Papa Francesco su disabilità: la diversità ci sfida e ci arricchisce

La diversità è una sfida che ci fa crescere: occorre donarsi reciprocamente senza paura e in una comunità serve sviluppare la pastorale dell’ascolto e dell’accoglienza. Così in sintesi il Papa parlando a braccio, dopo aver consegnato il discorso preparato, davanti a circa 650 partecipanti al Convegno per persone disabili promosso dalla Cei, in occasione dei 25 anni del Settore catechistico a loro dedicato. In Aula Paolo VI la platea è vivace e colorata, fatta di famiglie, accompagnatori, religiosi e giovani di diverse età. Il servizio di Gabriella Ceraso da Radio Vaticana

E’ un colloquio fatto di domande e risposte, di canti e di gioia, quello del Papa con i partecipanti al Convegno. C’è anche un imprevisto quando prima una poi l’altra, due bimbe con la Sindrome di down si avvicinano da sole a Francesco che parla e lo abbracciano e poi restano ad ascoltarlo ai suoi piedi. ”Sono coraggiose loro”, è il commento del Papa, “capaci di rischiare, mai saranno discriminate…”.

La diversità è una ricchezza sempre, ci fa crescere
E’ proprio questa la tematica che emerge dalle domande di due giovani e poi di un sacerdote al Pontefice: come affrontare senza paura la diversità e come evitare l’esclusione anche nelle comunità?

“Tante volte abbiamo paura delle diversità’. Ci fanno paura. Perché? Perché andare incontro a una persona che ha una diversità non diciamo ‘forte’, ma ‘grande’, è una sfida e ogni sfida ci dà paura. E’ più comodo non muoversi, è più comodo ignorare le diversità e dire: ‘Ma, tutti siamo uguali e se c’è qualcuno che non è tanto ‘uguale’, ma, lasciamoli da parte, ma non andiamo all’incontro”.

La sfida ci fa paura, ma la diversità è una ricchezza sempre, afferma il Papa: “Pensate come sarebbe noioso un mondo in cui tutti sono uguali”. Invece, le diversità insieme fanno “una cosa più bella e più grande”:

“E’ vero che ci sono diversità che sono dolorose, ma tutti sappiamo, quelle che hanno radici in alcune malattie… ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono. Per questo, non avere mai paura delle diversità: è proprio la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi”.

Stringere la mano è donarsi
Ma come farlo nel concreto? E’ un gesto, il segreto di cui parla Francesco. E’ “stringere la mano”, un gesto fatto in modo quasi “incoscientemente” ma “un gesto profondo” dice:

“Quando io stringo la mano, metto in comune quello che io ho con te – se è uno stringere la mano sincero, no? Ti do la mano, ti do il mio e tu mi dai il tuo. E questo è una cosa che ci fa bene a tutti. Andare avanti con le diversità, perché le diversità sono una sfida ma ci fanno crescere”.

Tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i Sacramenti
Davanti all’altra sfida che la giovane Serena, dalla sua carrozzella, pone al Papa – cioè la possibilità che una comunità ti emargini e ti escluda anche dai Sacramenti e dalle attività – Francesco scherza, ma lo fa con un tono diverso:

“Serena ha parlato di una delle cose più brutte, più brutte che ci sono fra noi: la discriminazione. E’ una cosa bruttissima!”.

Serve conversione per quella parrocchia. Serve, osserva il Papa, un lavoro da fare insieme, il prete con i laici e i catechisti ed è “aiutare tutti a capire la fede, l’amore”, a capire come essere amici, a capire le differenze:

“Tutti abbiamo la stessa possibilità di crescere, di andare avanti, di amare il Signore, di fare cose buone, di capire la dottrina cristiana e tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i sacramenti. Capito?”

Francesco ricorda il Papa Pio X e il suo voler dare la comunione ai bambini, che creò scandalo. Lui, spiega, “ha fatto di una diversità una uguaglianza perché lui sapeva che il bambino capisce in un altro modo. E quando ci sono diversità fra noi, si capisce in un altro modo. Ma anche a scuola, nel quartiere, ognuno ha la sua ricchezza”.

Necessario un “apostolato dell’orecchio”
Infine, rispondendo alla domanda di un sacerdote di Roma, sull’accoglienza necessaria in ogni parrocchia e diocesi, il Papa ribadisce che deve significare ricevere veramente tutti e ascoltare tutti e che questo dovrebbe diventare un vero apostolato:

“Oggi credo che nella pastorale della Chiesa si fanno tante cose belle, tante cose buone. Nella catechesi, nella liturgia, nella Caritas con gli ammalati… Tante cose buone. Ma c’è una cosa che si deve fare di più, anche i sacerdoti, anche i laici, ma soprattutto i sacerdoti devono fare di più: l’apostolato dell’orecchio, ascoltare! ‘Ma, Padre, è noioso ascoltare, perché sempre sono le stesse storie, le stesse cose…’. ‘Ma non sono le stesse persone e il Signore è nel cuore di ognuna delle persone e tu devi avere la pazienza di ascoltare”.

Accogliere e ascoltare tutti, dunque, sono le parole che il Papa consegna a grandi e piccoli che lo circondano da tutte le diocesi d’Italia e da molte parti d’Europa.