Parole della convivenza

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Quest’anno il Premio Letterario Amerigo «Libertà di opinione 2020» verrà assegnato a Napoli il 29 ottobre a un libro che affronta temi quanto mai attuali che toccano «la difficilissima arte del con-vivere nel rispetto delle differenze e delle reciproche libertà», come afferma Vittoria Franco, curatrice del volume Parole della convivenza   (Roma, Castelvecchi, 2020, pagine 120, euro 17.50). Comportamenti di bontà, di misericordia, di solidarietà e di promozione dei legami sociali sono le questioni affrontate da quattro studiose, impegnate da anni nei campi della filosofia, della storia e della sociologia, in questo breve ma intenso volume che nasce dall’esigenza di costruire società più umane e democratiche.

Vittoria Franco (Bontà ) fornisce alcuni dei molteplici modi di raffigurare la bontà attingendo alle rappresentazioni che ne hanno dato alcuni filosofi e scrittori come Dostoevskij, Grossman, Saramago, Lukács, Levinas, Arendt, Àgnes Heller e altri. Per lei la bontà è un gesto spontaneo che trae origine da una disposizione d’animo che si caratterizza per la relazionalità, la gratuità e il non essere frutto di un comandamento che provenga da un’autorità esterna. La questione di fondo che pone Franco è se la bontà possa entrare nella sfera pubblica nel momento in cui si lega con la giustizia e con il valore della dignità umana. In tal senso l’attenzione agli altri si configura come un dovere in una società democratica e inclusiva che si dovrebbe poggiare su solidarietà, responsabilità e rispetto della dignità.

Anna Scattigno (Misericordia ) entra nelle complesse e articolate accezioni che a volte si danno, anche impropriamente, al termine misericordia (come compassione, pietà, clemenza), soffermandosi su alcuni esempi presi dalla storia del cristianesimo: Caterina da Siena, Francesco d’Assisi, Giovanni Paolo ii  e Papa Francesco. Tali comparazioni sarebbero ardite per i diversi contesti storici e le specificità dei linguaggi, ma Scattigno tiene a recuperare, nei quattro casi esaminati, il rapporto tra misericordia e giustizia, sottolineando la dimensione sociale dell’usare misericordia che apre la strada a trasformazioni strutturali.

Emilia D’Antuono (Solidarietà ) propone una «genealogia della solidarietà» che va dalla relazione amicale greca, philia , aristocratica ed escludente perché riservata a pochi eletti, al diritto romano, obligatio in solidum , obbligazione giuridica tra debitori e creditori, per approdare alla fraternità nelle accezioni bibliche. Tra queste, D’Antuono sottolinea il valore della comunanza originaria data dalla condizione di creature e della responsabilità nei confronti dell’altro. Il passaggio cruciale, però, è quando, grazie alla rivoluzione francese, si abbandona la sfera dell’opzione individuale e la «solidarietà-fraternità» entra nella dimensione politica. In seguito, grazie ai movimenti operai, sindacali e femminili del Novecento emerge il significato moderno di solidarietà che viene così a collocarsi tra le categorie fondative delle moderne democrazie divenendo forza utopica che spinge verso orizzonti di universalità inclusiva.

Franca Alecevich (Legame sociale ) si sofferma sull’importanza di mantenere legami sociali capaci di generare coesione tra individui e gruppi e analizza quelli tradizionali, oggi affievoliti o trasformati (lavoro, famiglia, religione e politica), e quelli emergenti (volontariato, reti amicali) che possono aiutare a far crescere il senso di appartenenza.

Le quattro parole della convivenza qui prese in esame sono trattate con attenta analisi critica da un punto di vista laico, ma, proprio perché cariche di storia, sono ben presenti nell’orizzonte della riflessione e dell’esperienza religiosa. Il rapporto tra giustizia-solidarietà e misericordia-bontà, infatti, è tema caro a tutta la tradizione della profezia, sia in ambito biblico sia nella storia del cristianesimo, anche se spesso trascurato nella concretezza dei suoi risvolti sociali. Eppure una corretta lettura del messaggio evangelico spingerebbe alla ricerca di un comune cammino di umanità, al di fuori degli angusti recinti delle appartenenze famigliari, etniche o religiose. Per esempio le due parabole, quelle del Samaritano e del Padre misericordioso, non indicano benevolenza o un «atteggiamento paterno nobile», ma rimandano piuttosto a quell’abbraccio materno — oggi recuperato dalla teologia femminista — che accoglie chiunque, al di là dei suoi meriti o delle sue colpe. La parabola del Samaritano inoltre insegna che fratelli non si nasce, ma si diventa in un nuovo tipo di relazioni aperte, attraverso un’esperienza di condivisione con gli altri che richiedono la nostra vicinanza.

Per questo motivo le riflessioni presenti in Parole della convivenza  sono un’importante occasione anche per i credenti per riscoprire la profonda radice evangelica e teologica di termini, troppo spesso relegati al privato di virtù personali, e che — come insegna il magistero di Papa Francesco — al contrario, vanno giocati oggi in un impegno sociale e politico che investa la convivenza umana.

di Adriana Valerio

Osservatore Romano