Se i droni nell’alto delle chiese potessero anche dire una preghiera

È stato diffuso dai Vigili del Fuoco, ripreso dal sito di “Avvenire” e di altri grandi quotidiani, un video che mostra, grazie a un drone e a dei robot, due delle chiese di Amatrice gravemente danneggiate dal terremoto: quella di San Francesco e quella di Sant’Agostino. Il filmato ( tinyurl.com/hx2t4pu ) è brevissimo, ma il suo impatto emotivo non è inferiore alla sua utilità pratica, che è quella di rilevare tempestivamente i danni subiti da questi edifici senza mettere a rischio l’incolumità degli operatori e potendo ottenere informazioni tecnicamente molto dettagliate.
Non ho potuto fare a meno di andare subito, con la memoria, a un’altra chiesa ripresa, dall’interno, da un drone. Si trattava del duomo di Monreale, e ne parlai con trasporto in questa rubrica. Ora il trasporto si rinnova nel contrasto tra quel volo, a servizio della bellezza che l’uomo è in grado di produrre, e questo, che documenta la fragilità di quelle produzioni. Interrogato, Youtube mi racconta, di molte altre chiese visitate attraverso questi strumenti, a scopo puramente estetico ( tinyurl.com/hhzyc9y ), o di monitoraggio in ordine a interventi di restauro ( tinyurl.com/jywvsp3 ), o anche, a far data dal terremoto del 2012, con le stesse finalità di rilevamento dei danni con le quali oggi si è operato nel reatino.
Mi chiedo perché queste chiese visitate dai droni mi emozionino tanto, quelle ferite quanto quelle integre. Forse è perché da bambino pensavo che il Cielo dov’era il Padre nostro non fosse poi così lontano dalla volta della mia chiesa parrocchiale, dove del resto era raffigurato. Così, a questi droni che salgono fin lassù con tanto di occhi e altri organi di senso, e ammirano da vicino affreschi e volte oppure constatano crepe e forse decretano imminenti crolli, mi verrebbe da affidare anche una preghiera: così, alla fine di certe missioni popolari, fanno le suore legando le invocazioni dei più piccoli a dei palloncini.

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