Rapporto dell’Unicef sull’emergenza educativa. Un’istruzione migliore per le bambine

L’Osservatore Romano

Nelle famiglie povere l’accesso all’istruzione, soprattutto se si è donne, non è affatto scontato. Una ragazza adolescente su tre, ancora oggi, nel 2020, non è mai andata a scuola. La denuncia arriva dall’ultimo rapporto dell’Unicef «Addressing the learning crisis: an urgent need to better finance education for the poorest children», diffuso in occasione del recente incontro dei ministri dell’Istruzione al forum mondiale sull’Istruzione.Lo studio, prendendo in esame la situazione di 42 paesi, mette in evidenza che il 44 per cento delle ragazze e il 34 per cento dei ragazzi appartenenti al 20 per cento delle famiglie più povere non ha mai frequentato o ha abbandonato la scuola primaria.
È evidente che soprattutto per le ragazze la frequenza scolastica le proteggerebbe da alcune dinamiche distorte. Non si sposerebbero bambine e di conseguenza non si troverebbero precocemente mamme, spesso indifese. Molto probabilmente non finirebbero vittime di sfruttamento sessuale, ma soprattutto avrebbero maggiori possibilità di difendere i propri figli.
Il documento dunque sottolinea le notevoli disparità nella distribuzione della spesa pubblica per l’istruzione. Differenze che risultano più marcate nei paesi africani. In dieci di questi (Guinea, Repubblica Centrafricana, Senegal, Camerun, Benin, Niger, Ruanda, Ghana, Togo e Tunisia) i fondi destinati ai bambini più ricchi sono quattro volte superiori rispetto a quelli per i bambini più poveri.
In Guinea e Repubblica Centrafricana — i paesi con il più alto tasso di minori che non vanno a scuola — i bambini più ricchi, rispetto ai bambini più poveri, beneficiano rispettivamente, dalle nove alle sei volte di più dei fondi pubblici per l’istruzione.
La distribuzione diseguale dei fondi, molto spesso limitati, è la causa principale della formazione di classi molto numerose, di insegnanti non adeguatamente formati, della mancanza di materiale didattico e di infrastrutture idonee. Questi fattori impattano negativamente già in partenza su iscrizione e frequenza. Successivamente incidono sull’apprendimento e sulla possibilità di accedere a un’istruzione di qualità per i bambini più poveri.
Secondo Francesco Samengo, presidente di Unicef Italia, «la povertà educativa condiziona l’intera vita di bambini e ragazzi, privandoli di opportunità preziose; investire nella qualità dell’istruzione significa affrontare le cause della povertà alla radice con enormi benefici per tutto il sistema Paese».
Questa tesi è avvalorata dal fatto che l’esclusione dal percorso scolastico perpetua la povertà ed è uno dei fattori chiave della crisi dell’istruzione a livello globale.
La mancanza di risorse disponibili per i bambini più poveri sta ampliando questa grave crisi, perché le scuole non riescono a garantire un’istruzione di qualità ai loro studenti.
Nei paesi con un tasso di povertà maggiore infatti, sempre relativamente agli ostacoli all’istruzione, vanno ad aggiungersi ulteriori fattori discriminatori, legati al genere, alla disabilità, alle origini etniche o alla lingua di insegnamento, o ancora più materialmente alla distanza fisica dagli istituti scolastici.
Per fronteggiare l’emergenza educativa l’Unicef propone di partire già dall’istruzione prescolastica universale, in quanto base su cui in seguito poggia la formazione scolastica. I bambini che completano l’istruzione prescolare apprendono meglio, e soprattutto hanno più probabilità di andare a scuola e contribuire meglio, da adulti, alla crescita economica e sociale del proprio paese.
L’Osservatore Romano, 23-24 gennaio 2020