Preti sposati al Sinodo Amazzonia: nodo da discutere

di Askanews

Il nodo degli uomini sposati ordinati al Sinodo sull'Amazzonia

Città del Vaticano, 4 ott. (askanews) – Nel 2014 Papa Francesco ricevette in Vaticano dom Erwin Kraeutler, missionario austriaco e vescovo dello Xingu nella foresta amazzonica brasiliana. A due giornali austriaci, fece un racconto piuttosto dettagliato – in Italia se ne accorsero poche testate – di quella udienza: “Nello Xingu ci sono circa 800 comunità e solo 27 sacerdoti. Come in tutta l’Amazzonia, anche nello Xingu le comunità, per la stragrande maggioranza, hanno accesso alla celebrazione eucaristica domenicale solo due o tre volte l’anno. E’ molto doloroso per me, come vescovo, convivere con questa realtà. Improvvisamente, il papa mi ha chiesto: ‘Che ne pensa lei, o qual è la sua proposta in questo senso?’. Non mi sarei mai aspettato che il papa volesse sentire la mia opinione e ho detto: ‘Non ho una ricetta pronta, ma abbiamo bisogno di trovare urgentemente una soluzione affinché la nostra gente non sia più esclusa dall’eucaristia’. Il papa allora – prosegue l’intervistato – ha risposto che c’erano alcune ‘tesi interessanti’, per esempio quella di un tedesco che è stato vescovo in Sudafrica. Si tratta di mons. Fritz Lobinger, dal 1987 al 2004 vescovo della diocesi di Aliwal. Egli sogna ministri ordinati che appartengono alla comunità e continuano la propria vita familiare e professionale. Il papa ha ricordato anche una diocesi in Messico, dove, nelle varie etnie indigene, ci sono centinaia di diaconi sposati che esercitano il ministero col proprio popolo e presiedono le loro comunità. Manca loro solo l’ordinazione presbiterale per poter presiedere anche la celebrazione eucaristica. E’ la diocesi di San Cristóbal de Las Casas, nello stato del Chiapas”. Ancora: “Francesco ha spiegato che il papa non poteva prendere tutto in mano personalmente da Roma. Noi vescovi locali, che conosciamo meglio i bisogni delle nostre comunità, dovremmo presentare proposte molto concrete. Dovremmo essere ‘corajudos’, ha detto in spagnolo, che significa coraggiosi, audaci. Un vescovo non dovrebbe muoversi da solo, ha detto il papa. Le conferenze episcopali regionali e nazionali dovrebbero accordarsi su proposte di riforma. E poi portare queste proposte a Roma”.Detto, fatto. Domenica prossima si apre in Vaticano un Sinodo sull’Amazzonia: dom Erwin Krautler ne è membro, e tra le proposte che più fanno fibrillare la galassia conservatrice cattolica ci sono i “viri probati”, ossia, come recita l’Instrumentum laboris, il documento di base del Sinodo, “la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile”.Nel frattempo, il Papa ha parlato apertamente di “viri probati”, e lo ha fatto, la prima volta, in una intervista al giornale tedesco Die Zeit (2017): “Dobbiamo riflettere se i viri probati siano una possibilità”, disse in quella occasione al direttore Giovanni Di Lorenzo, e “dobbiamo anche stabilire quali compiti possano assumere, ad esempio in comunità isolate”. La Chiesa deve sempre “riconoscere il momento giusto nel quale lo Spirito chiede qualcosa”. Francesco sottolineava peraltro che “la vocazione dei preti rappresenta un problema enorme” e “la Chiesa dovrà risolverlo”, ma “il celibato libero non è una soluzione”, né lo è aprire le porte dei seminari a persone che non hanno un’autentica vocazione.Di certo, mentre l’ala conservatrice della Chiesateme che il Sinodo sancisca un’apertura che porti all’abollizione del celibato obbligatorio, blog e testate reazionarie sono sul piede di guerra, e anche chi teme il Sinodo per la denuncia dello sfruttamento dell’ambiente e dei diritti umani delle popolazioni indigene probabilmente spera che i “viri probati” assorbano tutta l’attenzione mediatica, il tema non è l’unico punto sensibile dell’Instrumentum laboris. Che, invece, affrotna, più in generale, il tema di “nuovi ministeri per rispondere in maniera efficace ai bisogni dei popoli amazzonici”, la promozione di “vocazioni autoctone di uomini e donne”, nonchP la necessità di “identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne” (donne diacono?). Nel documento preparatorio, ancora, si sottolinea la necessità di promuovere una maggiore “corresponsabilità” delle comunità indigene e si legge che i riti, i simboli e gli stili celebrativi delle culture indigene a contatto con la natura “devono essere assunti nel rituale liturgico e sacramentale” e “occorre superare la rigidità di una disciplina che esclude e aliena, attraverso una sensibilità pastorale che accompagna e integra”. E’ tutta la strutturazione della Chiesa locale che andrà dunque ripensata, in nome di un cattolicesimo che superi definitivamente l’atteggiamento colonialista, clericale e paternalista nei confronti delle culture indigene e lasci loro rispettosamente maggiore libertà di espressione.Quella dei viri probati, ha avuto a spiegare il gesuita argentino Miguel Yanez, “non mi sembra che sia la grande novità, la grande novità del documento è l’inculturazione”. Nel quadro della inculturazione di una “Chiesa amazzonica”, “si può intendere l’ordinazione di eventuali persone sposate che sono impegnate con la Chiesa: non stiamo parlando – ha precisato il teologo gesuita – di ordinare persone che passano per strada, ma gente che ha una traiettoria di vita cristiana e di impegno (cristiano, ndr) ed ha un ruolo guida nella comunità” e che potrebbero essere ordinate “perché i sacerdoti vanno in quella comunità ogni due o tre anni: che comunità cristiana può sussistere con una presenza sacramentale così povera?”. Questa “è la proposta che viene dall’Amazzonia”, raccolta dall’Instrumentum laboris a valle di una ampia consultazione delle Chiese locali. “Deve essere chiaro che si tratta di proposte, di suggerimenti: i vescovi nel Sinodo possono scartarla, possono proporla al Papa che può scartarla: siamo in una fase diciamo di processo”. Peraltro, nelle risposte giunte a Roma dalle Chiese locali, nel corso della consultazione, “non c’era la parola viri probati: gli indigini non parlano latino… e quindi si sono espressi con un’altra parola”. Quanto alla più generale tematica della inculturazione, e al connesso nodo delle ordinazioni di nativi amazzonici, “è chiaro – ha spiegato Yanez – che quando arriva un missionario da fuori passa molto tempo prima che possa comprendere l’idea amazzonica”, mentre “una persona che è già lì può tradurre il Vangelo molto meglio di chi viene da fuori”. Il gesuita argentino ha sottolineato, tuttavia, che non è la prima volta che in tempi moderni la Chiesa si pone questa questione: “Quando Paolo VI dice che egli non è per il celibato opzionale è perché il tema era emerso nel Concilio. Probabilente è la prima volta che esso appare” così chiaramente, e “Papa Francesco ha aperto un canale di ascolto dove appaiono questioni che già c’erano ma che non si ascoltavano, non apparivano tanto chiaramente. D’altra parte non dimentichiamo che la Chiesa cattolica riconosce il sacerdozio di uomini sposati: esistono nella Chiesa cattolica orientale, nel rito greco cattolico, e oggi sono entrati nel rito latino i sacerdoti che provengono dalla comunione anglicana. Quindi non è la prima volta che ci saia un’eccezione. Il Papa può ampliare questa ecezione ad altri casi, ma quando diciamo eccezione alla regola non stiamo dicendo abolire la regola ma eccezione: la regola si mantiene”.