PAPA FRANCESCO E LA SFIDA EDUCATIVA

La sfida educativa è al centro dello sguardo di papa Francesco: lo ha rilevato nell’incontro svoltosi nel pomeriggio di giovedì 5 ottobre all’Istituto San Vincenzo nel suo ampio e articolato intervento Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza Episcopale Italiana. Va ricordato che il 5 ottobre si celebra la giornata mondiale degli insegnanti.

Parlando agli educatori, il relatore ha sottolineato che quando si parla di educazione in rapporto a Bergoglio, il discorso cade facilmente sulla scuola – in particolare le “scolas occurrentes”, le scuole dell’incontro – perché l’esperienza scolastica  ha avuto un forte peso nella sua vita, prima da alunno, poi da insegnante. Non va poi dimentico che quando era ancora vescovo in Argentina presiedeva l’annuale “Messa per l’educazione”accompagnata da un messaggio alle varie istituzioni educative.

Diaco ha presentato alcune chiavi del pensiero educativo di Papa Francesco. Innanzitutto la dimensione sociale dell’educazione: educare è costruire il mondo e la società come una casa; solo cambiando l’educazione si cambia il mondo; quindi non è solo una visione individualistica o di piccolo gruppo, il compito educativo  consiste nell’aiutare le persone a costruire un futuro insieme come popolo, come storia condivisa. La centralità della persona è in collegamento con la dimensione sociale; la scuola è un grande mezzo di integrazione sociale, di costruzione del senso di comunità. Per questo il Papa stigmatizza la rottura del patto educativo tra famiglia, scuola e stato.

Altra caratteristica dell’educazione deve essere quella di aprire e di non chiudere mai; educare significa condurre ad un vero umanesimo.

Ernesto Diacono si è poi soffermato su alcune coppie di termini presenti nel pensiero di Francesco, come eredità e sogni. Il ragazzo sa riconoscere il patrimonio che ha ricevuto? Questi ragazzi sanno trasformare oggi ciò che hanno ricevuto? Insegniamo loro ad accogliere questo patrimonio? A proiettarlo in avanti? Questi ragazzi hanno progetti? Hanno sogni? Altra coppia: inquietudine e rischio: se l’eredità non passa per l’inquietudine si pietrifica, diventa un museo di ricordi. L’educatore deve rischiare: se non sa rischiare, non serve per educare; il vero educatore deve essere un maestro di rischio ragionevole. Infine, libertà e servizio; libertà vuol dire saper riflettere su ciò che si fa, saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, quelli che sono i comportamenti che fanno crescere; servizio vuol dire aprirsi agli altri, specialmente ai più poveri e bisognosi, vuol dire essere campioni nel servizio agli altri.

Lì’incontro era stato introdotto dal preside dell’Istituto San Vincenzo, Luciano Bonacini, che ha ricordato le quattro ragioni per amare la scuola: lì si intrecciano relazioni, si impara ad imparare, è la prima società oper i bambini, si apprezzano tre valori: il senso del vero, del bello e del bene.

Alla relazione di Diaco, che ha evidenziato come non si possa educare, fare scuola senza amore, ha fatto seguito uno stimolante e proficuo  dibattito.

Gar