Papa Francesco: «Pena di morte inammissibile»

«Non c’è pena efficace senza speranza». Lo ha detto Papa Francesco nel video messaggio inviato a Oslo, in Norvegia, in apertura del sesto Congresso mondiale contro la pena di morte, promosso dalla ong francese Ensemble contre la peine de mort e dalla World Coalition Against Death Penalty, di cui fanno parte circa 140 organizzazioni da tutto il mondo.

«La punizione per interesse personale – ha proseguito Papa Francesco -, senza uno spiraglio di speranza, non è una punizione, ma una forma di tortura».

E tornando sulla speranza il Papa ha definito «un segno di speranza» il fatto che l’opinione pubblica stia manifestando «un’opposizione crescente alla pena di morte, anche come mezzo per legittimare una difesa sociale – ha aggiunto il Pontefice -. Oggi la pena di morte è inaccettabile, per quanto grave sia il crimine di cui si macchia chi lo commette. È un’offesa all’invito l’abilità della vita e della dignità dell’uomo. Non rende giustizia alle vittime ma fomenta sentimenti di vendetta».

Al via il sesto Congresso mondiale contro la pena di morte a Oslo in Norvegia. L’appuntamento che cade ogni tre anni e che ha visto la sua nascita nel 2001 a Strasburgo ha come obiettivo quello di aumentare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale e spingere sempre più Paesi ad aderire ad una moratoria completa delle esecuzioni.

Intanto, aumentano i Paesi che hanno abolito la pena di morte o hanno cessato di applicarla: nel 2015, la Repubblica Democratica del Congo, le Fiji, il Madagascar e il Suriname hanno portato a 140 il numero degli Stati abolizionisti.

Come scrive l’Osservatore Romano, oggi più di due terzi dei Paesi nel mondo hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica: 102 Paesi l’hanno abolita per ogni reato; sei l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra o in circostanze particolari; 32 sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno stabilito una prassi o hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte.

A fronte dei 140 Stati abolizionisti, il dato negativo riguarda i 58 Paesi che la mantengono in vigore, ma il numero di quelli dove le condanne a morte sono eseguite è molto più basso. Nel 2015 almeno 1634 persone sono state giustiziate in 25 diversi Paesi, mentre sono state 1998 le condanne a morte comminate in 61 Stati.
Sono aumentate però le esecuzioni nell’ultimo anno in Iran, Arabia Saudita e Iraq; mentre c’è un grande Paese, la Cina, che esegue più sentenze capitali ma in cui si sta registrando un trend di riduzione delle esecuzioni da alcuni anni a questa parte.

Avvenire