Penso a Dio e dentro di me aggiungo: se esiste. Se accetta di vivere in un mondo come il nostro e nel cuore distratto degli uomini»

«Entro nella chiesa Saint Ferdinand, Mykha mi ha detto dov’è l’ufficio del parroco, busso e si illumina una piccola scritta che mi chiede di aspettare. Mi siedo in chiesa, ascolto il rumore sordo che arriva dalla tangenziale, assaporo la calma di questo luogo che oggi è vuoto. Penso a Dio e dentro di me aggiungo: se esiste. Se accetta di vivere in un mondo come il nostro e nel cuore distratto degli uomini». Con questo tocco di poesia si conclude Il compagno di scalata (e/o), romanzo dello scrittore e psicanalista belga Henry Bauchau.

Un’affermazione, quella che ci regala questo romanziere, che interpella l’essenza stessa del cristianesimo, religione fondata indissolubilmente sulla fede nell’incarnazione. Sì, Dio ha accettato di vivere in un mondo come il nostro, anzi in un mondo come quello dell’epoca di Gesù, sotto un dominio straniero come era quello della Roma imperiale sul popolo ebraico. Sì, Dio accetta ancor oggi di abitare nel «cuore distratto» dell’uomo. Prendiamo il caso della Francia, un tempo considerata «figlia prediletta» della Chiesa. Oggi i praticanti alla domenica assommano a un misero 3%. Eppure da Oltralpe continuano ad arrivare provocazioni culturali, teologiche e filosofiche quanto mai forti sul cristianesimo.

Che non muore, semmai cambia la sua fisionomia.

Avvenire