Poveri… ma sposi

Mi ha colpito la storia di due giovani raccontata da un quotidiano locale: lui in cassa integrazione a ottocento euro al mese, lei senza stipendio da quattro mesi, eppure decidono di sposarsi in chiesa. Il matrimonio, si sa, è anche un costo – il pranzo, il vestito, i fiori, le foto… e soprattutto la casa, i mobili… – tanto che molti giovani oggi prolungano il tempo del fidanzamento, a volte della convivenza, proprio perché non hanno i soldi per affrontare le spese legate all’evento. Dunque, quei due giovani sono superficiali e imprudenti ad incominciare un vita di coppia senza quelle garanzie economiche che oggi paiono indispensabili, o sono invece due che hanno capito qualcosa più degli altri? Con la loro scelta controcorrente rappresentano certamente due “mosche bianche” nell’attuale contesto sociale, dove quasi sempre due giovani convolano a nozze solo quando hanno perfezionato tutti gli aspetti materiali ritenuti “necessari” al matrimonio. Ma forse sono soltanto due persone responsabili, che hanno capito un po’ di più il senso profondo del matrimonio cristiano che è consacrare a Dio, nella comunità cristiana, per tutta la vita, il proprio amore. Accettando di non avere per il proprio matrimonio “le spalle coperte” dal punto di vista economico, accettando di “rischiare”, mostrano di essere disposti a fidarsi non solo l’uno dell’altra, ma anche del Signore. Del resto, sono proprio tutti “necessari” quegli aspetti materiali che accompagnano il matrimonio? Quanto sono dettati invece dalla commercializzazione dell’evento alla quale ci ha abituato il mondo in cui viviamo! Se per sposarsi è necessario avere un tetto sotto il quale vivere, non è detto che sotto quel tetto tutte le stanze debbano essere arredate. Se è bello far festa con parenti e amici dopo la celebrazione, non è detto che il pranzo si debba fare nel ristorante a cento euro a testa (qualcuno ha scelto la sagra o affittato la sala teatro della parrocchia). Per non parlare poi di tutti quegli aspetti legati alla cerimonia come il vestito, i fiori, le foto: quanto si potrebbe risparmiare percorrendo una via di sobrietà, che è anche più conforme alla vita cristiana. Ecco un altro punto fondamentale (so che scrivendone mi attiro le critiche di commercianti, ristoratori, fioristi, fotografie ecc.): non è che come Chiesa dobbiamo, soprattutto in questo periodo di crisi, offrire ai giovani che accompagnamo al matrimonio cristiano una testimonianza più coerente con il messaggio evangelico, aiutandoli a cercare una maggiore sobrietà nella sua celebrazione? Ho l’impressione che la comunità cristiana si sia troppo spesso piegata alla mentalità indotta dalla società che trasforma tutto, anche le cose più sante, in un prodotto da vendere. L’essenziale ha bisogno di gesti semplici per parlare veramente: fatica a emergere dove c’è un involucro esteriore ingombrante. Ben vengano i matrimoni semplici, con gli amici più vicini, senza servizi fotografici da migliaia di euro, senza banchetti troppo costosi, senza chiese che per l’occasione somigliano a serre di fiori: è un ritorno all’essenziale. Forse stavolta la crisi economica può darci una mano!

Sandro Vigani Tratto da GENTE VENETA, n.27/2010