’unico momento di formazione alla guida – ha dichiarato Emilio Patella, segretario nazionale Autoscuole UNASCA – . È importante invece far passare il messaggio che l’educazione stradale non riguarda soltanto il saper condurre un mezzo, ma conoscere tutte le variabili del sistema strada, fin da quando si è pedoni. È utile allenarsi per saper guardare e stare attenti a tutti i soggetti della strada, per conoscere il grado di attenzione e di reazione. Ci sono tante variabili, come quelle psicologiche, che se riconosciute da giovani poi sono fondamentali anche da adulti. Un ragazzo allenato all’educazione stradale sarà sicuramente un attento guidatore per tutta la vita».

In diversi paesi europei esistono già formule innovative di training alla guida. In Norvegia, ad esempio, da quando è stato introdotto un sistema di educazione specifico il numero dei morti per incidente stradale tra i 16 e i 24 anni è calato del 73%, passando da 49 nel 2010 a 13 nel 2017. Qui, come in Austria, Islanda, Svizzera e Lituania, esiste la cosiddetta patente di secondo livello, mentre paesi come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno introdotto la patente graduale (GDL). Una serie di 34 studi condotti tra gli Stati Uniti e il Canada ha messo in luce come grazie all’introduzione della patente graduale gli incidenti che hanno coinvolto gli utenti di 16 anni d’età siano diminuiti del 36%. Uno studio in Australia ha evidenziato una riduzione del 31% di incidenti gravi e mortali tra i 18-20enni nel loro primo anno di guida.

Patente graduale e di secondo livello, ecco come funzionano

Attualmente in Europa sono già stati introdotti in diversi paesi due differenti sistemi di training alla guida: la patente graduale e la patente di secondo livello. La patente di secondo livello prevede il conseguimento della patente e poi un periodo probatorio, che può essere di 6 mesi, 1 anno o anche due a seconda del paese, in cui il neopatentato viene richiamato per testate in una o più giornate di incontro la sua preparazione teorica e pratica. Si lavora sull’aspetto psicologico, per far capire non tanto come effettuare correttamente una manovra (questo il candidato lo ha già appreso all’esame), ma il perché di determinati comportamenti, di reazioni alla guida, di valutazione delle condizioni del traffico, della strada, della presenza di altri utenti come quelli “deboli” (bici, pedoni). La patente graduale prevede invece che il periodo di training alla guida cominci ancora prima dell’esame (in Italia invece si possono fare le guide accompagnate soltanto con il foglio rosa, oppure per la patente dei motocicli). Intorno ai 16-17 anni il candidato può già fare le guide accompagnate venendo abilitato a fare un determinato numero massimo di chilometri oppure di guide. La seconda fase è quella classica dell’esame, a 18 anni. La terza fase ricalca la patente di secondo livello, ovvero il periodo probatorio di verifica.

La patente progressiva in Italia più facilmente potrebbe ricalcare la patente di secondo livello. Da entrambe le esperienze, però, è risultato importante e fondamentale l’approccio psicologico con i ragazzi. La patente graduale sarebbe sicuramente l’opzione più completa. Il senso della proposta è quello di introdurre una formazione che vada oltre l’esame in sé. Oggi i ragazzi approcciano soltanto l’esame, fanno le guide minime indispensabili per legge. La formazione continua sarebbe molto utile in realtà per tutti i guidatori. Basti pensare che oggi molti automobilisti non sanno ancora come affrontare le rotatorie, ma l’unico momento in cui si sono avvicinati al codice della strada è stato all’esame di guida, che ai loro tempi non conteneva nemmeno le rotatorie perché non esistevano.

Avvenire