Sensazionalismo e vocazioni

vinonuovo.it

“Bella, talentuosa, sicura di sé, 26 anni… lascia tutto per il convento” è il titolo di un articolo pubblicato su un noto sito cattolico alcuni anni fa, ma riproposto ancora oggi tra i più letti, al settimo posto della sua top ten. Si tratta della storia di una ragazza francese, giovane insegnante, che ha lasciato tutto per entrare in un convento di monache benedettine.

Niente da dire sull’articolo, tuttavia la notizia qual è? La maggior parte delle storie di vocazioni alla vita religiosa degli ultimi trent’anni/quarant’anni hanno più o meno le stesse caratteristiche, considerato che non si entra più in convento in età infantile destinate dalle famiglie come la celebre monaca manzoniana. Dal titolo sembra che la novità stia nel fatto che qui si parli di una ragazza dal bell’aspetto, ricca di doti, con delle idee chiare, quasi sia strano che avvenga o che possa avvenire una tale scelta con queste caratteristiche. Passa così l’idea che normalmente diventino suore le ragazze non belle, senza talento, insicure, non più in età da marito, dunque quando accade il contrario è una notizia da top ten!

I titoli spesso (e anche in questo caso) non rispecchiano gli articoli per tanti motivi, tuttavia non si capisce perché si cerchi un certo sensazionalismo anche qui. Se fossi una suora o una monaca, mi darebbe fastidio la scelta di far passare un’idea di questo tipo, considerato che vincola persino la chiamata di Dio, quasi facesse Lui distinzioni o prevedesse una sorta di “dress code vocazionale”. Allora immaginiamo una campagna per le vocazioni di questo genere: “Se i ragazzi non ti filano, se lo specchio si rompe quando lo guardi, se a scuola hai una sfilza di insufficienze e l’università è un miraggio, se non sai che fare nella vita, scegli la vita consacrata, un rifugio per i tuoi problemi”. Insomma, un ripiego. Ma stiamo scherzando?

Noi sì, ma il titolo (a quanto pare molto cliccato) è come se affermasse quella assurda campagna mostrando come eccezione che Dio chiami una giovane di tal sorta, magari così: “Cercasi ragazza bella, talentuosa, sicura di sé, per vita claustrale, vitto e alloggio compreso, automunita, Paradiso garantito”.

Problematico e fuorviante, infine, è pure il concetto espresso del “lascia tutto per il convento”; cosa lascia? La bellezza esteriore? No, perché per quanto abito e velo (dove indossato) nascano con l’intento di proteggere e coprire, non si indossa mica una maschera di ferro sul viso. Cosa lascia? Il talento? No, che piaccia o no, la cantante e ballerina Suor Cristina dimostra che i suoi “talenti mondani” li valorizza, ma ci sono suore talentuose in vari altri campi che non sono certo costrette a nascondere tutto sottoterra. Cosa lascia? L’essere sicura di sé? Se fosse stata tanto sicura di sé, probabilmente non avrebbe cambiato vita e poi chi può dirsi totalmente sicuro di sé? Cosa lascia? I 26 anni? No, poiché l’essere monaca non t’invecchia certo prima del tempo, quindi vive la chiamata di Dio nella pienezza di quell’età e in quel convento. Chiediamo ad una suora o ad una monaca se “ha lasciato tutto”: ci risponderà che “ha guadagnato tutto”!