Quando Jane Eyre rapì Emily Brontë

È dura la vita per molti scrittori, soprattutto se per vent’anni si sono occupati di cinema, come tecnici e nel frattempo hanno scoperto di avere una grande passione per i libri. È accaduto a Jasper Fforde, nato a Lon­dra nel 1981, che prima di diventare un autore di culto, ha dovuto incassare una bella serie di rifiuti. Il primo roman­zo lo batte a macchina e ne scrive ben sei prima di trova­re un editore. Sopravvive a settantasei lettere di rifiuto, fin­ché Hodder & Stoughton non scommette sul mondo di Thursday Next, coraggiosa, ma anche dolce, con qualche ombra di inquietudine, di professione «detective lettera­ria ». Il caso Jane Eyre fa subito centro e rimane a lungo tra i best-seller. Ed è un caso anche in Italia, dove viene tra­dotto da Marcos y Marcos, nel 2006. È ambientato nel 1985, in un mondo dove i confini tra realtà e fantasia sono piuttosto labili e i libri sono considerati il bene più prezioso. Un’invenzione dello zio di Thursday, che ha trovato la chiave per entrare e uscire non solo in sen­so metaforico, ma soprattutto fisico, da un’opera lettera­ria, cade nelle mani sbagliate, quelle di un criminale dia­bolico. A farne le spese è la povera Jane Eyre: infatti ruba il manoscritto del romanzo dalla casa natale della Brontë, piomba nel romanzo all’improvviso e rapisce la protago­nista in camicia da notte. Questo basta per far capire la fu­nambolica avventura che si consuma in questo romanzo che molti critici, in tutto il mondo, hanno segnalato come il giallo che avrebbe potuto scrivere Lewis Carroll. A ragione, per l’intelligenza con cui Fforde costruisce le sue avventure, per questa rilettura in senso realmente po­stmoderno degli anni Ottanta, in tempi in cui il postmo­derno è finito come categoria estetica, ma ritorna con que­gli esiti concreti che ci saremmo aspettati allora. Ha ragio­ne Gabriele Romagnoli quando scrive che «Fforde racconta la mente di un qualunque lettore contemporaneo, in cui si mischiano realtà e fantasia, amanti e eroine, follie di gra­do diverso che ci rassicura incasellare parzialmente in mon­di che giudichiamo irreali, ma sono lo specchio della no­stra realtà». Il successo del primo libro ha fatto sì che a Thursday Next venisse dedicato un intero ciclo di romanzi, tutti pubbli­cati in Italia da Marcos y Marcos, uno ogni anno, da Persi in un buon libro, in cui trova rifugio nell’universo della pa­rola scritta, un universo parallelo con proprie leggi e pro­pri abitanti, tra i quali ci sono personaggi delusi, cancella­ti prima dell’ultima stesura, condannati a vivere in eterno in un limbo di desolazione, ma anche gli avventurosi Pa­geRunner , personaggi in fuga dal libro per cui sono stati concepiti, fino al Pozzo delle trame perdute , un altro luogo immaginario, per la nostra detective letteraria, in cui arti­giani, tecnici e personaggi si spostano da un libro all’altro, costruendo, modificando o trasformando i desideri del­l’autore con meccanismi sorprendenti. Le storie conti­nuano in C’è del marcio , dove Amleto e un bel gruppo di personaggi shakespeariani si sono insediati in casa di sua madre. E non hanno nessuna intenzione di andarsene… Un ciclo, dunque, che riunisce i migliori romanzi di avventu­ra sui libri.

di Fulvio Panzeri – avvenire.it