Ognissanti. La festa di chi ci ha mostrato tutta la bellezza del Vangelo

Il 24 ottobre 2017 commentando il capitolo quinto della Lettera di san Paolo ai Romani, dalla liturgia proposto come prima lettura della Messa quotidiana, papa Francesco faceva due affermazioni illuminanti. Il pontefice parlava anzitutto della difficoltà dell’apostolo a trovare delle frasi adeguate ad esprimere il mistero d’amore rivelato da Gesù con la sua venuta nel mondo e la sua via della croce; proseguiva poi sostenendo che i santi, non solo quelli canonizzati, ma anche quelli umili e nascosti, che hanno vissuto nel silenzio il Vangelo di Gesù, indicano la via per immergerci a nostra volta nel mistero d’amore e di misericordia per noi progettato dalla Trinità santa.

Oggi è la festa proprio di questi santi che sono ormai presso Dio, hanno segnato sulla fronte il sigillo dei redenti, seguono l’Agnello e cantano le lodi del Padre. Secondo l’Apocalisse, il loro numero è di 144.000, un multiplo di dodici che è il numero delle tribù di Israele e il numero degli Apostoli. È il nucleo da cui prende forma la Chiesa celeste che presenta compiutamente i 4 attributi che sono anche della Chiesa sulla terra. Essa è una per la comune celebrazione della liturgia in onore dell’Agnello sacrificato, è santa perché partecipa della vita di Dio, è cattolica perché i suoi membri sono «di ogni nazione, razza, popolo e lingua», è apostolica perché non solo discende dagli apostoli ma ha ancora il compito di annunciare il Vangelo agli uomini. I santi, infatti, hanno sì una relazione privilegiata con Dio, ma hanno parimenti una dimensione di fraternità nei confronti degli uomini sulla terra che essi vogliono aiutare intercedendo per loro e indicando la strada che porta alla vita con Cristo in Dio.

Seguendo ora le beatitudini di Gesù, vogliamo presentare alcune figure di santi che con la loro vita ci hanno reso manifesta la bellezza del Vangelo, attrattiva la vita celeste al seguito dell’Agnello. Tra i poveri di spirito possiamo collocare anzitutto i santi bambini perché il Padre ha tenuto nascosti i misteri del regno ai sapienti e agli intelligenti e li ha rivelati ai piccoli. Con questa considerazione san Pio X ammise alla comunione eucaristica i bambini e la Chiesa con cura materna ha avuto sempre una speciale attenzione per l’età infantile. Molto amata dai Romani e dai cristiani dell’antichità fu sant’Agnese, un’adolescente romana messa a morte durante la persecuzione di Decio o di Valeriano.

Ne parlano molti padri da Ambrogio fino a Gregorio Magno. Per tutti Agnese è una ragazza di 12-13 anni dalla fede incrollabile nonostante la giovane età. Condotta davanti al giudice, rifiuta di sacrificare agli dei come disdegna ogni offerta di matrimonio. Va incontro al martirio con l’ansia gioiosa della sposa in cammino verso lo sposo. Nei giorni successivi al martirio i genitori di Agnese ebbero una visione: la loro figlia procedeva tra giovani vestite d’oro accompagnata da un candido agnello. Il motivo dell’agnello venne ripreso da numerosi artisti e dalla devozione popolare che ha dato origine alla tradizione secondo la quale vengono offerti al papa diversi agnelli nel giorno della festa della santa il 21 gennaio. Dalla lana di questi agnelli vengono poi tessuti i pallii che il papa distribuisce agli arcivescovi metropoliti in segno di comunione. La testimonianza della giovane Agnese è diventata così un segno di comunione e di unità ecclesiale.

Più vicino a noi meritano di essere ricordati i due fratelli veggenti di Fatima: Francesco e Giacinta Marto,canonizzati da papa Francesco il 13 maggio di quest’anno. Al tempo delle apparizioni della Vergine, Giacinta, la più giovane dei veggenti, aveva solamente 7 anni. Capì, però, perfettamente quello che la Vergine desiderava. Già malata ebbe una visione della Madonna che le chiedeva se voleva ancora soffrire per convertire i peccatori. Prontamente ella rispose di sì e quando si avvicinò l’ora della morte del fratello gli raccomandò: «Da parte mia porta tanti saluti a nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori». Commentava san Giovanni Paolo II nel giorno della beatificazione: «Giacinta potrebbe benissimo esclamare con san Paolo: ‘Mi rallegro di soffrire per voi, compiendo in me stesso quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo corpo che è la Chiesa’».

Tra i santi dell’infanzia possiamo collocare anche santa Teresa di Gesù Bambino. Ella è tale non tanto per l’età giovanile, quanto per la scoperta della via dell’infanzia spirituale. Scriveva nel 1894: «L’ascensore che deve innalzarmi fino al cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più». Teresa scopre così la ‘piccola via’, la via della confidenza e dell’abbandono, la via di chi ripone unicamente nella misericordia di Dio la propria speranza.

Come rappresentante dei beati che sono nel pianto possiamo ricordare Maria Goretti, Antonia Mesina e Pierina Morosini e tante altre martiri della dignità della donna. Pierina Morosini, in particolare, era una giovane donna nata in provincia di Bergamo nel 1931. Al termine della seconda guerra mondiale aderì all’Azione cattolica. Nel 1947, quasi presaga della sorte che l’attendeva, si recò in pellegrinaggio a Roma in occasione della beatificazione di santa Maria Goretti. Dieci anni dopo, nel 1957, mentre ritornava dal lavoro, venne aggredita da un giovane che cercò di violentarla. Pierina prima cercò di farlo ragionare poi fuggì inseguita dal giovane che la colpì con un sasso. Morì due giorni dopo senza riprendere conoscenza. Di lei disse san Giovanni Paolo II: «I suoi passi non si sono fermati, ma continuano a segnare un sentiero luminoso per quanti avvertono il fascino delle sfide evangeliche».

Come rappresentante dei miti che erediteranno la terra si presta la figura di santa Francesca Saverio Cabrini.Nacque nel 1850 a sant’Angelo Lodigiano da una famiglia di imprenditori. Scelse la vita religiosa nella quale applicò lo spirito imprenditoriale ereditato dalla famiglia a opere evangeliche. Alla fine dell’Ottocento un gran numero di italiani dovette lasciare il nostro paese per guadagnarsi da vivere negli Stati Uniti e nell’America Latina. Santa Francesca partì a sua volta per gli Stati Uniti dove, aiutata dalla congregazione di suore da lei fondata, realizzò un gran numero di scuole strategicamente sparse per il paese. Né l’opera della Cabrini si fermò nel nord del continente americano. Già nel 1891 ella faceva un viaggio avventuroso in Nicaragua, seguirono altri tre viaggi in Argentina e uno in Brasile. Nella sua vita madre Cabrini viaggiò senza sosta perché in ogni emigrante vedeva Gesù. Scriveva: «Colla tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro a te fino alla fine della corsa e ciò per sempre, per sempre». C ome rappresentante della beatitudine di chi ha fame e sete della giustizia presentiamo il sacerdote siciliano don Giuseppe Puglisi. Parroco nel quartiere del Brancaccio a Palermo, don Puglisi aveva concentrato i suoi sforzi nell’educazione civile e religiosa dei giovani. La bontà del suo metodo venne riconosciuta dagli stessi mafiosi che ne decretarono la morte nel 1993. Aveva scritto: «Chi usa la violenza non è un uomo, chiediamo a chi ci ostacola di riappropriarsi dell’umanità».

È stato beatificato da papa Francesco il 25 maggio del 2013. Tra i rappresentanti della beatitudine della misericordia ricordiamo il sacerdote san Giovanni Maria Vianney (1786-1859). Non fu uno studioso brillante, al contrario solo a fatica riuscì a completare gli studi per diventare sacerdote. Parimenti non gli venne affidato un incarico importante, bensì la parrocchia di Ars, l’ultimo villaggio della diocesi. Ai suoi parrocchiani, tuttavia, egli dedicò tutto il suo tempo e le sue energie, soprattutto il confessionale divenne il luogo privilegiato della sua pastorale. Qui i suoi fedeli ma anche i tanti pellegrini che venivano da tutta la Francia poterono sperimentare la misericordia di Dio di cui san Giovanni fu un dispensatore convinto.

Per i puri di cuore possiamo rimandare alla prima beatitudine, quella dei santi bambini. Per la beatitudine degli operatori di pace il pensiero va a un grande santo dell’antichità: san Benedetto, il padre dei monaci. Ha detto papa Benedetto della sua regola: «Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale essa ha potuto mantenere la sua forza illuminante fino a oggi». Per questo san Benedetto ha saputo creare tante oasi di pace e il suo programma di vita ha ancora futuro davanti a sé. Da ultimo la beatitudine dei perseguitati a causa della giustizia e della testimonianza del Vangelo trova intensa applicazione nei nostri tempi. Per il numero dei martiri si ha l’impressione di essere ritornati alle origini cristiane su una scala più vasta, estesa a tutti i continenti. Non è una situazione invidiabile e, come facevano i padri nell’antichità, bisogna gridare contro l’ingiustizia.

Questo non ci deve impedire, tuttavia, di guardare alla Gerusalemme celeste dove l’assemblea dei santi si unisce al coro degli angeli per cantare le lodi di Dio. Seguendo, poi, l’invito della liturgia possiamo rallegrarci per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa che il Signore ci ha dato come amici e modelli di vita con la speranza fondata di raggiungerli al termine del nostro cammino sulla terra.

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