Racket, uno schiavo frutta 220 euro al giorno

Il ricavo medio giornaliero di uno ‘schiavo’ in Italia «si aggira intorno ai 220 euro e nel 97,8% dei casi finisce interamente nelle mani dello sfruttatore, che concede alla vittima solo il vitto e l’alloggio, peraltro, in condizioni disumane». La grave denuncia arriva dalla Direzione nazionale antimafia ed è contenuta nella Relazione annuale presentata due giorni fa. La Dna dedica un intero capitolo alla ‘Tratta di esseri umani’ definita «la peggiore schiavitù del XXI secolo, uno dei fenomeni criminali più diffusi ed odiosi riconducibile, prevalentemente, all’azione del crimine organizzato» e che «coinvolge un numero sempre crescente di persone… vendute come oggetti, costrette a lavorare gratuitamente o per somme di denaro risibili, e alla completa mercé dei loro ‘datori di lavoro’».

Il capitolo, elaborato dal gruppo coordinato dal consigliere Giusto Sciacchitano, fa un identikit delle vittime. Si tratta di giovani di età media di 25 anni, nel 75,2% di sesso femminile, principalmente rumene (51,6%) e nigeriane (19%), in alcuni casi sposate (13,6%) o con figli (22,3%). Il 15,7% delle vittime sono minorenni che giungono in Italia insieme o con il consenso dei genitori mentre il 21,4% sono «uomini desiderosi di venire in Italia con la speranza di trovare un lavoro». Particolare inquietante, come emerge dalla Relazione, è che lo sfruttamento ha inizio appena giunti nel nostro Paese, mediamente entro 3 mesi, «perché quasi sempre la vittima decide volontariamente di partire, nell ’84,5% dei casi per cercare lavoro mentre solo nel 4,4% perché costretta». Poi in Italia la ‘sorpresa’. «In genere, come si evince dalle dichiarazioni delle vittime – scrive ancora la Dna –, ci si rivolge ad un connazionale che già vive in Italia il quale poi mette in atto lo sfruttamento con l ’inganno o la promessa di un lavoro, denaro o altri vantaggi – ciò avviene il 56,9% delle volte – con violenze e minacce rispettivamente il 39,8% e 31,4%». Ancora più grave è la condizione di quelle persone (l ’11,7%) «sfruttate approfittando della loro inferiorità fisica o psichica e quindi costrette per il loro stato di handicap e per poter vivere, a sottostare alle condizioni di schiavitù imposte dall ’autore dello sfruttamento».

Ma quale è il rapporto tra ‘schiavo’ e sfruttatore? Un terzo delle volte la vittima non conosce direttamente lo sfruttatore prima di partire mentre nel 15% dei casi l’autore è un familiare, un parente o addirittura il consorte. Nel caso delle donne, 3 volte su 4, giunte in Italia, vengono costrette a prostituirsi subendo minacce e violenze fisiche e sessuali; nel caso degli uomini, invece, l’attività prevalente cui sono sottoposti è il lavoro in condizioni di schiavitù (48,3%) seguito dai furti (36,2%) e dall’accattonaggio (29,3%). E qui il commento della Dna è durissimo. «Le condizioni di lavoro cui le vittime sono sottoposte sono ai limiti della sopportazione per fatica e orari e la retribuzione è scarsa o addirittura assente». Mentre lo sfruttatore, come abbiamo visto, incassa in media 220 euro al giorno. Ma ancora più drammatica è la condizione dei bambini «costretti di sovente – si legge nella Relazione – a prostituirsi, nel caso di ragazze adolescenti (68%), o impiegati per commettere furti, nel caso dei maschi (46,1%). Altrettanto approfondito è l’identikit dello ‘schiavista’. Gli sfruttatori hanno un’età media di 35 anni, 2 volte su 3 sono uomini, in gran parte stranieri (87,4%) tra cui il 45,2% è di nazionalità romena, il 14,9% albanese e il 10,1% nigeriana. Ma sono in crescita gli italiani. Sfruttatori di professione. Infatti, rivela la Dna, «più dei due terzi giungono in Italia con l’intento di intraprendere questa attività criminosa dal momento che in meno di un anno dal loro arrivo iniziano lo sfruttamento e soltanto il 35,2% di loro svolge altre attività lavorative: principalmente professioni non qualificate (33,3%) o lavori come artigiano, operaio o agricoltore (20,4%)». E non sono ‘novellini’. Il 3,6% ha carichi pendenti e il 27,9% precedenti penali. I reati più diffusi sono il furto (44,1%), il favoreggiamento della prostituzione (20,6%) e la violazione delle norme sull’immigrazione (14,7%).

Avvenire