Protezione minori, Lombardi: simposio momento “sinodale”

Padre Federico Lombardi

vaticannews

L’assetto normativo dello Stato della Città del Vaticano per prevenire e contrastare abusi ai danni di minori e persone vulnerabili si è recentemente rafforzato grazie a un Motu Proprio, una nuova legge per lo Stato Vaticano estesa alla Curia e delle specifiche linee guida pastorali. Si tratta di tre nuovi, importanti documenti, firmati da Papa Francesco, pubblicati a poco più di un mese dal Simposio sulla ‘Tutela dei minori nella Chiesa’, che aveva riunito in Vaticano la leadership ecclesiale mondiale, e di cui la Libreria editrice vaticana ha recentemente pubblicato gli Atti. Per una valutazione su queste nuove norme, Radio Vaticana Italia ha intervistato P. Federico Lombardi, presidente della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI e moderatore dell’Incontro di febbraio.

R. – Hanno degli aspetti importanti, perché riguardano specificamente non solo lo Stato della Città del Vaticano, che di per sé è una piccola realtà anche se importante, ma anche la Curia Romana, tutto il personale che è al servizio del Governatorato e della Curia Romana, e quindi anche il personale diplomatico della Santa Sede. Danno un esempio, un modello, una linea a cui ispirarsi. E sono particolarmente importanti alcuni aspetti che vengono messi in luce in queste normative: c’è il fatto che, per esempio, si parla proprio di un obbligo di denuncia da parte di tutti i dipendenti della Santa Sede, dei pubblici ufficiali – che poi di fatto sono tutti dipendenti della Santa Sede e delle sue istituzioni e del Governatorato – c’è l’obbligo di denunciare se sono consapevoli che sta avvenendo qualche forma di abuso. Poi viene istituito un servizio per ricevere, appunto, le segnalazioni e anche per seguire sia le vittime di abusi, sia i familiari o coloro che abbiano bisogno di essere accompagnati e aiutati nell’affrontare il tema. Quindi è certamente una presa di posizione piuttosto significativa. Anche la prescrizione della legge dello Stato viene portata a vent’anni dal compimento dei diciotto anni della vittima, quindi è molto allargata, anche se nel campo canonico, già esisteva una “larghezza” di questa prescrizione. Quindi certamente è un atto significativo.

Nel recente volume della LEV “Consapevolezza e purificazione”, che raccoglie gli atti dell’Incontro per la tutela dei minori nella Chiesa, lei firma un capitolo come moderatore dello stesso incontro. Si tratta della sintesi dei resoconti dei gruppi di lavoro. Perché questo contributo?

 R. – Ritenevo fosse molto importante che si desse conto anche esplicitamente in questi atti dei lavori di gruppo, perché pubblicamente, all’esterno, questo aspetto non era stato conosciuto, non c’erano delle dirette video di questi momenti del simposio, come delle relazioni o dei discorsi del Santo Padre, mentre costituiscono un aspetto fondamentale, perché al Simposio non ci si limitava a sentire delle relazioni, ma ci si confrontava. Questo è un aspetto importantissimo perché per formare una consapevolezza comune di un corpo, uno degli scopi principali di questo Incontro, ci vuole naturalmente lo scambio, il confronto fra le esperienze delle persone e non solo il contributo degli esperti. Io sono stato molto toccato dal fatto che chi partecipava ai lavori di gruppo testimoniava che si faceva, anche se il tempo era limitato, un reale cammino, l’uno ascoltando l’altro, proprio con uno stile sinodale. Proprio grazie alla disponibilità ad imparare, veramente si sono fatti dei grandi passi in avanti, tenendo conto delle grandi differenze di situazioni e di culture. Chi aveva un’esperienza più approfondita o era stato toccato più gravemente dai problemi della crisi degli abusi, poteva dare un contributo molto importante per risvegliare l’attenzione e la consapevolezza degli altri. E per questo era per me importantissimo, anche se sinteticamente, far capire che questo lavoro era avvenuto ed era stato uno degli aspetti fondamentali dell’incontro che poi deve continuare, perché poi in realtà l’incontro voleva essere un punto di partenza di un movimento che si deve allargare.

Nel paragrafo dedicato alla necessità di far crescere la consapevolezza, la competenza e la conoscenza delle procedure, lei parla anche di un documento molto atteso: il Vademecum per i vescovi che dovrebbe essere pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Di che si tratta?

R. – Il tema delle linee guida delle Conferenze episcopali è un tema che ha già quasi una decina di anni di tempo, perché la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva chiesto proprio ad ogni Conferenza episcopale di dare delle linee guida comuni, che dessero una certa omogeneità e un orientamento all’azione dei vescovi per reprimere e prevenire gli abusi. Ma la responsabilità è sempre in capo ai singoli vescovi per quanto riguarda l’agire nell’affrontare i casi. Spesso sono loro, i singoli vescovi, che si sentono ancora un po’ disorientati e confusi su quelli che sono esattamente i loro doveri e le cose che devono fare o gli errori che devono evitare. Quindi il Vademecum sarà particolarmente interessante perché è per i singoli vescovi. In questo modo diventa più preciso che la responsabilità non è solo delle Conferenze nell’insieme – e magari nelle grandi Conferenze il singolo vescovo si può anche un può defilare -, ma che ognuno deve sapere bene come reagire, quali sono i suoi compiti e non solo; ma deve sapere anche che se lui non fa quello che deve fare in casi così importanti, pecca di negligenza e quindi si può e si deve a volte procedere anche nei suoi confronti se ha mancato veramente su qualche punto importante anche per la tutela dei minori. Quindi il Vademecum è un passo ulteriore rispetto alle linee guida, perché va al singolo vescovo, alla sua responsabilità e lo aiuta efficacemente ad assumere tutte le sue responsabilità.