Papa Francesco: una fede che non è capace di misericordia non è fede

La misericordia di Dio ha tanti volti, è grande, ed è un continuo crescendo, e una fede senza misericordia non è fede.  E’ il messaggio che Francesco ha portato alle circa ventimila persone presenti in piazza San Pietro, riunite per celebrare la veglia di preghiera, alla vigilia della festa della Divina Misericordia, nella seconda domenica di Pasqua, nel ricordo di papa Wojtyla, a undici anni esatti dalla morte. I fedeli hanno accolto festosamente il Papa, dopo aver atteso il suo arrivo cantando inni e ascoltando testimonianze su diverse esperienze di misericordia.

Quanti sono i volti della misericordia con cui Dio ci viene incontro? Tanti e non si possono descrivere tutti, perché “la misericordia di Dio è un continuo crescendo”. Entra con queste parole il Papa nella Veglia in cui si è pregato anche per i cristiani perseguitati, per i cristiani prigionieri della mentalità mondana, per le persone abusate e sfruttate, per i profughi e gli esiliati, ed è soprattutto a loro che vanno le parole del Papa quando ci dice che abbandonare queste persone e buttarle via “non è da Gesù”. La misericordia “è qualcosa di sempre nuovo che provoca stupore e meraviglia nel vedere la grande fantasia creatrice di Dio quando ci viene incontro con il suo amore”.

“Dio non si stanca mai di esprimerla e noi non dovremmo mai abituarci a riceverla, ricercarla e desiderarla”.

Il nome di Dio è “misericordioso”, ci dice Francesco, e la sua misericordia è grande e infinita come la sua natura, tanto da risultare difficile “poterla descrivere in tutti i suoi aspetti”. La misericordia è anzitutto “la vicinanza di Dio al suo popolo” che si manifesta con aiuto e protezione. E’ una vicinanza genitoriale, Lui che come un padre e una madre “prende ciascuno di noi e ci solleva fino alla sua guancia”, come il bimbo del profeta Osea nella Bibbia.

“Quanta tenerezza contiene e quanto amore esprime! Tenerezza: parola quasi dimenticata e di cui il mondo di oggi – tutti noi! – abbiamo bisogno. Ho pensato a questa parola del profeta quando ho visto il logo del Giubileo. Gesù non solo porta sulle sue spalle l’umanità, ma la sua guancia stretta con quella di Adamo, a tal punto che i due volti sembrano fondersi in uno”.

Dio sa comprendere e compatire le debolezze umane, perché “in forza della sua misericordia Dio si è fatto uno di noi”. Ed è in Gesù che possiamo “toccare con mano la misericordia del Padre” e allo stesso tempo siamo spinti “a diventare noi stessi strumento della misericordia”.

“Può essere facile parlare di misericordia, mentre è più impegnativo diventarne concretamente dei testimoni. E’ questo un percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe conoscere alcuna sosta. Gesù ci ha detto che dobbiamo essere ‘misericordiosi come il Padre’”.

Vicinanza e tenerezza, sono i volti della misericordia di Dio, che però è anche compassione e condivisione, consolazione e perdono. Una misericordia che “non può essere tenuta nascosta né trattenuta solo per se stessi”, perché chi “più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condividerla”. La misericordia provoca il cuore ad amare, a riconoscere “il volto di Gesù Cristo soprattutto in chi è più lontano, debole, solo, confuso ed emarginato”.

“La misericordia non è ferma, va alla ricerca della pecora perduta, e quando la ritrova esprime una gioia contagiosa”.

La misericordia, prosegue Francesco, “sa guardare negli occhi ogni persona; ognuna è preziosa per lei, perché ognuna è unica”.

“Quanto dolore nel cuore sentiamo quando ascoltiamo dire: “Ma, questa gente … questa gente, questo poveracci, buttiamoli fuori, lasciamoli dormire sulle strade …”. Questo è da Gesù?”

La misericordia, aggiunge quindi Francesco, “non può mai lasciarci tranquilli”. E non si deve averne timore, perché è un amore che ci permette “di riconoscere il suo volto in quello dei fratelli. Lasciamoci condurre docilmente da questo amore, è l’invito del Papa, e diventeremo misericordiosi come il Padre”.

“Abbiamo ascoltato il Vangelo: Tommaso era un testardo. Non aveva creduto. E ha trovato la fede proprio quando ha toccato le piaghe del Signore. Una fede che non è capace di mettersi nelle piaghe del Signore, non è fede! Una fede che non è capace di essere misericordiosa come sono segno di misericordia le piaghe del Signore, non è fede: è idea, è ideologia. La nostra fede è incarnata in un Dio che si è fatto carne, che si è fatto peccato, che è stato piagato per noi! Ma se noi vogliamo credere sul serio e avere la fede, dobbiamo avvicinarci e toccare quella piaga, accarezzare quella piaga e anche abbassare la testa e lasciare che gli altri accarezzino le nostre piaghe”.

Francesco chiede infine che sia lo Spirito Santo a guidare i passi degli uomini, perché “Lui è l’Amore, Lui è la Misericordia che si comunica nei nostri cuori”, da seguire “docilmente sui sentieri  che Lui ci indica”. E poi conclude proponendo un’idea che lui stesso rivela essere uscita da un incontro con un’associazione di carità e cioè quella che ogni diocesi dia vita a un’opera di misericordia

“Che bello sarebbe che come un ricordo, diciamo, un monumento di quest’Anno della Misericordia, ci fosse in ogni diocesi un opera strutturale di misericordia: un ospedale, una casa di riposo per anziani, per bambini abbandonati, una scuola dove non ci fosse, un ospedale, una casa per recuperare i tossicodipendenti … Sarebbe bello che ogni diocesi pensasse: cosa posso lasciare come ricordo vivente, come opera di misericordia vivente, come piaga di Gesù vivente per questo Anno della Misericordia”

Radio Vaticana