Papa Francesco apostolo di unità e di pace

Di nuovo in aereo a distanza di due giorni dalla visita all’Europarlamento e e al Consiglio d’Europa. Non era mai accaduto prima che un Papa effettuasse due viaggi così ravvicinati. Ma la circostanza, già di per sé dice quanto Francesco tenga alla tre giorni che – da oggi a domenica – lo porterà ad Ankara e Istanbul, cioè in quella Turchia già toccata dagli itinerari apostolici di Paolo VI Giovanni Paolo II e Benedetto XVI prima di lui, e in cui Giovanni XXIII aveva passato lunghi anni da delegato apostolico. Pur di rispondere all’invito di Bartolomeo e non mancare quindi alla festa di sant’Andrea – data in cui il patriarcato di Costantinopoli onora l’apostolo al quale si fa risalire la fondazione di questa Chiesa – papa Bergoglio non ha esitato a sovvertire la prassi che voleva non così ravvicinati gli spostamenti internazionali di un Pontefice. Ma evidentemente c’erano buone ragioni per così dire “storiche”, che la cronaca degli ultimi mesi ha via via arricchito anche di altre motivazioni.

Nella visita che inizierà quando alle 13 (ora locale) Francesco metterà piede sul suolo della capitale turca (ricevuto dal presidente Erdogan e dal primo ministro Davutoglu) vi sono infatti diversi fili conduttori. Il primo e più importante dei quali è il nuovo incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, con il quale (dopo la sua presenza alla Messa di inaugurazione del Pontificato, l’incontro a Gerusalemme e la presenza delprimus inter pares dell’ortodossia alla preghiera per la pace nei giardini vaticani) si è instaurata una profonda sintonia, al punto che all’indomani dell’elezione il Papa si riferì a Bartolomeo chiamandolo «mio fratello Andrea» (in riferimento al fatto che l’apostolo era il fratello di Pietro).

Il vescovo di Roma arriva dunque a confermare e rinverdire la consuetudine dello scambio delle visite il 29 giugno (festa dei santi Pietro e Paolo) e – appunto – il 30 novembre. Una consuetudine instauratasi nel 1967, quando per la prima volta delegazione del Patriarcato partecipò alle celebrazioni in Vaticano; e da parte della Santa Sede a partire dal 1969, quando fu il cardinale Johannes Willebrands, all’epoca presiedente del segretariato per l’unione dei cristiani, a recarsi al Fanar per sant’Andrea.

Nel 1979 fu Giovanni Paolo II ad andare a Istanbul, mentre il 29 giugno del 1995 e del 2004 fu Bartolomeo a visitare il Papa per la festa di san Pietro. Adesso tocca a Francesco. Questo primo filo conduttore della sua visita in Turchia avrà diversi momenti. La preghiera ecumenica nella Chiesa patriarcale di san Giorgio e l’incontro privato con Bartolomeo nel palazzo patriarcale, domani sera. Quindi domenica la divina liturgia sempre in San Giorgio, la benedizione comune e la firma di una dichiarazione congiunta, prima del pranzo conclusivo. Tutti momenti in cui non è escluso possano trovare spazio, oltre ai temi bilaterali, anche i rapporti con altre le Chiese ortodosse, a partire dal patriarcato di Mosca.

La motivazione ecumenica del viaggio si intreccia poi con quella interreligiosa. La Turchia – dopo l’Albania – è il secondo Paese a maggioranza musulmana visitato da Francesco, il quale proprio a Tirana definì una bestemmia la violenza perpetrata in nome di Dio. E non è certo un dato secondario il fatto che il territorio turco confini con la regione del Medi Oriente maggiormente investita dall’aggressione dell’Is. Visitando domani mattina a Istanbul la Moschea Blu e il museo di Santa Sofia (la grandiosa costruzione che è stata prima una chiesa quindi un luogo di culto islamico) il Papa vuole rilanciare un messaggio già sottolineato a più riprese: uomini di diverse religioni possono vivere pacificamente insieme nel reciproco rispetto. Un messaggio che sarà rafforzato anche dall’incontro di domenica con il gran rabbino di Turchia, Isak Haleva.

Nel contempo la Messa di domani pomeriggio con la piccola comunità cattolica del Paese e il saluto agli alunni dell’oratorio salesiano, domenica poco prima della partenza, suonano di incoraggiamento a tutti i fedeli della regione, compresi quei profughi che proprio a motivo dell’avanzata dell’Is, hanno dovuto lasciare le loro case trovando rifugio nel Paese. Francesco avrebbe voluto recarsi di persona in quelle zone. Non è stato possibile e questo è per ora il luogo più vicino che può raggiungere. Ma anche da lì può fare appello per la pace.

avvenire.it

lapresse - valeria braghieri - Pope Francis