Quando il presepe s’incarna nella fraternità e nella solidarietà di ogni giorno per un mondo diverso

di Pier Giordano Cabra

Ricordi, caro angioletto, il nostro primo incontro? Nel presepe, quella volta, non facevo parte di quella bella macchia bianca in mezzo al verde, costituita dal gregge delle pecorelle che, guidate dal pastore, si avviavano verso la capanna.
Mi avevano messo in disparte, sola, probabilmente per variare un poco il paesaggio.
Ma forse avevano indovinato il mio stato d’animo.
Da tempo non mi sentivo a mio agio nel gregge, che andava sempre ogni Natale verso quella capanna, sotto la guida paterna e talvolta paternalistica di quel pastore che diceva dove andare e che cosa bisognava fare. Quei Natali mi erano diventati pesanti da digerire, per via di quel buonismo di facciata.
E così mi sono trovata fuori dal gregge e mi sono sentita libera di andare dove volevo e non necessariamente verso quella capanna, dato che di capanne povere come quella ne esistevano parecchie. E poi il mondo non si riduceva al presepe!
Bisognava crescere, conoscere il mondo, non limitarsi a sognare.
All’inizio tutti mi guardavano: chi considerandomi la pecora nera, chi ammirandomi per il mio coraggio. Poi si abituarono e io mi abituai alla mia vita ai margini o autonoma dal gregge. È qui che ti sei accorto di me. Dopo tanto volteggiare a ripetere a tutti lo stesso messaggio, ti sei fermato un momento su di me e hai parlato con me e di me.
Eri d’accordo con me che il mondo è più vasto del presepe, aggiungendo però che è il Presepe che rende più vivibile il mondo.
Mi hai parlato di libertà, ma anche di solidarietà, aggiungendo che è questa che salva dalla solitudine e dall’egoismo.
Mi hai sorpreso quando mi hai detto che il Natale è l’incontro di due mendicanti in cerca di amore: Dio e l’essere umano.
Mi hai commosso quando mi hai detto che anch’io potevo diventare un angelo per gli altri, quando mi rendevo presente nelle loro difficoltà.
Mi sei sembrato saggio quando mi hai consigliato di non uscire dal presepe, perché lì dentro era più facile trovare quello che cercavo, anche se tutto non mi convinceva.
Mi hai spiazzato quando mi hai detto sicuro: “Se tu cerchi davvero, alla fine sarai trovato da Lui, che è venuto a cercare la pecorella smarrita”.
Ho pianto quando mi hai detto che per un anno non ci saremmo visti.
Mi hai fatto felice quando mi hai assicurato che non mi avresti lasciata sola.
Ma sono rimasta senza parole quando mi hai detto che tutto quel movimento di angeli, sarebbe stato realizzato anche soltanto per me e che in cielo essi avrebbero fatto più festa per me che per tutto quel gregge ordinato e obbediente.
E ora che cosa posso dirti se non ringraziarti e dirti: “Ritorna presto”?

(©L’Osservatore Romano 30 dicembre 2012)