Quell’altra famiglia di cui parla «Amoris Laetitia»…

di Roberto Beretta | vinonuovo.it


Applicate i suoi principi alla «famiglia» che è la Chiesa, e vedete un po’ se non sono «rivoluzionari» per la prassi che in essa generalmente si incontra…

Nonostante l’«Osservatore romano» con involontario humor lo abbia definito nel titolo di un commento «Semplice come un buonasera»… (sic!), i 325 paragrafi del nuovo documento papale «Amoris Laetitia» meritano di essere digeriti con calma, come del resto lo stesso Papa nell’introduzione consiglia di fare.

Nello sterminato campo della famiglia, l’esortazione parla davvero di tutto: persino dei cugini e delle suocere (leggere per credere). Ma come al solito io, più che dai contenuti maggiormente «piccanti» già setacciati dai giornali, sono attirato dalle questioni metodologiche, che si possono riverberare ben oltre il tema della famiglia, cioè su tutto un modo di intendere la Chiesa e la sua presenza nella storia. La prima delle quali questioni di metodo è la dichiarazione (n. 199) che il lungo testo non vuol «pretendere di presentare una pastorale della famiglia», ma piuttosto intende limitarsi «solo a raccogliere alcune delle principali sfide pastorali»: mutevoli, contingenti, passibili di migliorie e di cambiamenti.

In questo clima «relativista» (ma nel senso del cattolico «et… et») vanno collocate anche alcune cosiddette «aperture» del documento – peraltro non soltanto «a sinistra». Fondamentale nel dare il tono è il numero 3: «Nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà fino a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa, cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo vedere tutto con il suo sguardo».

Il sesso prematrimoniale? I divorziati risposati? I gay? Possono esserci «modi diversi (nel tempo e nello spazio) di interpretare la dottrina»: quanto cioè sembra vero qui e oggi potrebbe non esserlo più là o domani; «Saranno le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali». E ancora: «Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio» (n. 305).

Come si capisce, si tratta di una prospettiva ecclesiologica fondamentale (ma poco praticata nella normale prassi ecclesiale), che si rafforza con altre espressioni sparse nell’esortazione: «Dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi» (n. 37); «Ampiezza mentale, per non rinchiudersi con ossessione su poche idee, e flessibilità per poter modificare o completare le proprie opinioni. È possibile che dal mio pensiero e dal pensiero dell’altro possa emergere una nuova sintesi che arricchisca entrambi. L’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità… C’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali» (n. 139).

Applicate questi principi alla «famiglia» che è la Chiesa, e vedete un po’ se non sono «rivoluzionari» per la prassi che in essa generalmente si incontra… Ciò che Papa Francesco dice di certe «famiglie cristiane», le quali «per il linguaggio che usano, per il modo di dire le cose, per lo stile del loro tratto, per la ripetizione continua di due o tre temi, sono viste come lontane, come separate dalla società, persino i loro stessi parenti si sentono disprezzati o giudicati da esse» (n. 182), non è lo stesso che accade in certi approcci clericali? E la raccomandazione suggerita ai coniugi di «riconoscere la verità dell’altro, l’importanza delle sue più profonde preoccupazioni e il sottofondo di quello che dice, anche dietro parole aggressive» cercando «di mettersi nei suoi panni e di interpretare la profondità del suo cuore, individuare quello che lo appassiona e prendere quella passione come punto di partenza per approfondire il dialogo» (n. 138) non sarebbe gran cosa vederla applicata pure in ambito cattolico? «Amoris Laetitia»: in famiglia, ma anche nella Chiesa.