Papa: “I care”, come Don Milani curiamoci degli altri ma senza buonismi

Un pastore deve essere appassionato, deve saper discernere e deve anche saper denunciare il male. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta dove si è soffermato sulla figura dell’Apostolo Paolo per poi rivolgere il pensiero all’esempio offerto da Don Milani. Come il parroco di Barbiana, ha detto il Pontefice, bisogna prendersi cura del prossimo, ma senza buonismi ingenui. Il servizio diAlessandro Gisotti da Radio Vaticana

“Il Buon Pastore dà la sua vita per le sue pecore”. Papa Francesco ha preso spunto nella sua omelia dalla Prima Lettura – tratta dalla Seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi – per soffermarsi sulle caratteristiche che dovrebbe avere un pastore. Il Pontefice ha trovato proprio in San Paolo la figura del “pastore vero”, che non abbandona le sue pecore come farebbe invece “un mercenario”. La prima qualità, ha dunque indicato, è di essere “appassionato”. Appassionato “fino al punto di dire alla sua gente, al suo popolo: ‘Io provo per voi una specie di gelosia divina’”. E’ “divinamente geloso”, ha commentato il Papa.

Il vero pastore sa discernere, si guarda dalla seduzione del male
Un passione dunque che diventa quasi “pazzia”, “stoltezza” per il suo popolo. “E questo – ha soggiunto – è quel tratto che noi chiamiamo lo zelo apostolico: non si può essere un vero pastore senza questo fuoco dentro”. Una seconda caratteristica, ha proseguito, il pastore deve essere “un uomo che sa discernere”:

“Sa che c’è nella vita la seduzione. Il padre della menzogna è un seduttore. Il pastore, no. Il pastore ama. Ama. Invece il serpente, il padre della menzogna, l’invidioso è un seduttore. E’ un seduttore che cerca di allontanare dalla fedeltà, perché quella gelosia divina di Paolo era per portare il popolo a un unico sposo, per mantenere il popolo nella fedeltà al suo sposo. Nella storia della salvezza, nella Scrittura tante volte troviamo l’allontanamento da Dio, le infedeltà al Signore, l’idolatria come se fossero una infedeltà matrimoniale”.

Bisogna sapere denunciare il male, non essere ingenui
Prima caratteristica del pastore, dunque, “che sia appassionato, che abbia lo zelo, che sia zelante”. Seconda caratteristica, “che sappia discernere: discernere dove ci sono i pericoli, dove ci sono le grazie … dove è la vera strada”. Questo, ha sottolineato, “significa che accompagna le pecore sempre: nei momenti belli e anche nei momenti brutti, anche nei momenti della seduzione, con la pazienza li porta all’ovile”. E la terza caratteristica: “la capacità di denunciare”:

Un apostolo non può essere un ingenuo: ‘Ah, è tutto bello, andiamo avanti, eh?, è tutto bello … Facciamo una festa, tutti … tutto si può …’. Perché c’è la fedeltà all’unico sposo, a Gesù Cristo, da difendere. E lui sa condannare: quella concretezza, dire ‘questo no’, come i genitori dicono al bambino quando incomincia a gattonare e va alla presa elettrica a mettere le dita: ‘No, questo no! E’ pericoloso!’. Ma, mi viene in mente tante volte quel ‘tuca nen’ (non toccare nulla ndr), che i miei genitori e nonni mi dicevano in quel momenti dove c’era un pericolo”.

Prendersi cura degli altri senza buonismi, come faceva Don Milani
“Il Buon Pastore – ha detto ancora – sa denunciare, con nome e cognome” come appunto faceva San Paolo. Francesco è dunque tornato alla sua visita a Bozzolo e Barbiana, nei posti, ha commentato, “di quei due bravi pastori italiani”. E parlando di Don Milani, si è riferito a quello che era il suo “motto” quando “insegnava ai suoi ragazzi”:

I care. Ma cosa significa? Mi hanno spiegato: con questo lui voleva dire ‘mi importa’. Insegnava che le cose si dovevano prendere sul serio, contro il motto di moda in quel tempo che era ‘non mi importa’, ma detto in altro linguaggio, che io non oso dirlo qui. E così insegnava ai ragazzi ad andare avanti. Prendi cura: prenditi cura della tua vita, e ‘questo no!’”

Saper dunque denunciare anche “quello che va contro la tua vita”. E tante volte, ha detto, “perdiamo questa capacità di condanna e vogliamo portare avanti le pecore un po’ con quel buonismo che non solo è ingenuo” ma “fa male”. Quel “buonismo dei compromessi”, per “attirarsi l’ammirazione o l’amore dei fedeli lasciando fare”.

“Paolo l’Apostolo, lo zelo apostolico di Paolo, appassionato, zelante: prima caratteristica. Uomo – ha ripreso Francesco – che sa discernere perché conosce la seduzione e sa che il diavolo seduce – seconda caratteristica. E un uomo con capacità di condanna delle cose che faranno male alle sue pecore: terza caratteristica”. Il Papa ha quindi concluso con una preghiera “per tutti i pastori della Chiesa, perché San Paolo interceda davanti al Signore, perché tutti noi pastori possiamo avere queste tre tracce per servire il Signore”.