Quest’anno Gesù nasce anche ad Aleppo

(a cura Redazione “Il sismografo”)

(Damiano Serpi – ©copyright) Tra pochi giorni sarà Natale. Tutti ricorderemo, chi per un istante e chi forse con una più attenta riflessione, quella notte di oltre 2000 anni fa quando Gesù venne al mondo in una mangiatoia di una piccola cittadina della Giudea chiamata Betlemme. Il Cristo è nato povero perché i suoi genitori non erano re o principi. È nato in periferia perché Betlemme era un sobborgo di quella Gerusalemme ricca di sfarzi, intrighi e potere. È nato in una grotta tra un bue e un asinello perché nessuno nelle locande del paese volle lasciare  il suo posto ad una donna incinta ormai prossima al parto.
È nato nell’umiltà perché di lui si accorsero e resero omaggio per primi solo i pastori del vicino campo. Nel futuro immediato di Gesù era già prevista la fuga da Betlemme, quel scappare in Egitto da 2profugo” del suo tempo per sfuggire alla sanguinaria decisione del Re Erode di uccidere ogni bambino con meno di due anni per paura che il Messia, appena nato, potesse usurpare il suo potere. Ma oggi, nel nostro mondo quotidiano, dove nascerebbe Gesù ? La risposta corretta sarebbe “ovunque”. Il Cristo è venuto per tutti e quindi rinasce in ogni parte del nostro caotico e conflittuale mondo. Gesù nasce in ogni angolo del mondo, in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni comunità.

Nondimeno quest’anno Gesù nasce anche ad Aleppo tra le mura sventrate degli ospedali e delle scuole, tra i palazzi fatti a pezzi dalle bombe, tra le strade disseminate di ordigni inesplosi e tra il sibilo dei proiettili dei cecchini che, abilmente piazzati in mezzo ai detriti, cercano di compiere il loro rituale di morte persino contro chi cerca disperatamente di salire sugli autobus messi a disposizione per l’evacuazione. Gesù quest’anno nasce anche ad Aleppo per ricordare la colpevole e complice indifferenza del mondo intero verso la sofferenza dei bambini, dei malati, degli anziani tenuti per mesi e anni ostaggi in una città assediata e fatta oggetto di continui indiscriminati bombardamenti dall’alto. Gesù quest’anno nasce anche ad Aleppo per ricordare al mondo che fabbricare e vendere armi equivale a partecipare alle guerre e a provocare morte e distruzione. Gesù quest’anno nasce anche ad Aleppo per rammentare a tutti noi che l’egoismo porta all’odio e l’odio porta sempre e solo la morte del corpo e dell’anima.
Gesù quest’anno nasce anche ad Aleppo più di ogni altra cosa per ridare una speranza a quei bambini dilaniati dalla guerra e che hanno gridato al mondo intero il loro dolore e la loro inascoltata e disperata supplica di aiuto. Gesù nasce quest’anno anche ad Aleppo per ricordare a tutti che l’uomo è figlio di Dio, che lui è nostro fratello e che la pace è l’unica strada possibile. Gesù, quest’anno, nasce anche ad Aleppo, città musulmana dove ormai ci sono pochissimi cristiani, per ricordare a tutti noi l’importanza dell’ecumenismo, del dialogo, del rispetto. Gesù quest’anno nasce ad Aleppo per farci conoscere i nostri fallimenti, le nostre ipocrisie, i nostri conformismi venuti fuori tutti assieme nella storia di un conflitto dove abbiamo abbondantemente usato le immagini di bambini impolverati e insanguinati dopo i bombardamenti solo per fare degli scoop con il dolore degli altri o per mettere dei “like” sui social network. Finzioni che abbiamo messo in evidenza quando, dopo aver pianto o provato dolore davanti ai corpi dei bambini siriani annegati nelle spiagge a seguito dei naufragi dei loro gommoni di fortuna, ci siamo precipitati a chiudere in tutta fretta le frontiere o a sgambettare i profughi in attesa dietro il filo spinato solo per non farci contagiare troppo dalla solidarietà o per l’egoismo di dover condividere persino un piatto di minestra o un abbraccio.
Aleppo è oggi il simbolo di questo nostro mondo, di questa nostra società dilaniata da una guerra mondiale non dichiarata ma combattuta a macchia di leopardo, come ci ricorda incessantemente da oltre 3 anni Papa Francesco. Una guerra che spesso e sbrigativamente viene definita e definiamo “Santa”, dimenticandoci che di santo vi è solo Dio e la pace che ci ha voluto insegnare con il perdono e la misericordia di Gesù sulla croce al Calvario. Una guerra che provoca sofferenze e dolore tra l’indifferenza generale di chi, coprendosi  gli occhi con le mani, continua come se nulla fosse a fare affari e a seguire le regole di un profitto che non considera più l’uomo e l’umanità, ma solo la monetizzazione sonante degli affari e l’assettato bisogno di potere e vanità personali. Aleppo è l’esempio di come la nascita di Gesù raccontata dal Vangelo sia ancora oggi attuale e di come il suo messaggio sia l’unica strada per l’uomo e l’umanità. Ma non solo. Aleppo è la dimostrazione di come sia fragile la nostra società mondiale, di come anche nella differenza di fede e di credo religioso si debba sempre lavorare per il rispetto della dignità umana, per l’integrità della vita e per costruire speranze.