“Rottamare”? Senza età cultura e intelligenza

“Rottamazione”… Ancora in pagina ieri su (quasi) tutti i giornali. Qualche giorno fa (“L’Unità”, 16/10, p. 5) un titolo forte: «Basta umiliare e liquidare un’intera generazione»! Firmava Livia Turco, ma la firma morale, concreta e indignata, potrebbe essere di tanti, tutti quelli che – avrebbe detto Giovanni Battista Montini nel suo linguaggio limpido e insieme forte – «pensano». Si può essere “rottami”, posto che occorra usare il bruttissimo termine trattando di persone, anche da giovani. Se la politica – ancora Paolo VI – è una delle forme più alte di servizio al bene comune, quindi di carità, il criterio non potrà essere l’età, ma ben altro. Ma questa è la moda, oggi. Sere fa su un taxi l’autista esperto brontolava contro i “rottamatori” alla cieca: «Che succederebbe – diceva – se tutti i tassisti esperti fossero messi da parte, e restassero solo i novellini? Un disastro, e gli utenti dovrebbero insegnare loro la strada». Buon senso. Torna in mente la nota ironia di Fanfani sui “bischeri” che lo sono dalla nascita e lo restano fino alla tomba. E fa piacere leggere qui (17/10, p. 11) questo titolo: «Rottamare? Un verbo che mi fa inorridire». Lo ha detto Ciriaco De Mita: nessuno ne ha mai messo in dubbio intelligenza e cultura. Si è visto cosa è stata, la politica, senza queste due qualità. E senza autentico rinnovamento (che non è mai rottamazione). Torniamo alle “bischerate” in pagina. Certi articoli la dicono lunga. Ultimo un grido: «Il maggiordomo ha un santo in Paradiso» (“Espresso”, 18/10, p. 58-59). Due pagine piene di allegria pregiudizialmente ostile ed estraneità digiuna di un argomento intravisto molto da lontano, raccogliendo chiacchiere e maldicenze anonime. Due pagine! Queste sì, da rottamare!

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