Ritratto di famiglia ai tempi dei Neanderthal

Per la prima volta un’équipe di paleontologi descrive la vita quotidiana di un gruppo imparentato, otto uomini e cinque donne di 49mila anni fa

Com’era la vita di un uomo di Neanderthal? Sarebbe bello saperlo, vero? Ebbene uno studio degli scienziati dell’Istituto Max Planck di Lipsia, in Germania, lo racconta per la prima volta. I ricercatori – che sono tra i maggiori esperti al mondo dell’ominide antenato dell’homo sapiens, vissuto tra Europa e Asia durante il Paleolitico – hanno analizzato il Dna di 14 esemplari di uomo di Neanderthal ritrovati in due grotte della Siberia e ricostruito il ritratto di una famiglia vissuta più o meno 49mila anni fa. Gli uomini di Neanderthal ritrovati erano otto maschi e cinque femmine, due erano padre e figlia e tutti gli altri erano loro parenti. Lungo un arco di cento anni hanno abitato in due grotte in cima alle montagne, affacciate su una valle dove scorrazzavano bisonti, cervi e cavalli che i Neanderthal cacciavano. Proprio rosicchiando un pezzo di carne, forse un po’ troppo duro, una delle ragazze che abitavano nella grotta ha perso un dente. Gli archeologi lo hanno trovato e lo hanno usato insieme ad altri frammenti di ossa per estrarre e analizzare il Dna di tutta la famiglia. Mai prima d’ora erano stati studiati i geni di così tanti uomini di Neanderthal imparentati tra loro e perciò questi sono i primi indizi su come era organizzata una famiglia tipica della specie. Secondo i ricercatori, i Neanderthal vivevano in gruppi formati dalle 30 alle 110 persone; gli uomini restavano in famiglia anche da adulti mentre le femmine lasciavano i genitori e si aggregavano, con i loro bambini, alla famiglia del maschio.

Che fine ha fatto nessuno lo sa

Perché l’uomo di Neanderthal si sia estinto nessuno lo sa con certezza. Le ipotesi sulla scomparsa, avvenuta 40mila anni fa, sono tante e cambiano di continuo. Alcuni sostengono che l’ominide non sia riuscito a sopravvivere a un cambiamento climatico oppure a una malattia; altri hanno ipotizzato che i Neanderthal lasciarono fare alle femmine, di corporatura più piccola, anche i lavori fisicamente più pesanti e così compromisero la propria sopravvivenza.

Molti, infine, sono convinti che la specie non sia scomparsa ma si sia semplicemente unita a quella dell’homo sapiens che a partire da 70mila anni fa si spostò dall’Africa all’Europa, nei territori dell’uomo di Neanderthal.

Primitivo ma non solo muscoli

A nche se era alto al massimo un metro e sessanta, l’uomo di Neanderthal era muscoloso e forte, sapeva confezionare i suoi abiti con le pelli degli animali che cacciava, fabbricare attrezzi e persino creare bracciali e collane. Non c’è dubbio, dunque, che rispetto agli ominidi precedenti era sicuramente più evoluto. Secondo alcuni il Neanderhal aveva sviluppato anche un’altra capacità tipicamente umana: contare. Le prove – raccolte da uno studio da poco pubblicato sulla rivista scientifica Nature da un ricercatore dell’Università di Bordeaux – sarebbero scritte sopra a un osso ritrovato in Francia. Su quest’osso circa 60mila anni fa sono stati incisi nove segni che assomigliano a tacche. Le incisioni non sono regolari ma simili fra loro e parallele: sicuramente sono state realizzate velocemente, una di seguito all’altra e da una sola persona. Per questo, secondo gli archeologi, non si tratterebbe di una decorazione bensì di un metodo per tenere il conto di qualcosa, forse degli animali cacciati… È possibile? Per ora è solo un’ipotesi sulla quale non tutti gli scienziati sono d’accordo.

Comunque l’idea merita di essere approfondita anche perché fino a oggi nessuno conosce il momento della storia in cui l’uomo ha iniziato a usare un sistema per tenere traccia delle quantità. Anzi, si è appena formato un gruppo europeo di scienziati che nei prossimi mesi lavorerà proprio per cercare le origini dei numeri, capire quando sono comparsi e se un sistema per contare era stato inventato già dai Neanderthal.

Dieta varia lo rivela il tartaro

Per fortuna l’uomo di Neanderthal non si lavava i denti! Proprio dal tartaro – la patina di batteri che si accumula in bocca e che noi rimuoviamo con spazzolino e filo interdentale – i ricercatori del Max Planck Institute hanno ottenuto informazioni importanti. Per esempio, sui denti di un esemplare vissuto 100mila anni fa e ritrovato nella grotta di Pesturina, in Serbia, è stato individuato un microrganismo che permette di digerire gli amidi. Questo dato è interessante: gli amidi sono zuccheri contenuti in cibi come verdura e tuberi e il fatto che nella bocca dell’uomo di Neanderthal ci fosse un batterio capace di digerirli significa che l’ominide non si cibava solo di carne, come finora si era pensato, ma mangiava anche radici, noci, semi e cereali selvatici. La sua dieta, insomma, era molto simile a quella dell’homo sapiens, da cui noi discendiamo. Ma non solo: gli amidi sono sostanze fondamentali per nutrire e far sviluppare il cervello, che in effetti nell’uomo di Neanderthal si iniziò ad espandere.